domenica 28 giugno 2009

TESTO A CURA DI ARCH. FRANCO COLOMBO PUBBLICATO NEL VOLUME “ARTISTI SI NASCE?” – un’infanzia a matita - ed. 2002





Il medico G.V. Omodei Zorini, Vice Presidente della UNION MONDIALE DES ECRIVAINS MEDECINS, affermava: “I disegni del bambino Pier Andrea si possono leggere in due modi. Innanzi tutto come contributo di autentica arte per la sicurezza del suo tratto, la fedeltà ai soggetti e l’arguzia che spesso li caratterizza e poi si possono intendere anche come contributo sociale, come piccolo osservatorio di un mondo che mezzo secolo di cambiamenti ha fatto dimenticare”. Questo nell’anno 1997, data della mostra dei disegni dell’infanzia, della sua infanzia, al MUSEO DEL PAESAGGIO nel mese di aprile a Verbania. Il dottor Omodei annotava tra le gustose vignette anche la rappresentazione del viso di G. Garibaldi, che, visto al rovescio, mostrava il volto di Stalin. Disegno ripescato solo ora e introdotto in una sigla televisiva di una rubrica politica. Di questa mostra, unica e prima nella sua specifica natura presso un importante museo si sono occupati diversi quotidiani che, oltre a darne ripetuta notizia nelle agende dell’arte, l’hanno recensita come “IL GIORNALE”. Proprio su questo quotidiano, l’articolista aveva riprodotto alcuni disegni e segnalato l’autentica poesia che scaturiva da essi. Il CORRIERE DELLA SERA ne ha dato notizia in due occasioni, considerando l’avvenimento sufficientemente rilevante. Di poesia ha parlato anche l’estensore della presentazione LINO LAZZARI, giornalista e critico d’arte del quotidiano “L’ECO DI BERGAMO”, ponendosi altresì la domanda se artisti si nasca oppure si diventi. Il medico chirurgo plastico, chirurgo della mano dott. Giorgio Delaria dell’Ospedale di Legnano, dichiara in un suo scritto in merito che si tratta della particolare natura della corteccia cerebrale di Pier Andrea, che fin da bambino gli ha permesso di disegnare in questo modo. Il presidente del museo ha fatto riferimento ad uno scritto di Durer che considera il disegno DONO DIVINO, MIRACOLOSO, CHE PONE L’ARTISTA AL DI SOPRA DI OGNI UOMO. Questo volume completa la mostra di Pallanza, con un numero straordinario di altri disegni recuperati nel corso di diversi anni di ricerche.
Per il bambino era il modo più spontaneo di esprimersi, con estrema facilità oppure con impegno stilistico. Possiamo notare dalle didascalie dei disegni le sue genuine, spontanee e forse ingenue critiche alla società del periodo che va dagli anni quaranta fin vero la metà degli anni cinquanta. Afferma il noto giornalista della televisione e della carta stampata Renato Besana, membro della commissione della triennale di Milano”……….le esperienze reali e fantastiche si mescolano tra loro e non si sa più quali siano le più intense. Le parole entrano a far parte del disegno, lo completano, ponendosi quale momento di stupore o di riflessione e spesso tornano a tratteggiare episodi di vita, personaggi, scorci che per noi assumono valore di testimonianza…..” Questo giudizio può bene illustrare l’attuale volume, estremamente ricco di immagini e commenti scritti da Pier Andrea a margine o all’interno del disegno. In questi disegni scoprirete rappresentazioni di animali del circo e di strada, lavoratori ambulanti, signore ricche e bigotte, preti, avventure e rischi, un mondo ritrovato e che l’attuale gioventù nemmeno può immaginare. A voi il divertimento!. Abbiamo tentato di suddividere i disegni per gruppi, più che seguire l’ordine di data. Impresa non facile, e certamente imperfetta. Tuttavia un certo ordine appare veritiero. Gruppo fantasia – esperienza siciliana – esperienza del lago Maggiore – esperienza legnanese – periodo di prima scolarizzazione – avventure e rischi – osservazioni sul comportamento dell’umanità durante e subito dopo la seconda guerra mondiale – lo stridore tra le classi abbienti e le più povere e umiliate – la scuola e i compagni di scuola – vita giornaliera sulla strada – mutilati e paralitici – ubriachi e degenerati – personaggi mutuati dal cinematografo, come gli eroi pellerossa. Appare sempre ironia, se non addirittura sarcasmo, accettazione della condizione di povertà, pietà per gli handicappati ed emarginati, critica acuta nei confronti di coloro che dovevano essere al disopra degli interessi personali. Non ci soffermeremo troppo sulle ben evidenti qualità artistiche, che già per conto loro rappresentano motivo di interesse, quanto invece sui messaggi che Pier Andrea ci invia, messaggi oramai storici, che disegnano una società egoista, violenta, antidemocratica, superstiziosissima e pressoché medioevale. Sono trascorsi sessant’anni dal periodo della seconda guerra mondiale, abbiamo acquistato benessere economico, più tranquillità sociale, c’è una società più garantita ma, gratta, gratta, sotto l’ipocrisia formale troviamo ancora gli stessi egoismi e divisioni sociali, apparentemente imburrati nella società dei consumi. Per comprendere il bambino Pier Andrea e le sue esternazioni sarebbe opportuno parlare del momento storico in cui è vissuto allora, l’ambiente onestissimo ma estremamente povero nel quale cresceva e il tipo di società allora imperante. Sarà bene precisare che in ogni tempo, in qualunque luogo della terra, vi sono state e vi saranno nette distinzioni sociali. I ricchi da una parte e i meno abbienti dall’altra. Il piccolo Pier Andrea, molto sensibile, recettivo, ardente di vita e attento osservatore, annotava che, mentre alcune persone affogavano nell’abbondanza di ogni cosa, per lui esisteva solo il desiderio represso. Ne soffriva, ma accettava senza sforzo che alcuni bambini avessero giocattoli, dolci, vestiti, affetti e quant’altro a lui era impedito. Per Andrea ricreava con il gesso dei muratori sull’asfalto o con la penna d’oca su pezzi di carta occasionale un mondo di fantasia che lo gratificasse. Ciò che più lo impressionava era la vita di ogni giorno, fatta di persone e animali che si esibivano sulla strada, palcoscenico naturale di uno spettacolo vero, entusiasmante che nessun orpello elettronico oggi può sostituire. Tuttavia il suo più grande cruccio era l’egoismo e l’ipocrisia delle classi ricche, che nel nord Italia amavano ostentare, con tutti i simboli della ricchezza e con l’arroganza di chi si sente autorizzato e protetto tanto dalle leggi dello stato quanto dall’accondiscendenza dimostrata verso loro dal clero. I ricchi si sentivano più intelligenti e tranquilli con la coscienza perché il clero assicura loro, tramite congrue offerte, non solo una benedizione costante, ma addirittura il paradiso. I poveri sono i paria della società, scansati, ghettizzati, a mala pena tollerati ed è convinzione comune che siano tali per via dei loro peccati e dei peccati gravissimi dei loro genitori. Tutt’al più, un poco di beneficenza, attraverso il clero, poteva garantire qualche vantaggio materiale e qualche preghiera utile a ottenere magari, il purgatorio. Poiché i poveri erano frequentemente ubriachi, essi dovevano inesorabilmente finire all’inferno.
VALE LA PENA DI RICORDARE:
RAI TRE – trasmissione “GEO & GEO” del 24 novembre 2001 ore 13.20
Caroline e Margaret “Shend” gemelle, cresciute e separate dalla nascita, si sono incontrate per la prima volta a sessantotto anni. Eppure, come nel caso di altri gemelli monozigoti studiati in precedenza, il loro quoziente d’intelligenza era identico. Sembrava quasi di aver seguito il test due volte alla stessa persona. Tutte le prove fornite dagli studi sui gemelli e sulla adozione suggeriscono ormai come i “geni” rivestano un ruolo importante. Dopo sei anni di duro lavoro, tra le critiche e lo scetticismo generale, l’equipe del Prof. Bloming ha finalmente ottenuto un primo risultato; non ha scoperto il gene del genio, ma il primo dei molti geni che contribuiscono all’intelligenza normale e che si trovano sul braccio lungo del cromosoma sei. Un semplice pezzo di DNA può apparire innocente ma avere delle implicazioni molto profonde: ad esempio si dovrà investire sulle persone maggiormente dotate o aiutare geneticamente chi è geneticamente meno intelligente? Sono problemi sociali enormi che vanno affrontati al più presto. Il lavoro di Bloming può aiutare a capire come le persone presentino inclinazione e potenzialità diverse. Se funzionerà da stimolo per individuare come rispondere nel modo migliore a queste differenze, allora si tratterà sicuramente di un fatto positivo. Non si deve avere paura della conoscenza anche se le “braci” dell’antico dibattito sulle radici dell’intelligenza, se sia da imputare prevalentemente ai “geni” oppure all’ambiente, si stanno riaccendendo!.
Nel servizio “Super Quark” del 12 febbraio 2002 si è affermato ad esempio che la frustrazione è una forza positiva che spinge il bambino ad insistere (e quindi progredire). Alberto Oliviero, professore di psicobiologia all’università La Sapienza di Roma afferma: “Spesso i bambini prodigio sono bambini precoci. Spesso ci colpisce la loro precocità nel senso che il loro cervello è maturato più precocemente o hanno fatto delle esperienze più significative e così via. Così magari troviamo che un bambino sappia suonare il piano in età in cui gli altri non lo sanno fare. Non è detto che questo continui ad essere un pianista prodigio; magari ha bruciato alcune tappe, poi si troverà allo stesso livello degli altri. Altri potranno essere realmente dei veri e propri prodigi come lo era Mozart”.

mercoledì 24 giugno 2009

CARI TERREMOTATI D'ABRUZZO.......

Chi vi scrive ha nel sangue parti uguali di Sulmona, Scicli (Sicilia) e Verbania (Piemonte). I miei progenitori appartengono a diverse etnie italiche. Una preghiera che vi rivolgo è la seguente: “I terremoti ritornano inesorabili!”. Non insistete nel voler rimanere in una zona già segnata dal destino e facilmente suscettibile di altre catastrofi. Chiedete al Governo non già la ricostruzione di una città destinata sempre ai terremoti! Chiedete di essere mandati dignitosamente a vivere lungo l’Adriatico sul mare!. Portate lì la vostra creatività e le vostre università!. Per gli anziani fate costruire dei bei centri lontani da pericoli lungo le spiagge dell’Adriatico. Si può rinascere meglio di prima. Non siate vittime della politica!.

martedì 23 giugno 2009

RECENSIONE MOSTRA DISEGNI DELL'INFANZIA AL MUSEO DEL PAESAGGIO DI VERBANIA NEL 1997.I DISEGNI ORA IN ESPOSIZIONE A LEGNANO ALLA BNL GRUPPO BNP PARIBAS


L’ECO DEL VERBANO – LA PROVINCIA DEL “VCO” DEL 9 MAGGIO 1997

Al Museo del Paesaggio di Verbania.

VACCARO DISEGNATORE BAMBINO DI TANTI ANNI FA.

Sulle rive del Lago Maggiore c’era una volta un bambino che disegnava; il suo nome era Pie Andrea Vaccaro ed era un piccolo talento naturale. Disegnava con matite, gessi e penne sui quaderni, fogli e carta di recupero e spesse volte le sue opere finivano per accendere il fuoco della stufa, in anni in cui non c’era proprio nulla di superfluo. Oggi il bambino di allora è diventato un valido pittore con uno studio a Legnano, ma non ha dimenticato le sue prime esperienze artistiche e ne presenta una cospicua raccolta (accompagnata da un bel volume-catalogo) presso il Museo del Paesaggio di Verbania. Una preziosa curiosità, si tratta di disegni relativi agli anni dal 1946 al 1951, quando Vaccaro (che nel frattempo ha perduto il Pier per strada e si firma solo Andrea) aveva dai sette ai dodici anni e dimostrava non solo capacità nella grafica, ma anche un raro senso dell’osservazione ed una spiccata tendenza critica che lo portava a commenti decisamente insoliti per un bambino di quella età. I disegni del bambino Pier Andrea si possono infatti leggere in due modi. Innanzi tutto come contributo di autentica arte per la sicurezza del suo tratto, la fedeltà ai soggetti e l’arguzia che spesso li caratterizza, poi si possono intendere anche come contributo “sociale”, come piccolo osservatorio di un mondo che mezzo secolo di cambiamenti ha fatto dimenticare. Pier Andrea, di mamma verbanese e papà siciliano, ha prodotto questi suoi disegni (pochi superstiti di alcune migliaia andati perduti, distrutti o regalati) in parte in riva al lago, ove abitava con i nonni materni quando il padre era in guerra e la madre lavorava, poi in Sicilia, a Scicli presso i parenti, ed infine a Legnano, ove nel dopo guerra, la famiglia potè finalmente riunirsi. Ecco allora emergere tre diversi microcosmi. Sul Verbano vedeva e disegnava il nonno, bottaio e costruttore di strumenti musicali, nonché suo “idolo” infantile, lo zio cuoco, le donne al mercato, i piccoli artigiani, i contadini del circondario, i suonatori di banda. Della Sicilia raffigurava gli asinelli, gli “uomini d’onore” a cavallo col fucile a tracolla e quelli in piazza con la coppola in capo, la raccolta delle ulive e le ricamatrici. Infine di Legnano coglieva un più complesso mondo fatto di operai di fabbrica, spazzini, sarti, ciabattini ed anche circhi di passaggio, gente in motociclo e gli ultimi pastori che transitavano ai bordi della città. Soprattutto però il piccolo Vaccaro si innamorò degli animali, che nelle sue note chiama sempre “amici”, fossero il cane, il gatto, il cavallo da tiro o da circo, i liberi scoiattoli, ma anche le oche (“la mia amica oca è più intelligente delle bambine” scrive a margine di un disegno), i maiali, le pecore, i conigli, gli uccellini, e persino gli animali esotici del circo come l’ippopotamo (“Mi è piaciuto anche perché assomiglia alla mia maestra”). Ama, il giovane disegnatore, gli animali e non sopporta i preti che invece lasciano che ad essi si faccia del male perché dicono che non hanno l’anima. Così, sottolinea Pier Andrea, “sono sicuro che i preti vadano all’inferno”. Le note scritte a margine, sono anche esse sole, piccoli capolavori di arguzia. Nel giovane, ma già smaliziato piccolo artista non mancano certo delle note curiose della prima scoperta della sessualità, in una società come quella italiana dell’immediato dopoguerra ancora legata a molti tabù. Curiosa poi una nota sgrammaticata che Pier Andrea vicino ad un disegno con vari bambini ed una maestosa signora: “Legnano 1948. Il giorno dopo le elezioni che la signora Venegoni ha organizzato una banda di bambini per festeggiare il fronte popolare perché aveva la certezza della vittoria immancabile e c’ero anch’io (sic!). Nel pomeriggio la signora si è messa a piangere”. Ma, ad ogni buon conto, il piccolo disegnatore aveva anche ricopiato la celebre caricatura che mostrava da un lato il Garibaldi del Fronte e dall’altro il ritratto di Stalin….Un altro segno di anni lontani.
Dott. Gian Vincenzo Omodeo Zorini – UNION MONDIALE DES ECRIVAINS MEDECINS (VICE PRESIDENTE UNIONE MONDIALE DEGLI SCRITTORI MEDICI)

martedì 16 giugno 2009

BNL GRUPPO BNP PARIBAS DI LEGNANO IN ESPOSIZIONE I "PRODIGIOSI DIESEGNI DELL'INFANZIA"- RECENSIONE TRATTA DA "IL GIORNALE" DEL 13 APRILE 1997

ARTICOLO A FIRMA “IDA SCONZO” APPARSO SUL QUOTIDIANO “IL GIORNALE” DEL 13 APRILE 1997 A PAGINA 38 – PANORAMA MILANO
Il talento, unico e irripetibile, di ogni artista rappresenta un grande mistero. Quando ci si trova di fronte alle opere di un bambino prodigio, il mistero diventa ancora più grande. Artisti si nasce o si diventa? La domanda appare retorica davanti ai disegni che il pittore Andrea Vaccaro ha realizzato fra i sette e i dodici anni di età, nel breve arco di tempo che va dal 1946 al 1951. Il Museo del Paesaggio di Verbania Pallanza ha dedicato all’artista bambino una mostra dal titolo “Disegni dell’infanzia”. Inaugurata pochi giorni fa, l’esposizione rimarrà aperta fino al 18 maggio. I lavori raccolti ed esposti nella Sala delle mostre sono circa ottanta e si possono visitare tutti i giorni dalle 10 alle 12 e dalle 15 alle 18, esclusi i lunedì. L’ingresso è libero. La mostra è supportata da una splendida monografia in bianco e nero con 261 riproduzione di disegni. Nato a Pallanza da padre siciliano, Andrea Vaccaro ha realizzato i disegni a Verbania, a Legnano e a Scicli, in provincia di Ragusa. Nei suoi lavori infantili, che ogni profano potrebbe tranquillamente attribuire ad un artista maturo, Vaccaro racconta la sua infanzia, i suoi amori, la gente, la famiglia, il lavoro dei grandi e i giochi dei più piccoli. Lo fa con la matita da falegname del nonno, su pezzi di carta qualsiasi che amici e parenti gli procuravano. “Ho disegnato per terra, su ogni tipo di carta, sui libri, su bigliettini da visita, carta da lettera, su tutto il materiale possibile i immaginabile….”conferma l’artista. Dai suoi lavori giovanili e dalle fresche didascalie che lui stesso scriveva sui disegni, con l’ingenua grafia dei bambini, traspare in tutta la sua drammaticità la dignitosa povertà del dopoguerra, al sud come al nord. La campagna di Scicli assolata a cui il piccolo Andrea diede come titolo “Il piacere del riposo” riporta alla mente il duro lavoro dei braccianti agricoli. “Questa immagine – scriveva il pittore e poeta Vaccaro – mi ricorda il piacere del riposo sotto un grosso albero di ulivo o di carrubo, quando il caldo brucia e le cicale rallegrano la campagna. Il contadino si sdraia all’ombra con accanto la brocca di vino rosso e forte e taglia con il suo coltello a scatto il pane duro e poco salato che la moglie ha cotto nel suo forno rotondo…..”. Gli operai di Legnano invece “alle ore 12 riposano davanti alla fabbrica, mangiano nella gavetta il cibo portato da casa e parlano ridendo dei problemi del loro lavoro…”. Il piccolo artista osserva e disegna i suoi amici animali: muli, civette, ippopotami, maiali, cavalli, rane, farfalle. Si scaglia contro i cacciatori, paragona le oche alle donne tessendo le lodi alle prime e criticando le signore paurose. Invidia la bambina ricca che tiene in mano i palloncini e può assaggiare lo zucchero filato. I suoi bellissimi disegni hanno sempre una dedica: al nonno Pietro, alla mamma che lavora tanto, all’amico asinello. Osservando il tratto sicuro, le osservazioni di volta in volta polemiche, affettuose, irritate, si entra in un mondo vero, profondamente amato e sentito dall’artista. Un mondo pieno di consapevolezza, di tenerezza, di sentimenti forti al quale si dovrebbe appartenere. “Disegni dell’infanzia del pittore Andrea Vaccaro” è una mostra da non perdere e ripagherà ampiamente lo sforzo di una gita fuori porta.

sabato 13 giugno 2009

AD AGRIGENTO COL BECCAMORTO

Siamo rispettosi della morte e naturale sorge la preghiera per la loro pace eterna. Tuttavia in una situazione di un lontano mese di agosto…….. Un caldo bestiale ai piedi della collina che porta ai famosi templi. Il bar aveva terminato la scorta di gelati. Pare che non ci fossero più nemmeno le normali bibite. Tre bottiglie da un litro e mezzo ciascuna di acqua minerale in confezioni di plastica a base quadrata. Bevevo a garganella, senza ritegno e mi faceva compagnia anche la morigerata Marisa. Anche lei bagnata madida di sudore. A me la camicia bianca era un tutt’uno con la pelle. Insomma una situazione da inferno siculo. Arriva una mercedes nera tipo funerale con a bordo una cassa con morto oramai in putrefazione. L’aria diventa subito ammorbata. L’autista e il compagno si buttano letteralmente fuori dalla vettura semimorti sia per il puzzo irresistibile del cadavere che per l’orgia di caldo. Lasciano spalancate le portiere e si precipitarono all’interno del bar, dove bevono tutto quello che c’è a disposizione. Pare si levassero berretto e giacca e tentassero di farsi la doccia spudoratamente in mezzo al pubblico che sveniva per le micidiali zaffate di morto putrefatto. Insomma una cosa alla Fantozzi. Fu allora che mi venne la brillante idea di chiedere al poveraccio del cameriere che girava con vassoio, acqua e bicchieri, pantaloni neri appiccicati alle gambe e giacchetta ex bianca translucida divenuta tutt’unico con camicia, peli e pelle, quanti gradi facesse la temperatura. “Subito, signore!. Adesso vado lì dove c’è il grosso termometro a muro”, cosi si espresse il quasi defunto onesto lavoratore. Dopo qualche secondo ritornò e sparò sull’attenti: “fanno esattamente trentacinque gradi, signore!”. Attese la mancia che non venne e poi se ne entrò nella bolgia infernale del bar. “A me non mi convince per niente, questo cameriere” dissi a Marisa. “Per me ci sono cinquanta-sessanta gradi all’ombra”. Serena come sempre Marisa rispose “vai a vedere tu, il termometro è proprio accanto a te”. Con uno sforzo sovrumano mi alzai dalla sedia che era rimasta incollata al mio sedere e portandola appresso feci due o tre passi in direzione di un gigantesco termometro a muro. Arrivato proprio sotto lo guardai incredulo. Era completamente sfasciato ed arrugginito da almeno trent’anni. Non seppi trattenermi dalle risa e man mano che ritornavo da Marisa, l’ilarità diventava isterica. Lei rideva perché vedeva me ridere ed io mi scompisciavo per la faccia tosta del cameriere e non riuscivo a spiegarmi. A furia di far segnacci ed a parole mozze riuscii a farmi intendere. Non ci credeva Marisa e volle andare di persona a controllare. “Io non ci capisco niente, ma mi pare che il termometro sia guasto” disse seria. Effettivamente la mia risata era isterica perché il cameriere mi aveva preso in giro. Tuttavia decidemmo di richiamarlo per pagare il conto. Lui ritornò serio e professionale. Gli domandai: “Lei non è di qui?” – “No, sono napoletano” rispose con serietà. Fuggimmo via dalla puzza nauseabonda del povero morto destinato chissà dove, fuggimmo via dal caldo e fuggimmo via dal cameriere napoletano.

sabato 6 giugno 2009

CONTINUA ALLA BNL GRUPPO BNP PARIBAS DI LEGNANO LA MOSTRA DEI "PRODIGIOSI DSEGNI DELL'INFANZIA"




Si tratta di disegni realizzati da un bambino circa sessant’anni fa, da un vero disegnatore prodigio dotato di grande sensibilità, curiosità e capace di cogliere sia l’essenziale che i particolari di una data situazione o persona e di restituircele con immediatezza e spontaneità.
Questo bambino – che é cresciuto ed è diventato un pittore professionista – ed opera a Legnano da anni nel difficile campo della pittura. Sono in molti a definirsi artisti o essere definiti tali dai critici, ma pochissimi o forse nessuno può dimostrare di avere avuto un talento naturale così evidente e spiccato e che si è manifestato fin dalla più tenera età. Artisti si nasce o si diventa? E’ una domanda ricorrente, che spesso ci si pone senza riuscire a dare una risposta. O forse spesso la risposta che viene fornita dagli esperti è ideologica, falsa e politicizzata. Spesso si afferma che tutto dipende dall’educazione e che si diventa artisti grazie agli insegnamenti dei genitori e degli insegnanti. Qui abbiamo invece la prova tangibile di una vocazione artistica innata, che non è stata incoraggiata dalla famiglia, ma addirittura contrastata. Non ci sono stati maestri né scuole per il piccolo Andrea, ma solo il suo spirito di osservazione e la sua spontanea creatività, eppure l’artista che era in lui è emerso, nonostante tutto. Ecco dunque qualcuno che può dire senza timore di essere considerato arrogante, di essere nato artista. In quanti possono fare lo stesso? La mostra alla BNL gruppo BNP PARIBAS di LEGNANO. Ricordo in particolare la mostra al Museo del Paesaggio di Verbania, Ospedale Civile di Legnano, Monastero degli Olivetani di Nerviano, Famiglia Legnanese di Legnano, Monastero di Cairate, Banca di Credito Cooperativo di Legnano, ed una interessante conferenza presso Villa Pomini di Castellanza a cura dell’Assessorato alla Cultura.