Il
mito del laureato tormentava la mia famiglia; il loro idolo era mia sorella di
tre anni maggiore di me. Tutta la sua vita trascorreva sui libri scolastici e
dominava tutta la casa perché mandava tutto a memoria studiando a voce alta e
mi relegava a leggere in silenzio nel gabinetto. Va da se che già io non avevo
voglia di studiare e per di più dovevo
fare tutto in silenzio. Il liceo scientifico era una scuola che i miei mi avevano
imposto senza chiedere il mio parere ma ingannandomi dicendo che in quest’ordine
di studi potevo dare sfogo alla mia passione per il disegno. Il mio rendimento
scolastico era modesto rispetto ai bei
voti di mia sorella che le permettevano di avere borse di studio ed altre forme
di aiuto economico. Invece io disegnavo e non mi curavo di tutti gli elogi che
la famiglia faceva alla sorella. Nel mio caso
ricevevo complimenti dal preside del Liceo Arnaldo Povoli che aveva una
particolare simpatia per i miei disegni affermando
che bisognava avere altri interessi oltre
agli studi e diede ordine di adibire le classi a locali per ospitare le mie opere. Particolare curioso il fatto
che l’allora liceo scientifico era
ospitato nei corridoi (dell’attuale Dell’Acqua) salendo le scale a sinistra per
poi sfociare nei gabinetti. Durante la
mostra non ho avuto gratificazioni dalla
famiglia. Ho venduto qualche quadro e ricevuto
i complimenti per i disegni. In questa mostra ho venduto una grande piazza San Magno
di cm. 70x100.
La mostra si ripetè per tre anni. Povoli è stato l’iniziatore della mia carriera
di artista, tuttavia la mia famiglia fu
del tutto insensibile a questo successo e continuo’ a tormentarmi perché mia
sorella era la prima della classe mentre io ero un fannullone ben lontano dal
meritare borse di studio. La famiglia pretendeva che anche il sottoscritto
ricevesse borse di studio invece di pensare alla pittura ed al disegno. Per chi
ha studiato chimica e matematica sempre ad alto livello conosce le difficoltà
ben diverse dalla letteratura (la sorella frequentava il liceo classico) e
continuando ad insultarmi invece di capire che io ero destinato alla pittura mi
portarono all’esaurimento nervoso. Riuscito a mala pena a diplomarmi i miei
insistevano perché frequentassi l’università negandomi il diritto
di poter scegliere! Poiché ero
già abbastanza noto come pittore fui assunto da una ditta di Legnano. Il titolare dell’azienda mi prese a ben volere e mi portava con se ovunque,
anche alla borsa valori anche se io ne ero a digiuno e mi affidò l’incarico
della pubblicità, compreso l’allestimento delle mostre dei suoi macchinari, da Bolzano a Milano e mio era il compito di
invitare la illustre clientela. Per la
ditta studiai centinaia di marchi, non andavano mai bene ma davo comunque sfogo all’arte e alla fantasia. Guadagnavo
bene, anche tre volte di più di mio padre. Insomma troppe erano le mie mansioni ma ero
diventato un qualcuno. Venne l’ora del
militare e si dimenticarono di me. Allora non c’era l’obbligo di conservare il
posto di lavoro per il militare e dopo due anni mi ritrovai a cercare lavoro.
Fui assunto dalla ditta Bassetti e lavorai con essa fin dopo il matrimonio con
Marisa. I miei genitori non mi dettero una lira e dissero a mia moglie che mi
avevano comperato un’auto sportiva. Era una bugia ma me la cavai lo stesso e dopo
qualche tempo fu mia moglie che accettò tutti i rischi e mi spinse a divenire
pittore a tempo pieno. Se oggi ho un nome lo devo tutto a mia moglie! La mania della mia
famiglia d’origine per la laurea ha prodotto invece un disastro per mia
sorella: invaghitasi di uno spaccone violento, dopo qualche anno di matrimonio,
venne lasciata con un figlio molto
difficile. Se devo fare la morale, direi che i genitori non devono spingere una
donna verso un uomo negativo, anche se diceva di essere un ufficiale dell’esercito ed
un professore. Meglio una persona modesta che voglia bene alla famiglia e si
prodighi per essa. I primi anni di vita li ho passati alle case popolari di
Legnano ma poiché mio padre ha abbandonato la famiglia per diventare milite,
dovendo la moglie seguire il marito dove questo decideva di fissare la dimora,
mia madre si trovava in grande miseria e lavorò prima alla Cantoni e poi all’esattoria
comunale, io e mia sorella siamo stati affidati al nonno Pietro Paretti,
bottaio con sede ad Intra e dal nonno disegnavo con la penna d’oca tutto
quello che pensavo e soprattutto il carretto di mio nonno. Non so precisare
quanti anni avevo ma certamente avevo due o tre anni. Poi ritornai a Legnano ma
anche qui non so precisare l’età, sempre molto giovane e mi ricordo che andavo
con mia madre ad aspettare l’uscita dalla scuola della sorella: facendo dei
calcoli elementari, poiché mia sorella aveva
sei anni, io ne avevo tre.
Già allora disegnavo ma le persone di
una volta non sapevano valutare i disegni di un bambino. Sicuramente più tardi
disegnavo con un impegno maggiore ma finivano tutti nella stufa perché la nonna
poveretta non dava importanza al disegno. Ho conservato comunque crescendo
molti disegni che nascondevo, certamente prima di andare a scuola e poi dopo.