giovedì 25 febbraio 2010

COSE E’ LO SPIRITO SANTO?

Lo spirito Santo è Santa Sofia. Chi è Santa Sofia? E’ la madre celeste di Gesù Cristo, è la saggezza che scende nei cervelli dei fedeli sinceri e fornisce loro tutte le risposte da dare agli ebrei che interrogano i fedeli.

Cosa è il Regno dei cieli? E’ l’epoca del Vaticano che detta legge, bruciava viva la gente, semina odio e guerre ed esalta i ricchi e l’oro. E’ essenzialmente il tradimento di tutte le parole di Cristo.

mercoledì 24 febbraio 2010

LE MAFIE ITALIANE CONQUISTANO IL MONDO?





Ieri 23 febbraio ha destato grande clamore la notizia che ben 56 politici o personaggi di grande importanza siano indagati come sospetti mafiosi e truffatori alla grande. Credo che tutti ormai sappiano che le grandi fortune siano sostenute dalle mafie e che certi uomini politici siano eletti con voti alterati dalle mafie. Le dichiarazioni di Berlusconi sulle leggi contro la corruzione non convincono. Molti pensano che il parlamento non concederà l’arresto di politici accusati. Ormai non è facile fidarsi delle parole di chi è accusato da tredici anni di essere al servizio della malavita. Nell’interesse di tutta la società in grave pericolo, spero di aver capito male e che le cose non siano così tragicamente sconvolgenti.

LEGNANO, CENTRO S.MAGNO - MOSTRA PERSONALE

martedì 23 febbraio 2010

ITALIA CORROTTA!

DA L’INFEDELE DI LUNEDI 22 FEBBRAIO 2010

Tutti gli esperti di economia e politica concordano nell’affermare che il sistema Italia si basa sull’amico dell’amico. Per lavorare in ogni campo, dalla politica alla società normale, chi non ha gli “amici” non può lavorare e le leggi stesse dell’Italia spingono alla corruzione. Questo si effettua sia attraverso le mazzette con, i servizi quali le donnine allegre di alto bordo o regalie imponenti (anche la servitù domestica). Risulta quindi una società corrotta nella quale è impossibile sperare in un trattamento di giustizia.

Oggi 23 febbraio Emma Marcegaglia su RAI NEWS 24 ha affermato che la maggior corruzione si trova negli enti locali. Su RAI TRE risulta che il magistrato Toro ha tradito per assicurare al figlio un posto fisso.

BERLUSCONI E LE MAFIE
Ascoltando le dichiarazioni di pentiti dal 1993 ad oggi pare che Silvio Berlusconi sia al centro della cospirazione mafia politica. C’è chi afferma che dalla Sicilia venivano indicazioni per la creazione di Forza Italia assieme al trapianto dei capelli. Se le accuse sono vere si deve temere che le mafie comanderanno l’Italia e persino il suo esercito e l’intero corpo della polizia. Vengono accusati persino i giudici. Forse sarebbe buona cosa che il Capo dello Stato sciogliesse le camere ed obbligasse i dirigenti del centro destra ad essere inquisiti. Ogni giorno uno scandalo ed ogni giorno proposte per togliere a tutte le costose operazioni economiche per ogni attività il controllo dello stato. Verità o bugie, credo che Berlusconi farebbe un servizio alla nazione se rinunciasse al suo incarico politico. La mafia legata al cavaliere suggerisce le località dove arrestare i vecchi mafiosi che ormai danno fastidio. Quindi le operazioni di polizia avvengono in accordo con i suggerimenti della nuova mafia a carattere politico ed internazionale.

venerdì 12 febbraio 2010

L’AQUILA, IGNOBILE RAGGIRO DA PARTE DEL GOVERNO BERLUSCONI




E’ stata presentata come un’opera di pietà e di aiuto sostanzioso l’intervento a L’Aquila, ove trasferire il G8 che doveva essere tenuto alla Maddalena. In realtà gli intrallazzi del governo, con i costruttori in enorme ritardo sui lavori, hanno convinto l’astuto premier di presentare il G8 a L’Aquila. Diffuse attraverso un canale RAI le sguaiate e compiaciute telefonate tra i costruttori amici del governo, alla notizia del tremendo sisma. La gente moriva, le case crollavano e loro ridevano per i buoni affari economici che si apprestavano a cogliere. Niente pietà, niente di buono, solo sadica speculazione, condite da false parole mielate!
CHI DETIENE IL POTERE IN ITALIA?
Dalle continue informazioni che giungono alle orecchie, pare che la maggioranza assoluta delle persone votino Berlusconi. Si può capire anche perché: la maggior parte dei votanti è donna e la donna per sua natura è portata a desiderare la ricchezza. Quindi il principe azzurro, come la Madonna sono i due motori del loro voto. Difficilmente si potrà far ragionare il sesso femminile. Esso si rivolge al voto come con la preghiera chiede felicità e benessere ai santi, alla Madonna ed ai preti. E i preti con chi stanno? Ma da sempre, nella loro maggioranza, stanno con i ricchi. E chi è più ricco di Silvio Berlusconi? Da ANNOZERO si apprende che il governo Berlusconi favorisce “comitati d’affari” privati che tendono ad eliminare ogni controllo sul loro operato. Scandali ed ineguatezze coperte da silenzio mafioso per garantire, a pochi, grandi ingiusti guadagni sulla pelle dei cittadini. Tutti accusati i proprietari di quotidiani della destra economica e responsabili del disastro ospedaliero romano. Anche Bertolaso pare inserito nella corruzione! Ricordate la frase simbolo dell’attuale Papa: “Dio sta dove c’è l’oro o viceversa: “dove sta l’oro, là c’è Dio”.

giovedì 11 febbraio 2010

COME LE BESTE....................



Mio padre è stato per me un incubo. Non c’era cosa che io facessi o pensassi che potesse essere per lo meno accettata. Non bevevo bene, non mangiavo composto, non studiavo in silenzio perché solo mia sorella poteva farlo a voce alta; tutto il tavolo era per lei: io dovevo studiare in bagno. Non ricevevo mai la famosa paghetta né potevo disporre di un giocattolo. Appena sgarravo agli ordini perentori erano frustate, calci e punizioni feroci: pareva che nutrisse per me non un amore filiale ma quasi odio puro e tutto il suo essere era contro di me: offese e minacce e persino trattamento differente nel cibo: a me il cibo acido, vecchio, rancido mentre alla sorella il cibo migliore più costoso. Mai ricevuto una carezza o un complimento o un banale “caro”. Sempre e solo minacce di morte. Alla fine mi ero abituato ai maltrattamenti e mi ero convinto che fossero giusti. Nessuna concessione ed anche al momento della promozione scolastica con la buona votazione, botte e calci giù per le scale e solite minacce di morte. Alla fine, con il consenso di mia madre, mi venne data la seguente notizia: “non sei più mio figlio, sei ripudiato!”. Ambedue ignoravano le difficoltà della scuola, degli studi ed erano convinti che bastasse “la buona volontà”, che naturalmente secondo loro io non avevo. Volevano il successo sociale attraverso i figli ma non davano alcuna gratificazione.

mercoledì 10 febbraio 2010

DI PIETRO, PERCHE’ PUO’ ESSERE UNA SPIA USA.


Sono illazioni, parole in libertà, tuttavia è possibile che gli Stati Uniti d’America siano preoccupati per tutto ciò che i pentiti di mafia raccontano dal 1993 in avanti su Silvio Berlusconi. Infatti, ufficialmente gli USA sono politicamente con Berlusconi ma il dubbio che la mafia possa aggredire e comandare l’Italia esiste. Non solo, può essere che gli USA temano le infiltrazioni mafiose anche negli Stati Uniti grazie ad una eventuale collaborazione economica e politica con il governo Berlusconi. Sempre che le accuse siano fondate! Di Pietro deve sapere molte più cose di quanto si pensi: ecco, può essere che egli sia stato incaricato dalla CIA di combattere sotteraneamente la mafia! Combattere Silvio Berlusconi! Le industrie straniere ed anche autoctone se ne vanno dall’Italia per due motivi: 1° le mafie comandano, 2° - il costo del lavoro è enorme rispetto a siti più convenienti. Il timore dell’America sta tutto qui: le accuse a Berlusconi di mafia spaventano gli operatori economici e gli stipendi troppo alti rendono l’Italia non conveniente per gli investimenti.

martedì 9 febbraio 2010

MIA MADRE

Credo che poche persone siano state ostinate come lei. Ha voluto un marito dal carattere iracondo, puntiglioso e non informato della vita, da mettere in pericolo non solo la sua vita ma anche quella dei figli. Un uomo senza esperienza che la fa venire a Legnano da Pallanza, senza lavoro e poi la lascia sola con due figli piccoli per andare alla ventura come milite fascista! (era il 1940). Io avevo sei mesi e mia sorella poco più di tre anni. Siamo in guerra e non c’è santo che tenga: mia madre viene abbandonata al suo destino con due piccoli innocenti da sfamare e vestire. Lei non si perde d’animo e preferisce lasciare in abbandono i figli ma continua a volere quell’uomo che ha dimostrato la massima incoscienza. Cerca di affidarmi alla ruota di un piccolo convento senza riuscirci e lavora sodo per vivere e pensare da capofamiglia. Con il passare degli anni perdona il marito e se la prende così con me perché diventi il capo d’espiazione. Tuttavia ce l’ho fatta! Tutta via sono convinto che tutte le difficoltà, incontrate fin da bambino, mi abbiano reso capace di affrontare situazioni difficili e penso che grazie ad esse riuscirò a vincere!

LEGNANO, DALL'INFANZIA ALL'ETA' MATURA

DAL CATALOGO DELLA MOSTRA ALLA VILLA VISCONTI BORROMEO LITTA – LAINATE – 1996

Caro amico, ti confesso che ho cinquantasei anni e che da cinquantasei anni sono cittadino orgoglioso di Legnano. Ma sei mesi prima ero nato in una cittadina semplicemente splendida, Pallanza sul Lago Maggiore. Infatti mi trasportarono in fasce a Legnano, dove divenni, con perenne vanto, immediatamente cittadino legnanese. Qui ho vissuto, giocato, mi sono divertito, ho disegnato quasi da subito, alle case popolari di via Carlo Porta 56, dove trovai la più viva e simpatica compagnia possibile. Mio padre era un baldo vigile urbano che viene ancora ricordato per i suoi baffetti e per la sua intransigenza nel multare chiunque sbagliasse compreso il Sindaco, il Segretario comunale e tutto il personale del Comune. Era il “ghisa” più temuto. Era un vero spauracchio per bambini e adulti. Ma era anche amato, considerando le numerose caricature a lui dedicate dal pittore Parini. Quando l’Italia entrò in guerra, mio padre, da vero eroe, partì volontario per il fronte. Era tanto il suo entusiasmo da dimenticare che lasciava mia mamma e noi due bambini senza alcuna entrata economica. Lui sapeva però che a Legnano chi ha voglia di lavorare se la cava benissimo. Così io vissi, come altri duecento bambini delle case popolari, praticamente sulla strada. Tra un disegno col gesso sul marciapiede e molti altri giochi, c’era così tanta voglia di vivere e divertirsi che quel periodo di guerra fu per noi il massimo della felicità. Tra corse, cavallina, boschetti, battaglie, gare di ogni tipo, ed una nuotata dell’Olona, crescevamo. Ebbi modo di conoscere bene la durezza del vivere e della realtà di ogni giorno. Senza scarpe, senza abiti, eravamo temprati al gelo dell’inverno ed il caldo dell’estate. Alle case popolari esisteva, oltre alla gioia di vivere, la spontanea solidarietà della gente e quindi, quando una mamma aveva un piatto di saggina, lo offriva a tutti noi. Non c’erano problemi di eccessi di consumo ed eravamo pertanto tutti agili e scattanti. Beh, sinusiti, otiti, polmoniti, tonsilliti, bronchiti, erano normali. Qualcuno andava in sanatorio, ma il perenne moccolo al naso era accettato come normale attributo. Crescendo ebbi modo di fare conoscenza di come ci si arrangia nella vita: c’era chi faceva borsanera: farina, formaggio, prosciutto, salamini, patate, burro, dadi ecc…Oppure d’estate vendevano l’anguria a tranci. Fette di rossa gioia di vivere dolce. Chi si arrangiava come ambulante d’ogni tipo: ombrellai, spazzacamini, burattinai, cantastorie e chi si alzava alle cinque di mattina d’inverno con le zoccole e andava in fabbrica (erano per lo più donne). Quando disegnavo col gesso per terra, c’era sempre qualche ammiratore che fermava il cavallo e le prime automobili e mi faceva i complimenti. Fra questi signori ricordo bene il sig. Colombo Bolla Camillo, al quale sono rimasto affezionato per tutta la vita. Era un mondo straordinario e noi eravamo felici. Andai a scuola e disegnai tanto per tutti. Alle scuole medie già frequentavo i pittori legnanesi di allora: fui tra i primi pittori che contribuirono ad ideare le scene di Musazzi. Intorno ai dodici anni ebbi modo di incontrare Raffaele De Grada che fu molto gentile ad apprezzare le mie doti native. Già allora dedicavo tutto il mio tempo libero a dipingere i dintorni di Legnano: dalla chiesa di S.Magno a quella della Madonna delle Grazie, l’Olona, i suoi riflessi, le stradine di campagna con le loro cascine, i mulini, la vita cittadina ed extra cittadina. Ricordo la passione che nutrivo per i “notturni” nelle vie strette del centro cittadino, come corso Garibaldi e quante botte prendevo a casa sia perché mi ero allontanato senza permesso, sia perché inesorabilmente mi sporcavo tutto di colore ad olio. Già frequentavo i maestri di allora: Rusconi, Raimondi, Giunni, Crespi, Gironi, Simonetta, Pinciroli e tanti altri, Chiappa, Balansino, Caloni e via dicendo. Ci trovavamo nei dintorni del Castello oppure si andava anche molto più lontano. All’epoca di Simonetta, l’associazione artisti di Legnano organizzava gite turistiche di lavoro. Ricordo con grande stima ed affetto la famiglia Tirinnanzi. Il padre poeta Giuseppe l’ho sempre nella memoria e sarei pronto a farne un accurato ritratto. Talisio Tirinnanzi fu promotore di “autopennelli” in diverse località, tra cui il parco di Monza e le rive del lago di Como. Quel periodo era ricco di entusiasmi grazie a personaggi indimenticabili come i Pensotti, i Ranzi, i già menzionati Tirinnanzi e molti altri. Pensotti teneva conferenze sul “dadaismo”, che trionfava in America, dove pare Roberto Pensotti risieda tuttora. Stavo per dimenticare un grande personaggio al quale ero legato da stima ed affetto: il pittore Enzo Pagani. Terminati gli studi al Liceo scientifico di Legnano, incominciò una serie complessa di esperienze anche all’estero. Rimasi fuori dalla città per circa dieci anni. Ora sono fiero di riappartenere a questo mondo di lavoro ed efficienza. Fin da bambino avevo l’idea fissa di “fare il pittore”. Nessuna lusinga e nessuna minaccia sono riuscite a distogliermi da questa vocazione. Mio padre voleva che diventassi segretario comunale, mia madre ingegnere: io, ostinatamente, volevo essere un pittore. Ci sono riuscito anche se non è sempre stato facile. Comunque ho sempre dipinto quello che ho voluto, andando controcorrente. Quel che contava e conta per me è essere coerente con la mia natura. Mi piace variare le esperienze e così non sono rimasto rigidamente legato ad un certo schema mentale. Ogni sollecitazione di corrente mi ha incuriosito e mi ha spinto a capire e a fare. Ho esposto moltissimo, sia in Italia che all’estero. Nei paesi stranieri sono stato appoggiato dalle istituzioni pubbliche, quali gli Istituti italiani di cultura, oppure ho potuto farmi conoscere per merito dei mercanti. Ho dipinto in esclusiva per importanti organizzazioni tra cui mi piace ricordare: a Busto Arsizio l’Italiana Arte e l’Arte Idea. Non sono diventato ricco, devo sempre scontrarmi con la dura realtà che ha le sue esigenze: comunque sono contento di essere stato pittore di professione e di aver degnamente provveduto, con la mia arte, alla mia famiglia. Arrivederci.

lunedì 8 febbraio 2010

CONTINUA ALLA BNL GRUPPO BNP PARIBAS DI LEGNANO LA MOSTRA DEI “PRODIGIOSI DISEGNI DELL’INFANZIA”





ESPERIENZE D’INFANZIA

Fin dalla prima infanzia, naturale, spontanea è stata la capacità di osservare il mondo intorno a me. Ancora più naturale è stata l’esigenza di fermare il ricordo e l’emozione che le immagini di vita mi davano. Nessuno mi ha insegnato niente e debbo a questo proposito negare l’affermazione della psicanalisi che afferma: “osservando il lavoro di altri (nel mio caso il nonno materno) il bambino impara a disegnare!” Io rappresentavo con il gesso dei muratori per terra le immagini di un mondo in via di scomparsa definitiva. Cavalli, carretti, asini, muli, contadini ed operai. Tutto ciò si fondeva nel libero gioco delle nuvole che allora biancheggiavano e rallegravano il cielo di Legnano. Vivevo fuori dalla città, in fondo a Via Carlo Porta, circondata dai campi, ancora lavorati dai contadini: ne vedevo l’aratura a mano con cavalli, la semina e la raccolta del grano falciato a mano assieme a fiori azzurri e rossi, fiordalisi e papaveri. Aiutavo i contadini a togliere i sassi dal terreno, che venivano portati via su un carro trainato da un bell’animale: il cavallo. All’ingresso delle casa popolari vi era uno spazio di cemento di fronte al cancello di legno. Su quel cemento ho disegnato cavalli con o senza ali e tutto il mondo che mi colpiva e volevo ricordare. Persone, che poi ho saputo in seguito erano amanti dell’arte, si fermavano a guardarmi mentre disegnavo e molti si complimentavano con me. Avevo circa tre anni ed avevo imparato a stare in piedi da solo, senza l’aiuto della mamma. Infatti, mio padre, per ragioni sue, aveva lasciato la famiglia per fare il milite fascista e mia madre si era trovata nella necessità di provvedere da sola alla famiglia. Dovendo lavorare, non poteva badare a me che vivevo quasi allo stato brado in mezzo ai figli di operai ospiti delle case popolari. Allora c’era la guerra e le preoccupazioni delle persone comuni erano legate alla ricerca del pane quotidiano, del vestirsi e sopravvivere. Comunque ce l’ho fatta e tra una sinusite e un mal d’orecchi, sono riuscito a crescere magro ma pieno di vita. Più tardi, frequentando la scuola, fui ammesso fra i figli di persone agiate, che si divertivano nel vedermi disegnare. Fu in queste occasioni che conobbi una coppia di gemelli il cui padre mi ricordo faceva diversi viaggi a S.Moritz in Svizzera. Mi portavano con loro e durante il viaggio felici cantavamo

LEGNANO, COM'ERA VIA CARLO PORTA NELLA MIA INFANZIA



LA STRADA DI VIA CARLO PORTA 56

Via C .Porta venne asfaltata solo dopo la fine della guerra. Prima era uno sterrato con polvere bianca. Bastava un acquazzone e si formavano ai miei occhi fiumi, torrenti, cascatelle e laghi. I bordi della strada divenivano torrenti limacciosi con marezzature vorticose che aggredivano l’ostacolo, in parte e lo superavano scivolando sopra e poi ricadendo come cascate mentre il resto della corrente girava intorno ad esso e si riuniva al flusso principale innalzando onde di barriera che correvano parallele fino a sfociare in un lago ricco di acque e dal corso più placido. Un tuono ed un altro ancora e la pioggia si faceva più fitta e d’estate assieme ad essa gli angeli del cielo bombardavano i peccati dell’uomo con mitragliate di porfidi di ghiaccio, piccoli, medi ed anche grossi come ovetti di colombo. I bambini di via C. Porta, vestiti con le sole mutande, sguazzavano felici in mezzo al fango e facevano barriere con i loro corpi alla violenza del fiume che aveva invaso la strada. Bastava un poco di luce tra le nubi e l’acqua smetteva di cadere. Il fiume defluiva nei tombini che ribollivano e gorgogliavano. Alcuni rivoli larghi una decina di centimetri continuavano imperterriti a scorrere modellando come demiurghi forme strane che assomigliavano a quanto piaceva immaginare alla nostra fantasia. Con un bastoncino, un gambo di fiore spontaneo od una foglia si dava forma alla terra molle e simile a creta. Le cascate divenivano più alte e le acque rombavano cadendo in giù. Io amavo i laghi e con le mani formavo delle recinzioni in maniera da formare argini e fermare la corsa dell’acqua. Qualche altro bimbo creava con le pagine dei quaderni di scuola barchette di carta e di corsa le ponevamo in gara all’inizio del fiume che iniziava a discendere verso l’incrocio di via S. Francesco d’Assisi. Vinceva il proprietario della barca che riusciva ad evitare gli ingorghi ed i risucchi nei tombini ed arrivava veloce fino al mare dell’incrocio. Io non ho mai vinto, ma aspettavo con gioia i temporali e quelle saette e quei lampi e quei tuoni come il PEANA di noi poveri e felici bambini. L’estate ci portava lontano nei prati e tra i boschetti. Qui si costruivano capanne da offrire alle fanciulle che ne approfittavano volentieri, scegliendo a capriccio il compagno del momento, tra l’invidia generale degli esclusi, poco pazienti e piuttosto lamentosi. Inventavano allora vipere comparse all’improvviso, rospi e rane inesistenti per poi infilarsi a rompere l’idillio agreste. L’estate era il tempo dei giochi con le carte all’ombra delle case o delle robinie. L’estate era il tempo delle sfide a chi avesse più coraggio e maggiore abilità: salire sui piloni della corrente elettrica ben oltre il permesso, oltre il fil di ferro spinato messo a segnare il valico oltre il quale si veniva folgorati. La sfida a chi sapeva tuffarsi nell’Olona, già nera ed inquinata, anche se topi e rane o rospi ce ne erano ancora. Saltare il filo spinato che i contadini mettevano a protezione dei loro alberelli da frutto ed io ci sono cascato proprio addosso al nodo ferrato e mi sono lacerato per bene dietro il ginocchio, ferita dolorosa che non guariva mai e mi ha lasciato una evidente cicatrice. L’uso di ragnatele come coadiuvante non serviva a nulla. Si facevano anche gare meno pericolose: a chi “defecasse” più in fretta e ne facesse di più; a chi “pisciasse” più in alto, più lontano e più in quantità; a chi “sputasse” di più e più lontano. Le più grasse risate ed il divertimento più travolgente stava in cantina, dove c’erano i lavatoi in pietra grezza e quasi mai frequentati dalle mamme e dalle nonne. Riuscivamo a farci donare pezzi di camera d’aria delle biciclette. Quindi si infilavano nel rubinetto e facevamo entrare l’acqua a tutta forza, chiudendo la fine del budello stesso. L’acqua penetrava potente ed allargava la gomma dando l’impressione di gonfiare un enorme pallone bislungo. Più delle volte, la gomma scoppiava allagando tutto l’ambiente ed infradiciandoci tutti. Altre volte, più fortunatamente, si riusciva a staccare il gommone ripieno tenendolo ben stretto fra le mani e si correva così in cortile a cercare innocenti sui quali rovesciare la bomba d’acqua. Finiva tutto in risate, nessuno si lamentava tranne le mamme e le nonne. Un divertimento da competizione era l’“aquilone”. Tutti eravamo super maestri, la nostra manualità era pari alla voglia di giochi e di divertimento. La gara consisteva nel costruire con leggerissime bacchette di legno, ma anche con quelle degli ombrelli, più o meno regalati, aquiloni semplici ma dotatissimi di frange e balzelloni colorati. Chi aveva la coda più lunga e riusciva a lanciarlo più in alto vinceva. Seguivano poi corse notturne con scontro di crani e visione accurata di stelle vere oppure racconti di fantasia. Si parlava anche di un’arma segreta per far precipitare gli aeroplani, fermando loro il motore: bastava riempire una tinozza di zinco con l’acqua e poi aspettare che passasse qualche aeroplano. Questo sarebbe dovuto, secondo magia, precipitare ma fu sempre una grossa disillusione. Gli aeroplani continuavano nel loro lento, monotono volo finché il brusio del loro motore non si perdeva. L’atto di maggiore coraggio era costituito dall’inseguire i traballanti camion, specie quelli che portavano uno svolazzante tendone e cercare di salirvi. Un poveretto però non ce la fece e fu travolto dalle ruote. Il mese di agosto era troppo caldo e ci riduceva all’ombra seduti a giocare con le noci di pesca: cinque noci che venivano lanciate in aria e dovevano essere prese al volo, partendo dal lancio di una sola da riacciuffare contemporaneamente ad un’altra appoggiata sul pavimento, poi due, tre ed infine quattro. Vinceva chi riusciva a raccoglierle al volo tutte e cinque. Per i freschi organismi di allora erano solo quisquilie. Alla mattina, meno calda, si effettuavano tutti i giochi da cortile: salto alla corda in tutte le varianti e giochi saltellando entro quadrati numerati segnati per terra oppure “giro-giro tondo ed infine “ moscacieca”. L’autunno portava venti simpatici che facevano mulinelli sulle strade con le rosse foglie cadute: noi le seguivamo e prendevamo più foglie possibili. Man mano che iniziavano le monotone piogge, i giochi si trasferivano sulle scale e la vita viaggiava sempre in allegria. Chi ha la mia età sa che a Legnano la neve incominciava ai primi di novembre e durava spesso fino a marzo. Mamma mia che felicità: spalare la neve, fare palle di neve e bombardare chiunque, costruire con la neve pupazzi sostenuti all’interno da scope e qualche volta ci mettevamo qualche bambino ingenuo che poi non si divertiva più e cominciava a piangere. Proprio dinanzi a casa mia esisteva un campetto un poco elevato che finiva sul Sempione. Si iniziava con una palla di neve e poi la si faceva rotolare nel bianco manto finché raggiungeva ragguardevoli dimensioni, quindi la si faceva precipitare sul Sempione in mezzo al traffico difficile che si veniva a creare. Poi a turno ci si sdraiava con il fondo dei pantaloni in una discesa ed a furia di ritornarci sopra si creava una pista da slitta. E via per tutto il giorno a scivolare seduti o sdraiati.
I più coraggiosi facevano due o più piste lungo la strada in discesa e mantenendo l’equilibrio si buttavano giù fino all’inevitabile caduta, che avveniva abbastanza frequentemente sulla nuca che rimbombava. Eravamo certo protetti o dagli angeli o dal demonio perché, salvo un poco di mal di testa non succedeva niente di grave. Siccome queste piste da slitta o per scivolare le si faceva anche sui marciapiedi e lungo le strade normali e di notte tutto gelava, ecco l’indomani mattina il massimo divertimento a vedere nonne, mamme e papà che piroettavano e con salti alla Fantozzi finivano a gambe all’aria imprecando e maledicendo. Ci si divertiva più per le bestemmie che per i salti acrobatici. Tuttavia, queste persone erano sufficientemente vestite e protette e se la cavavano abbastanza bene. “Sa ta ciapù ta fò un cü insci, fiò d’un can!”.Non ci prendevano mai perché noi eravamo piccoli, magri e molto agili. Altro divertimento “pirla” era quello, dall’alto di una montagnetta, che dava sulla via Carlo Porta, di tirare sulle teste della gente palle da neve dove alcuni degenerati, delinquenziali, infilavano bei sassi all’interno. Qui erano bestemmioni e tentativi di vero linciaggio, sempre a vuoto per via dell’ elasticità e velocità di fuga. Purtroppo è capitato anche a me di prendere sul cranio un vecchio, distinto e dignitoso: non ha bestemmiato, ha tolto il cappello e si è massaggiato per bene. Mi ha guardato con vero odio, ha fatto la mossa di inseguirmi ma io ero già sparito, pur maledicendo quel gesto che in cuor mio non avrei fatto mai più. Chi fra voi, amici miei, può ricordare la notte incantata, con la neve che scende copiosa con grossi fiocchi lenti, in una strada tutta bianca. Immersa in campi tutti bianchi ascoltando il dolce amico sfrigolare dei fili della luce, coperti di umidità, mentre il passo penetra nella candida massa stesa ai tuoi piedi, dinanzi a te quale amico silenzioso e servizievole che ti accarezza i piedi con un dolcissimo “sgnau, snau” della neve che vien compressa dal tuo peso? Se poi con te c’è anche tuo padre che ti accompagna al cinema Italia a vedere STANLIO E ONLIO zingari? E quando riesci dalla sala tiepida del cinema e rivedi il fresco bianco che ti si offre nella sua immacolatezza steso su un mondo tutto tuo e così vasto da non finire mai? Caro amico, ti ricordi l’immenso piacere di rovesciarti nella neve, alta fino a farti coprire, o correre a fatica alzando spruzzi e giocare con essi? Hai voglia che la nonna si sgolasse a chiamare il tuo nome.“Pier Andrea vieni a casa che sei tutto bagnato!”ed io rispondevo: “ma va là che la neve è asciutta”. E la neve durava e durava e passava anche dicembre e gennaio e febbraio finché arrivava marzo. Allora ansioso incominciavo a scrutare i prati che perdevano a tratti sempre maggiori il loro manto bianco, finché spuntava un’erba intensa, piuttosto scura e poi ecco apparire i primi fiori. Dopo qualche giorno riapparivano anche gli uccellini, soffiava il venticello, le nuvole facevano caroselli di fantasia e noi correvamo per i prati con i nostri aquiloni, con qualche cagnolino amato ed amico sincero. Allora avevamo completamente dimenticato il gelo della notte:i fiori di ghiaccio disegnati sulle finestre e le lenzuola dure come il baccalà sotto le quali si faceva la conta per veder chi per primo si dovesse sacrificare ad infilarsi per scaldare il posto agli altri. Tutti quanti facevano il baro affinché fosse un altro a prendere il nostro posto, anche se c’era il “prete” con i carboni ardenti che ci aspettava.

mercoledì 3 febbraio 2010

CAVALIERE DISPERATO



Cerca aiuti anche tra gli ebrei e la loro polizia segreta perché si sente ormai braccato. Nel 1944, con i tedeschi feroci ed incarogniti, che fanno in coppia ispezioni sui treni, vengono azzittiti e spaventati dal fantasma di una donna onesta, in cinta di otto mesi, ed estremamente piccola e fragile che sottrae alla violenza teutonica una ragazza ebrea. Anzi dimenticavo i soldati non erano due ma solo uno, cosa assai strana! La madre è morta e la ragazza tedesca non è nota. Pare una invenzione per dare fiducia al premier italiano che lo stato ebraico è pronto a difenderlo. Di fatto l’accusa di essere un grande mafioso lo tallona e pare che tutti gli stratagemmi inventati e proposti dai suoi consiglieri debbano fallire. Berlusconi sarà processato e condannato per mafia e la cosa lo disturba a morte. C’è da attendersi di tutto da un uomo disperato: anche un colpo di stato militare! Le affermazioni fatte al parlamento ebraico convincono poco e danno l’idea di una nuova invenzione per acquisire meriti, grazie alla mamma morta.
Spero di sbagliarmi ma questa è l’impressione che ne ho tratto.