sabato 30 giugno 2007

PSICOLOGIA – COME RICONOSCERE UN BAMBINO ARTISTA


La descrizione letteraria dei bambini prodigio divenuti poi geni particolarmente versati nella matematica o nella scienza sono a mio avviso devianti. Assistendo alla descrizioni di alcuni di essi, pare di trovarci di fronte a bambini autistici con particolari qualità (per lo più conto matematico). Sempre la letteratura e la cinematografia ci presentano poi dei geni in età matura più simili a schizofrenici. Così anche per l’arte. Pensiamo a Vincent Van Gogh. Desidero invece riportare a terra, con i piedi ben piazzati sulla terra, quei personaggi che secondo me hanno qualità particolari e si differenziano per valore dalla massa delle persone. Va da se che gli interessi di queste persone vanno ben al di la della vita quotidiana di ogni onesto lavoratore. Chiedo scusa a chi legge e mi può considerare esagerato, se non bugiardo, se, per parlare e descrivere di un bambino prodigio, faccio riferimento alla mia persona. Giudicatemi male ma leggetemi, per favore! Non ho mai avuto il conforto della mamma e non ho mai avuto giocattoli. Tuttavia ho sempre amato la vita, tutta l’umanità, la natura e gli animali. Cercherò di essere essenziale e cercherò di dare riferimenti chiari in maniera che tutti possano fare riferimento alle proprie esperienze.
Curiosità! È l’elemento primo che muove tutti gli interessi del piccolo. (età riferita due, tre anni).
Volontà, esigenza di capire e quindi porre domande nei limite del possibile.
Desiderio di conservare l’esperienza visiva e quindi desiderio di fissarla come disegno. Allora, primi anni quaranta, esisteva ben poco, rispetto ad ora. Tuttavia un pezzo di gesso da muratore mi permetteva di tracciare sul cemento o sull’asfalto quanto vedevo o desideravo possedere. Pochi ormai conoscono la carta ruvida per uso alimentare: blu o gialla, quella era la carta su cui disegnavo con la penna d’oca e l’inchiostro: cavalli e quant’altro. Andava bene anche la matita grossa del nonno falegname. Mai posseduti pastelli, nemmeno alle scuole superiori. Quindi ho sempre usato il bianco e il nero. Ho sempre sorriso a chiunque ed ho sempre desiderato giocattoli mai posseduti. Capivo la vita che si svolgeva di fronte a me e stavo attento ai discorsi degli adulti cercando di imparare concetti e parole. Mi sono immensamente divertito ad osservare il lavoro da falegname del nonno e ho imparato quasi tutte le sue tecniche di lavoro – colla, pialla, seghe, botti, strumenti musicali e quant’altro. Ho sempre amato la compagnia degli altri e non ho mai invidiato nessuno, anche se certi giocattolini mi sono rimasti nell’anima. Ho amato profondamente gli animali e parlavo come S. Francesco a loro in particolare ai cavalli e agli asini. Ero e sono ancora molto sensibile. Soffro con gli altri specialmente per i più deboli ed ho sempre avuto grande “empatia”. La mia sensibilità era tale, che le persone normali, compreso la maestra, mi consideravano quasi un andicappato. A causa della mia enorme sensibilità, ero estremamente timido e questo fatto mi ha procurato l’incomprensione del mondo circostante. Sono stato sempre maltrattato e picchiato dai compagni arroganti e prevaricatori. Tuttavia ho sempre perdonato loro ed ho sempre cercato la loro compagnia. Non sono mai stato capito ed accettato dagli altri ed in particolare dai genitori. Mio padre è sempre stato feroce nei miei confronti e mia madre bugiarda: non le mai creduto dai tre anni in poi. Diffidare totalmente di quei bambini saputelli, arroganti, esuberanti che mostrano coraggio e capacità fisica per darne continuo saggio al fine di prevaricare. Un bambino arrogante e saputello, violento e superuomo sarà solo un futuro delinquente!
PSICOLOGIA: per una società migliore. L’intervento oneroso e quasi del tutto inutile della psicologia deve essere limitato solo a quei casi di autismo e ritardo mentale per evitare una futura schizofrenia e violenza sociale. Non già lo psicologo ma il neuropsichiatria è richiesto. Per prevenire la nascita di soggetti difettosi e pericolosi bisogna che si instauri una rigida procedura psichiatrica per i futuri genitori, perché solo loro sono la causa dei mali dei figli. Contro i comunisti e contro la dottrina della Chiesa, si dovrebbero instaurare come obbligo sociale lo studio della genetica, causa di ogni bene e di ogni male. Non si tratta di impedire il matrimonio, ma di avvisare che uno dei genitori od entrambi sono portatori di geni malati. Ciò allo scopo di ridurre il disagio sociale, che grava su tutta la società. Non si tratta di eugenetica di tipo razzista, ma di sana prevenzione. Guarda caso i nemici della genetica sono proprio gli psicologi i quali evidentemente pensano che venga meno loro prestigio e guadagni. Non solo sarebbe utile per la salute della mente ma anche per il corpo. Quindi curare ed educare i genitori piuttosto che i figli. Evitare poi la concorrenza fra i figli per meritarsi la palma del più bravo. Non aiutare le famiglie più numerose, ma le famiglie con i figli migliori e più utili alla società del futuro. Obbligare i genitori ed i parenti tutti alla vera solidarietà. Oggi vincono solo i più ricchi e non i migliori. Quello che conta è la genetica e solo la genetica. L’uomo del futuro può essere bianco, giallo e nero purché bravo, onesto e mai furbo.EXTRAPOLAZIONE CONCLUSIVE da I PROBLEMI DELLA PSICOLOGIA di Gorge A. Miller edizioni scientifiche e tecniche Mondatori 1965. LABORATORY DI HARVARD MASSACHUSSETTS INSTITUTE OF TECHNOLOGY. La psicologia praticata attualmente è una branchia della filosofia. Perché in futuro si possa parlare di vera scienza è necessario completare gli studi sul cervello umano ed avere una vasta banca dati per una vastissima casistica. In definitiva è poco più di cento anni che la psicologia ha formulato teorie in base al genio ed alla introspezione di persone particolarmente sensibili. Tuttavia ora non credo che possa assurgere a Scienza, specialmente se chi l’esercita non ha studi approfonditi sulla natura e funzione del cervello. Già ora è più facile individuare le malattie invalidanti del cervello che si traducono in malattia della psiche. Ancora troppo forte è la convinzione che l’educazione da sola possa guarire. Credo che in futuro dovrebbero esistere degli studiosi specializzati in tutti i settori della malattia psichica ed assieme ai farmacologi dovrebbero collaborare per la migliore definizione della malattia e della cura.

mercoledì 27 giugno 2007

I DISEGNI DELL'INFANZIA E DELL'ETA' EVOLUTIVA DI ANDREA VACCARO























































































































































































































































































































































































































I DISEGNI DELL’INFANZIA E DELL’ETA’ EVOLUTIVA DI ANDREA VACCARO

Al di la di ogni considerazione estetica e di straordinaria efficacia, servono a ricordare un periodo storico ben preciso. Anni quaranta ed anni cinquanta. Rappresentano un documento sociologico importante perché nessun fotografo o cineasta ha documentato la vita giornaliera sulla strada di una cittadina lombarda come Legnano. La rappresentazione anche del mondo contadino di un paese dell’estremo sud come la campagna di Scicli sono un altro documento storico. Così come storiche sono le raffigurazioni di cavalli da tiro od asini o personaggi di quel periodo. Preti compresi. Storica è anche l’interpretazione fantastica della natura agli occhi di un bambino di allora. Alcune tavole sono talmente efficaci che ditte molto importanti ne hanno tratto ispirazione per la loro campagna pubblicitaria.Pubblichiamo corrispondenza con la Segreteria Generale – Affari Generali dell’Azienda FIAT.

IO, VACCARO, E GLI PSICOLOGI

IO, VACCARO, E GLI PSICOLOGI


Essi considerano la loro arte “scienza”, ma in realtà è solo filosofia. Si tratta di concetti di pensiero fortemente in contrasto fra loro. Si può far risalire a Cartesio il principio della psicologia moderna: Io penso, quindi esisto!” Il primo errore è quello di valutare in base a statistiche. Errore tipico anche della medicina. Entrambi hanno bisogno di maturare con la ricerca scientifica della genetica e della biofunzionalità del cervello. Gli psicologi rifiutano le conclusioni del medico ricercatore del cervello. Si rifanno a questo semplice ragionamento: se cinquecento bambini non sanno disegnare, non può esserci un bambino che sappia disegnare molto bene. Quindi lo escludono dalla possibilità che sia un “genio” e cercano in aiuti estranei al bambino, come l’aiuto del nonno, del padre, dello zio e di chissà quale altro maestro. Per loro i bambini possono fare solo sgorbi. Ma anche gli adulti sanno fare solo sgorbi ma allora glissano via su un problema importante. C’è chi nasce artista e chi non lo sarà mai. Ho sentito più volte uno psicologo che affermava: “io sono artista ma non so disegnare!” Si rifaceva al concetto moderno di arte, che arte non è ma solo “degenerazione” innalzata ad arte da interventi potenti, in relazioni sociali ed economiche. Siamo al punto ora che nessuno sa più capire chi sia artista e chi nò. Riporto in breve alcune estrapolazioni tratte da “I PROBLEMI DELLA PSICOLOGIA” di George A.Miller – edizioni Scientifiche e tecniche – Edizione Mondadori 1965.
……………”La scienza ha raggiunto notevoli successi solo perché si è mantenuta inflessibilmente pubblica, impersonale, esplicita, simbolica. Resoconti di esperienze private e soggettive, anche se controllate attentamente alla maniera di Wundt, non forniscono le basi per un sicuro accordo”……………
……………”il persistere di tale confusione mentale è dovuto, essi dicevano, alla mancanza di una adeguata conoscenza della fisiologia del cervello”………
……………”i clinici amano credere che molti dei rapporti di previsione usati con tanto successo dai colleghi favorevoli alla statistica hanno questo carattere di superficialità. Voi non potete in verità comprendere una persona chiedendogli di controllare su quali di cinquecento opinioni è d’accordo”…………….
…………….”Per coloro che adottano l’indirizzo statistico, l’ipotesi è stata formulata e modellata molto tempo prima. Nell’esperienza clinica, però, la situazione è molto difficile; l’imprevisto è la regola più che l’eccezione; ogni paziente è unico e non esistono ipotesi ben formulate per la maggior parte delle situazioni bizzarre e patetiche cui un clinico assiste”……………………
…………….”Da un lato persiste, una cieca fiducia nei test obiettivi, psicometrici: una situazione tipo, in cui le risposte di un individuo possono essere registrate con obiettività, valutate e confrontate con norme statistiche prestabilite sui larghi campioni di individui.”…………..
……………”D’altro lato ci si entusiasma di dati non psicometrici: informazioni raccolti da interviste, da inchieste sociali, da rapporti di polizia, da valutazione da parte di medici e di insegnanti, dalla situazione matrimoniale, dal curriculum lavorativo e, specialmente da impressioni soggettive basate sul comportamento esteriore, manierismi, opinioni espresse, e così via”……………..
…………..”l’altra parte sostiene che chi abbia esperienza clinica, intelligenza e sensibilità deve badare personalmente ai dati, interpretarli e giungere a una opinione ponderata su di essi prima di poter fare una previsione sicura”………………
…………….”Secondo la versione del 1911, un bambino medio francese di tre anni doveva essere capace di superare la metà dei seguenti test: indicare il proprio naseo, gli occhi e la bocca; ripetere due cifre semplici; elencare gli oggetti contenuti in una illustrazione; dire il proprio cognome, ripetere una frase di sei sillabe”…………..
……………”a sette anni, il bambino doveva superare metà dei seguenti test: indicare la propria mano destra e l’orecchio sinistro; descrivere un’illustrazione; eseguire tre ordini dati contemporaneamente; calcolare il valore di sei monete, tre delle quali doppie; individuare quattro colori fondamentali e dirne il nome”………….
……………”a quindici anni, il giovanetto doveva invece sapere ripetere sette cifre semplici; trovare tre rime per una parola adatta, in meno di un minuto; ripetere una frase di ventisei sillabe; interpretare il significato di un’illustrazione; capire il senso di un dato di fatto”……………………….
……………..”previsioni meccaniche basate su dati non psicometrici, previsioni personali basate su dati non psicometrici”………………
…………..”gli statistici con buone ragioni, sostengono che un clinico non può tenere in mente allo stesso tempo tutte le informazioni che ha raccolto sul suo paziente; soffermandosi sull’una o sull’altra voce, perché particolarmente significativa, egli distorce l’insieme del quadro. Solo una tavola attuariale o una equazione regressiva possono incorporare tutti i dati e soppesarli in modo appropriato”……………
……………”forse in parte il conflitto potrebbe essere risolto se i clinici come gruppo avessero una migliore comprensione della logica delle probabilità e delle conclusioni statistiche. E’ difficile tuttavia credere che la vera ragione del disaccordo non sia più profonda”………………..
…………….”egli ha le stesse probabilità minime di battere le equazioni che avrebbe di persuadere una banca a tener conto della sua impressione soggettiva circa il suo conto corrente”………………….
……………….”oppure lasciate cadere a caso dell’inchiostro su un foglio di carta, quindi piegate il foglio in modo da ottenere una figura simmetrica. In essa scogerete oggetti comuni e il vostro amico vedrà oggetti diversi dai vostri. Venti anni dopo gli scritti di James Rorshach, si sostenne che le scelte fatte da una persona quando riconosce delle cose in tali macchie riflettono aspetti significativi della personalià; il risultato di queste considerazioni fu il suo famoso test delle macchie d’inchiostro”…………..I veri geni non sono riconosciuti nemmeno dai familiari. Disse CESARE LOMBROSO: “ Agli uomini di genio, durante la loro esistenza, non solo viene negata la gloria (e in tempi lontani veniva negata persino la libertà), ma anche il necessario per vivere. Dopo la morte ottengono a titolo di compenso, monumenti e retorica.

domenica 24 giugno 2007

LA REALTA’ SUPERA LA FANTASIA

Per quanto i limiti della scrittura possano rendere l’atmosfera che regnava nella mia famiglia d’origine, nessuno può immaginare l’inferno, che il ritorno a casa di mio padre ha precipitato nella tragedia. Come io possa essere sopravvissuto ad ogni sorta di angheria e maltrattamento è dovuto, secondo me alla genetica, derivata dal nonno Pietro del Lago Maggiore. Mio padre pretendeva di essere il padrone e signore di ogni pensiero ed atto dei suoi sottoposti, in virtù del fatto che era il capofamiglia. Mia madre, che moralmente era più forte e guadagnava di più rispetto a lui, da buona piemontese aveva il coraggio di opporsi alla violenza fisica e verbale del siciliano legato a leggi tribali che ancora oggi credo esistano. La vita in famiglia era un costante inferno. Tuttavia avevo capito che se desideravo una cosa dovevo dire di non volerla e così sono riuscito ad ingannare la “bestia”.



Recita la scienza……….
“E’ importante che i genitori colgano con sensibilità le difficoltà e gli stati di malessere del proprio bambino………..”
Mio padre mi minacciava di morte in continuazione e mi copriva di tutti gli insulti inimmaginabili. Venivo salvato da violente botte solo grazie al sacrificio della nonna che si aggrappava. Così ho avuto una forte otite bilaterale con fuoriuscita di pus e la riduzione dell’udito.
Recita la scienza……
“La comprensione è fondamentale per ottenere i risultati, i quali non possono essere perseguiti ricorrendo alle maniere forti o punizioni troppo severe.
Nei miei confronti, calci e pugni in testa; minacce di morte e insulti.
“…….l’atmosfera familiare deve essere più equilibrata possibile e consentire al bambino di comunicare con fiducia i suoi problemi………evitare rimproveri immotivati, confusi e soprattutto umilianti…….”
Al solito, da sempre e per sempre a casa mia esistevano calci, pugni, violenze verbali, punizioni ed imposizione a stare zitto! Venivo anche legato alle gambe del tavolo di cucina e dulcis in fundo relegato nel buio totale di una camera chiusa a chiave. Tuttavia mi ero abituato a tutte le minacce di morte e affidavo i miei pensieri ai miei disegni su carta, con commenti e che sottraevo alla distruzione nascondendoli in una valigia di cartone sotto il letto.
Recita la scienza:
“E’ importante valutare quanto il bambino riesca a sviluppare armonicamente la capacità di rappresentare la realtà e le proprie esperienze in modo sempre più sofisticato, attraverso il linguaggio, il gioco, il disegno.”Dovevo nascondere i miei disegni. Dovevo tacere perché davo fastidio a mia sorella, dovevo parlare solo quando ero interrogato. A scuola la maestra si interessava solo di pochi allievi e se ne fregava dei miei disegni, dei miei commenti e delle mie ricerche. Si divertivano solo i compagni che mi ordinavano i disegni dietro compenso di giornaletti e figurine. Nessuno di loro tuttavia ha conservato nemmeno i ritratti. Questo era il mio destino. A tre e quattro anni, il bambino è più attivo con i coetanei e contribuisce al gioco collettivo; sopporta più lunghe separazioni dalla madre. (io praticamente non l’ho mai avuta) Assolve a piccoli compiti che gli vengono affidati…………..Diventa un attento osservatore! Io sono stato un grande osservatore di tutta la realtà della vita sulla strada e per di più disegnavo tutto quello che avevo visto! Al contrario di me, mia sorella apparteneva a quella rara forma di chiusura al mondo per cui questi soggetti si interessano solo ai libri ed allo studio. Sono i primi della classe ma ignorano ciò che succede ai di fuori dei loro limitati interessi. Mia sorella era talmente assorta nello studio, che per strada camminava a testa bassa e finiva per sbattere contro le persiane aperte. Tuttavia lei era il modello ideale di quella famigli piccolo borghese, con un padre caratteriale, violento e compulsivo, tipico della gente della sua terra.
LA SUPERSTIZIONE REGNAVA SOVRANA
Il figlio maledetto…….

Sono nato maschio quindi esisteva la maledizione del nonno siciliano contro di me. Non valeva la pena quindi prestarmi cure, abiti ed attenzioni. Già a sei mesi sono stato sul punto di morire. Mio padre ha preferito abbandonare la famiglia nella miseria! Tutte le cure dovevano essere riservate alla primogenita, che, essendo femmina, era esente dalla maledizione. La nonna materna non accettava la mia sorte e si era presa cura di me. Tuttavia mia madre decise di affidarmi alla “ruota” di un piccolo convento di suore, senza successo. Gesto ripetuto più volte. Sono cresciuto senza affetto dei genitori che hanno sempre sperato in una rapida soluzione della maledizione con la mia morte. Il destino ha voluto il contrario. Io ho lottato per tutta la vita e sono resistito a malattie e sfortuna. La sorella invece è vissuta nella depressione. Il destino si diverte ed è imprevedibile.

Mio padre……………..
Mio padre era uno “sgherro” perfetto. Non sentiva empatia per nessuno, proprio come mio cognato calabrese. Questi diceva fin dall’inizio della storia con mia sorella: “ognuno pensi a risolvere i casi propri!”. Lui non voleva interessarsi del futuro della famiglia: era feroce ed aveva un cane lupo che portava a letto con la moglie. Voleva sentirsi “padrone e signore”. Aveva un delirio di onnipotenza e si vantava di essere amico dei “capi bastone locali” che lo prendevano sottobraccio e gli facevano fare il giro della piazza. Tutti lo dovevano rispettare ed onorare. Questa era la sua mentalità. Mio padre invece soffriva di grave depressione ed era maniaco della precisione e dell’ordine. Guai a non chiudere bene le porte e finestre. Lui le staccava e toccava poi a me rimetterle in sesto. Ambedue volevano essere considerati “signori e padroni” e tutte due si vantavano di essere fascisti mai pentiti. Tutte e due conoscevano solo la legge della prepotenza, avevano rivoltelle e con timore e sapienza mia madre riusciva ad impedire violenza fatale. Mio padre mi aveva ripudiato, il professore, tanto amato dalla famiglia, si era impadronito anche del mio nome, “Andrea”, visto che io non contavo più nulla. Tuttavia mio padre si accorse di aver commesso un errore nel “ripudiarmi” perché io mi sono sempre dato da fare per convincere anche i suoceri calabresi di mia sorella che il loro figlio avrebbe dovuto risparmiare per suo figlio e la sua famiglia. Il suocero di mia sorella affermava che suo figlio aveva tutto il diritto di spendere e spandere perché la nostra famiglia era una famiglia di bassa lega. Suo figlio poteva aspirare a molto di più e quindi a lui tutto era concesso. Meno male che io vivevo a Padova, altrimenti secondo la logica di quelle brave persone, potevo venir massacrato tranquillamente, con poco rimpianto perché ero il figlio maledetto.

sabato 23 giugno 2007

I DISEGNI DELL'INFANZIA E GLI PSICOLOGI a mio parere...


Oggi c’è il trionfo della psicologia che in realtà non è praticata con l’umiltà necessaria agli scienziati. Non può quindi dirsi scienza in quanto i professionisti di questa “scienza” sono in realtà delle persone che in virtù di una laurea, acquisita in maniera non sempre chiara, praticano una professione a mio avviso solo per facile guadagno e stima sociale. Secondo me, felice di sbagliare, queste persone hanno imparato delle definizioni tecniche ma poi vanno per la via più tranquilla delle proprie convinzioni. Difficilmente sono “geni” e misurano tutto sulla base della loro limitatezza intellettuale. Ad esempio: non sanno riconoscere il “genio” degli altri e pensano che si impari ad essere “geni” solo perché qualcuno ha insegnato strane tecniche per acquisire tale superiorità. Così gli psicologi affermano impunemente che nessuno nasce “genio” ma diviene tale solo grazie all’ambiente familiare ricco di attenzioni e capace di “istruire”. Niente di più falso. Io sono l’esempio vivente di una realtà: vi mostrerò, appena possibile, quali capacità innate avevo come bambino prodigio, attento alla vita che mi circondava e come sapevo rappresentarla. L’ambiente reale nel quale sono vissuto era assolutamente negativo e tutto ciò che ero e che sono è dovuto alla mia genetica, che non significa razza, ma una particolare, involontaria miscellanea di genetica diversa dovuta al caso. Ammesso che gli psicologi abbiano meriti e debbano avere la nostra fiducia, c’è un punto che secondo me presenta vulnerabilità straordinaria: Il disegno dei bambini. Tanto per incominciare questi signori dicono che solo loro possiedono la chiave di interpretazione di questi sgorbi. Poi affermano dell’alto della loro “laurea” che solo loro possono insegnare, come se gli psicologi possedessero la verità scientifica. A mio avviso negli ultimi anni questa loro arroganza è giunta ai massimi livelli ed io sicuro del fatto che da bambino ho sempre disegnato, posso dire che l’interpretazione dei disegni infantili è una libertà che gli psicologi si prendono pontificando come la maga Circe. La massa enorme dell’umanità non sa esprimersi nè con il disegno ne con le parole. Le parole sono la formula più semplice da imparare ma pochi al mondo sanno usare il linguaggio scritto, figuriamoci il disegno! Nessuno sa disegnare perché solo pochissimi al mondo sanno esprimersi con quest’arte. Il disegno dei bambini e delle persone adulte non dotate dalla natura sono solo sgorbi insignificanti. Il guaio maggiore è che il tema è suggerito. Quindi l’interpretazione dei disegni deve essere abolita. La cosa che gli psicologi non sanno fare assolutamente e che invece dovrebbero saper fare è il dialogo con i bambini, saper interpretare il loro modo di comportarsi, la loro emarginazione o la loro arroganza e violenza. Aveva intuito bene il Lombroso, poi bandito. Quello che va studiato è il comportamento e le stimmate: ciò che la genetica ha impresso come “stigmata” nei bambini che poi saranno adulti. Questo è il mio pensiero che troverà l’opposizione della categoria, forte di numero e decisa a conservare i vantaggi che la società ha loro concesso.

venerdì 22 giugno 2007

DIRITTI DEL FANCIULLO

Il 20 novembre 1959, l’Assemblea Generale dell’Onu adottò la dichiarazione dei diritti del fanciullo. Diritti sociali, economici, culturali e politici riconosciuti a tutti i soggetti di età inferiore ai 18 anni. In Italia la Chiesa e la politica non hanno chiarito opportunamente ai genitori questi diritti. Così in casa mia, fino alla morte, i genitori si sono sempre considerati padroni assoluti dei figli, corpo, mente e persino soldi. Anche quando ero maggiorenne ho sempre dovuto lottare per i diritti miei e della mia famiglia. Questa si sentiva padrona di considerare un figlio più meritevole dell’altro. Esigendo prestazioni e trascurando le necessità della mia famiglia. Mia madre, dopo la morte di mio padre, mi negava per punizione diritti di aiuto economico se non addirittura aiuti morali.
“Hai voluto fare il pittore? Allora pedala!” . La Chiesa ha sempre insistito sui diritti dei genitori ad essere amati, sostenuti se non moralmente almeno economicamente. Mai ho sentito che i genitori avevano dei diritti nei confronti dei figli salvo quello di obbligare all’istruzione cattolica e in modo deciso. Una frase che mi è rimasta in testa è che è bene bastonare i figli fino a rompere le ossa perché era meglio entrare in Paradiso con la testa rotta piuttosto che andare all’inferno interi. Non si può affermare che la Chiesa sia liberale o democratica. E i governi????.Questa è una mia opinione.

martedì 19 giugno 2007

ODISSEA IN CERCA DI LAVORO - FINALMENTE PITTORE




Appena congedato dal servizio militare, la famiglia mi considerava un peso, senza futuro e si concentrava solo sul sogno di un meraviglioso matrimonio per mia sorella. Tutti i soldi della famiglia venivano spesi per confezionare un corredo da mille e una notte. Lenzuola e tovaglie di puro lino ricamate a mano in Sicilia. Cuori d’argento per Santa Rita da Cascia e tutto quanto una famiglia piccolo borghese sognava per l’unica figlia considerata la “buona”, la “brava”, la “meritevole”. Io ero mal tollerato. Mi si concedeva di dormire su una brandina in cucina e presto, quasi all’alba mi si dava la sveglia affinché cercassi lavoro. Ancora addormentato infilavo sotto il braccio una grossa cartella piena di disegni e cercavo udienza presso tipografie, ditte e studi di pubblicità. A Legnano quasi negavano anche il minimo giudizio positivo e la frase di rito al congedo era: “ci faremo vivi noi”. Mi rivolsi a Milano. Cercavo nell’elenco telefonico studi di pubblicità, case editrici e peregrinavo con il tram da Baggio fino al Viale Forlanini. Dalle osterie nei pressi di Brera fino a centri di pubbliche relazioni. Case di pubblicità internazionali e piccole entità locali. Mettevo continui avvisi sul corriere della sera e poi rispondevo alle ditte che mi contattavano fino anche a Cesano Boscone. Conobbi anche il famoso Dino Villani, creatore dei concorsi di bellezza femminili in Italia. Tutti facevano complimenti, qualcuno mi assumeva come la Cimbali, Carlo Erba, Simes e tante altre. L’assunzione durava al massimo due mesi e poi venivo licenziato. Ho contribuito a realizzare l’inaugurazione del nuovo stabilimento della Cimbali, ho partecipato per la casa alla premiazione del “Compasso d’oro” tenutosi nei locali sopra il Motta galleria a Milano. Qui vale la pena di ricordare che durante la premiazione, il sig.Cimbali mi ordinò di raggiungere il famoso Pinin Farina per chiedergli di posare per qualche fotografia ricordo ponendo la sua mano sulla prestigiosa macchina da caffè premiata. La risposta del grande personaggio fu questa: “dica al suo padrone che se vuole che io venga a posare la mano sulla Cimbali, venga lui di persona a chiedermelo!.”. Riferii ma l’orgoglio dei grandi impedì di ottenere questo “scoop”.Ho lavorato anche per piccole ditte di ogni tipo finchè un giorno lessi un piccolo avviso sul Corriere della Sera. Una ditta non identificata cercava venditori giovani. Risposi ed iniziò così la mia avventura con la ditta Bassetti. Mi inviarono da subito a Torino per imparare a conoscere la produzione della ditta presso il loro deposito. Quindi mi spedirono in Toscana, Umbria e nel Lazio per una prospezione di negozi anche minimi che trattassero prodotti Bassetti. Mi fecero presso la sede un corso di vendita, quindi mi spedirono a Padova dove mi fecero un altro corso di formazione. Trascorsi almeno sei mesi in tutto il Veneto, Trentino Alto Adige, Friuli ed infine fui incaricato della vendita a Venezia e Padova. Qui conobbi quella ragazza che poi sarebbe diventata mia moglie. Trascorsi sei mesi a Roma al deposito di Piazza Argentina e poi per due anni fui venditore a Milano. Bisogna sapere che l’abitudine delle ditte a servirsi dei giovani venditori capaci dura solo un periodo limitato alla gioventù. Arrivati ai trent’anni vengono di regola licenziati. Così è capitato anche a me, subito dopo il mio matrimonio e la nascita della figlia Barbara. In seguito venni in contatto con una ditta tessile di Pordenone. Mi diedero un incarico per una sotto marca della stessa ditta. Dovevo visitare il Piemonte, la Valle d’Aosta e la Lombardia. Feci un magnifico lavoro, procurai all’azienda molte commissioni. Dimenticavo di dire che per farmi accettare dalla clientela, donavo loro quattro o cinque disegni che la sera prima eseguivo nella stanza d’albergo. Se i destinatari dei miei regali valutassero bene le mie opere mi è impossibile dirlo. Quello che è certo è che ho regalato centinaia e centinaia di disegni. L’azienda non produsse nulla e quindi non consegnò nulla. Giustamente la clientela si rifiutò di ordinare ancora altra merce ed io decisi allora con il consenso di mia moglie di piantarla con il mestieraccio del venditore e finalmente detti sfogo alla mia passione di sempre: la pittura.


FINALMENTE PITTORE

Dal 1959 al dicembre 1970, sono rimasto esule in più città per circa dieci anni, più o meno.
Nel giugno del 1971 rientrai in competizione ufficiale nel mondo dell’arte locale. La cosa dette molto fastidio e preoccupazione a tutto il mondo artistico della zona: mi temevano perché il mio nome era noto fin dalla mia infanzia. Alcune persone pensavano che ormai fossi un vegliardo. Altri ritenevano che io fossi il figlio di quell’Andrea Vaccaro che aveva già stupito per i suoi disegni dell’infanzia. Tutti si unirono per combattermi e fecero ogni sorta di mascalzonate per diffamare la mia opera. Tuttavia ero riuscito a vivere con la pittura e già mietevo successo specialmente a Bergamo. Due quotidiani locali esaltarono le mie opere ed ebbi allora la fortuna di conoscere un critico d’arte, don Lino Lazzari, con il quale sono in amichevoli rapporti ancora oggi. Alla galleria “Simonetta” di Bergamo esposi un nutrito numero di opere a carattere religioso. Molti sacerdoti vennero a visitare la mostra, dove il tema religioso era basato sui “sepolcri imbiancati”. Alcuni di loro mi consigliarono di abbandonare il tema religioso e dipingere nudi femminili, perché questi erano belli come “Madonne”. Sull’Eco di Bergamo, a colori, in prima e terza pagina, apparvero alcuni dipinti di grosso formato a carattere religioso. Da allora entrai in contatto con grosse gallerie d’arte, come l’Italiana Arte di Busto Arsizio, con la quale firmai un contratto in esclusiva. Tuttavia la vita non mi fu facile. Aumentavano di giorno in giorno i miei denigratori e dovetti ricorrere anche ai Carabinieri per fare cessare insulti telefonici diretti a mia moglie.
Di questo periodo conservo alcune foto scattate al Centro Culturale S.Magno, della visita pastorale del Cardinale Martini. Con gli Istituti Italiani di cultura all’estero , esposi in diverse città come: Amsterdam, Stoccolma, Zagabria, Zara, Spalato, Belgrado, Bucarest e la vita continuò tra il bene e il male.
Tra il 1970 e il 2000 feci molte opere grafiche che vennero diffuse in tutta Italia. Ero e sono rimasto un artista di talento ma sempre alla ricerca di un benessere che sfugge. E’ il mio destino.

lunedì 18 giugno 2007

RICORDO DI GIANFRANCO FERRE'

Oggi 18 giugno 2007 ho saputo della morte del famoso stilista Gianfranco Ferrè. Mi ricordo quando agli inizi del 1970 a Legnano, in Corso Garibaldi, di fronte al cinema Volta, mi sono intrattenuto con il vigile urbano Vito Tempesta a parlare con Ferrè. In quel momento nessuno pensava all’enorme successo che avrebbe avuto nel prossimo futuro. Già allora di corporatura robusta, spettinato e a cavallo di una bicicletta da donna mal ridotta, ci siamo salutati ed abbiamo parlato con Vito delle nostre aspirazioni. Gianfranco, che aveva frequentato il mio stesso liceo scientifico statale di Legnano, mi informava delle proposte ricevute per entrare nel campo della moda. Vito è testimone che in quel momento fui vate e veggente e gli dissi: “avrai grande successo perché tutti coloro che lavorano nell’ambito femminile riscuotono grandi consensi”. Gianfranco mi ringraziò per il vaticinio e concluse con un laconico “speriamo”. Alcuni anni più tardi quando aveva raggiunto il successo, mentre io faticavo molto a vivere come pittore, gli scrissi una lettera, ricordandogli la mia profezia. Purtroppo non ebbi mai una risposta. Io ero rimasto un povero pittore e lui un grande della moda. Ora mi dispiace molto per la sua immatura scomparsa

domenica 17 giugno 2007

SCRITTI RITROVATI











Ricordi del nonno

SCRITTI RITROVATI







Ricordo del nonno Pietro

sabato 16 giugno 2007

IL MARITO BELLO

Due donne, mia madre e mia sorella, avevano voluto ad ogni costo sposare un uomo bello, trovandosi poi abbandonate.
Tuttavia esse non avevano lo stesso carattere ed hanno reagito in modo completamente diverso. L’una, mia madre, messa in una condizione di povertà, con due figli, senza lavoro, lontano dalla famiglia, ha saputo reagire in modo splendido, coraggioso ed attivo. Si è data da fare per trovare lavoro in fabbrica, presso il cotonificio Cantoni di Legnano, addetta ai telai come “fabbrichina”. Questo termine dialettale legnanese significava operaia tessile, particolarmente addetta ai telai meccanici.
D’inverno, alle cinque della mattina, facendosi forza l’una con l’altra, queste donne si chiamavano per farsi compagnia e con il ciabattare degli zoccoli di legno, percorrevano più di due chilometri a piedi per entrare in fabbrica, dove erano attese da un rumore infernale dei grandi telai in movimento. Era tanto il rumore che le poverette diventavano ben presto sorde e per parlare gridavano, anche lontano dalla fabbrica, parlando con altre persone. Il loro compito era pericoloso perché spesso dai telai partivano le “navette” come proiettili di grosso calibro ed esse correvano il rischio di essere uccise. Dentro la navetta c’era una grossa spoletta con il filo e due rocchetti per farlo scorrere. Le operaie dovevano fermare la macchina per sostituire il pezzo esaurito. Dovevano controllare che il filo non si ingarbugliasse e dovevano mettere le mani in mezzo ai grossi pettini mossi elettricamente. Spesso qualcuna finiva male: il costante pericolo era la perdita delle mani o delle dita. All’inizio degli anni quaranta quasi non esisteva la tutela dei lavoratori e quindi il sacrificio di queste donne merita di essere ricordato. Allora poche persone sapevano scrivere e far di conto. Parlavano quasi esclusivamente il dialetto locale. Non c’erano immigrati e mia madre parlava la lingua italiana e si trovava in difficoltà a capire certe espressioni dialettali come ad esempio: “’stabasura” che significava oggi pomeriggio. Per fortuna di mia madre, la Banca di Legnano cercava un’impiegata che conoscesse l’italiano e sapesse far di conto e quindi accolse la sua domanda di lavoro presso l’esattoria comunale gestita dalla banca stessa. Tuttavia il lavoro era duro ed ella non poteva contemporaneamente badare anche ai figli. Noi fummo affidati alla nonna di Intra che trascorreva parte del tempo a Legnano e parte in Verbania. Al termine della guerra, mio padre ritornò avventurosamente e di nascosto, trovando perdono ed amore in mia madre, che lo tenne celato sotto il letto per lungo tempo e si diede da fare per impedire rappresaglie partigiane contro di lui fascista. Poi ella fece in modo che lo riassumessero come vigile urbano.

LA SORELLA E LA DELUSIONE DEL MARITO BELLO

Diversamente, mia sorella, laureata, con ottimi voti all’Università statale di Milano, in belle lettere, specializzata in “Sanscrito”, ha reagito in maniera terribile all’abbandono del marito. Diversità genetica? Penso proprio di si anche se gli psicologi continueranno a negare l’importanza della natura. Mia madre proveniva dal Piemonte, al quale il poeta Carducci ha dedicato la famosa poesia “Salve o Piemonte” esaltando la forza di questa terra con aspre montagne e dolci laghi, capace di organizzare la conquista dell’Italia. Il sangue di mia sorella è misto con quello della Sicilia, che praticamente è sempre stata dominata dallo straniero. Anch’io ho sangue misto ma penso di aver ereditato più “geni” dal nonno materno che dal padre siciliano, anche se tuttavia pare che di Andrea Vaccaro ce ne siano stati di famosi a Napoli e persino tra gli ebrei in Romania. Tuttavia la differenza era enorme tra mia madre e mia sorella. Purtroppo, mia sorella, non aveva retto alla delusione ed era precipitata in una depressione maniacale ed ha fatto di tutto per allontanarsi da me e dalla mia famiglia. Mia madre per consolare, a mio avviso, la figlia ha sempre condiviso tutte le sue accuse contro di me. Alla fine, tutte e due aspettavano una svolta nel loro tragico destino con la mia morte, come cartomanti, maghi e streghe avevano loro profetizzato. Certamente, le malattie e l’anzianità avevano sconvolto anche la mente di mia madre, che io stimo comunque una donna forte e coraggiosa.
Credo di aver colto nel segno nell’individuare la differenza di carattere fra mia sorella e me. Io sono stato sempre rimproverato per tutto quello che ho fatto ed ho sempre lottato. Lei non ha mai avuto un solo rimbrotto, solo complimenti, almeno da parte della famiglia. In pratica io mi sono agguerrito contro le avversità. Mia sorella, assolutamente no: perché è sempre stata brava e si aspettava che la vita non la tradisse mai. Quindi alla prima grave difficoltà, è risultata impreparata ed ha considerato l’avvenimento come una grande offesa personale, dato che era sempre stata lodata come la più brava. Mai esagerare con le lodi e mai far salire in cattedra chi non ha provato la durezza della vita.

IL COMPORTAMENTO DI MIA MADRE

Trovandosi una figlia con depressione “post partum” di grave intensità, con un nipotino da accudire, scelse di dedicare tutti i suoi sforzi nell’allevare il piccolo al posto della madre. Onde evitare situazioni spiacevoli per la figlia, cercò di minimizzare l’accaduto con l’aiuto di tutte le persone che frequentavano la casa cercando di riportare la figlia sulla strada della normalità. Naturalmente mia madre escluse dai suoi interessi la mia famiglia. Anzi poiché, per consolare mia sorella, prevedeva che anche la mia unione si sfasciasse al più presto, non fu mai vicino a noi, nemmeno nelle situazioni più difficili. Per accontentare sua figlia criticò sempre ogni nostra azione e la invitava a considerarmi un fallito, un buono a nulla. La cosa che più faceva arrabbiare quelle donne era che tra me e mia moglie correva buona armonia e nonostante tutto allevavamo i figli in maniera più che buona, addirittura ottima. Era per loro un affronto. Mia sorella, nelle rare telefonate affermava: “se ce l’hai fatta tu che sei un ………. . figuriamoci se non ce la fa mio figlio!” In realtà il loro lassismo e la loro accondiscendenza ha fatto si che lui trovasse notevole difficoltà a socializzare ed entrare in contatto con la realtà esterna. Naturalmente gli psicologi dicevano loro che era tutta colpa mia e così mi hanno addossato ogni malvagità. Madre e figlia, già fin dall’inizio del mio matrimonio, avevano meditato di fuggire da Legnano, senza dirci dove sarebbero andate, per evitare qualsiasi contatto con noi. Mi sono accorto della imminente fuga solo per caso. Il mio animo rimase sorpreso ma perdonai tutto e tentai di mantenere comunque buoni rapporti. In quel periodo abitavo a Milano, mi accordai per il pagamento del mutuo e mi fu concesso a malincuore di prendere possesso della casa, pagando tutte le spese di condominio.
Comunque io ho sempre voluto bene alla mia famiglia d’origine e questo mio amore è stato spesso rimproverato da mia moglie. L’unico dispiacere che nutro è che la famiglia, per debolezza di carattere, è vissuta sempre male, preda della follia.
Una delle ultime volte che ho visto mia madre e cioè circa vent’anni fa, con disappunto mi disse con una smorfia: “ma non sei neanche morto!” Perché si aspettava la realizzazione delle profezie degli indovini vari. Mia sorella vive ancora sperando che io muoia.
Con il crollo di tutte le speranze di mia madre che aveva investito tutto sulla fortuna della figlia, tutto il mondo le è caduto in testa. Nonostante tutte le attenzioni verso il nipote, investendo su di lui i risparmi di una vita intera, sottratti totalmente all’aiuto mio e della mia famiglia, tutto è miseramente finito in un mondo di follia.
Purtroppo la famiglia d’origine non pensava affatto che io potessi realizzarmi, sposarmi ed avere una mia famiglia propria. Ricordo una terribile scenata che mia madre mi fece quando le comunicai la mia decisione di sposare Marisa. Probabilmente qualche cartomante aveva detto loro che io sarei stato il loro “AMBROGIO”. Cioè servitore ed autista a basso costo con il compito di figurare da “padre” per mio nipote. Evidentemente il loro disprezzo per i miei diritti era immenso!.
Credo di dover annoverare mia sorella fra i miei nemici più acerrimi.Pensando alla mia famiglia d’origine, mi si stringe il cuore per una pena infinita, perché ignora ogni mio tentativo di comunicare e resta chiusa nel proprio silenzio.

martedì 12 giugno 2007

LA GRAFICA PUBBLICITARIA DEGLI ANNI CINQUANTA, A DIFFERENZA DI QUELLA DI OGGI, ERA FATTA A MANO...






































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































Porto ad esempio alcuni progetti da me realizzati all’epoca, non andati in porto ma fortunatamente sottratti alla distruzione.
Al contrario di oggi, che si usano i computer con tanti programmi all’avanguardia, tutti i bozzetti venivano eseguiti a mano, scritte comprese. Si contavano anche le parole per stabilire lo spazio dei testi.
Ricordo ad esempio di avere progettato duecentoquaranta bozzetti per un marchio di cui solo uno è stato salvato ed il resto finito tutto nel cestino della carta straccia.Quando i bozzetti andavano bene venivano registrati con il nome dello studio grafico e l’autore non veniva mai menzionato.


























































































RISPOSTA A CIRO: Caro amico, oggi lo sviluppo tecnologico ha sostituito il segno umano, che da sempre è “il graffito” della società. Questo accade anche nell’arte ufficiale, presentata come “La grande arte” nelle fondazioni americane o alla Biennale di Venezia: non più la pittura bensì l’uso di strumenti elettronici freddi e impersonali. Io sono invece per il ritorno all’umano in tutto, arte e pubblicità, e perché l’opera sia espressione diretta della manualità dell’artista. La tecnologia ci dà l’opportunità di scambiarci delle idee stando comodamente seduti in poltrona, ma ha anche creato la bomba atomica. Ti ringrazio caramente e ti saluto!