domenica 20 maggio 2007

LA VITA E’ BELLA

Nonostante tutto, non ci si può limitare soltanto a piangere sopra un’infanzia ed una gioventù contrastata.
La vita mi ha riservato soluzioni inedite, simpatiche, se non addirittura comiche. La gente è varia, gli ambienti diversi e le avventure non mancano.
Ostacoli ne ho affrontati a iosa, ma tutto sommato sono felice di essere venuto al mondo, di lottare e di godere quel poco che capita di buono.
Ho maturato la convinzione che bastano cinque minuti felicità per dimenticare una vita disagevole e a volte di dolore.
La vita è bella e vale la pena di combattere per vincere. Nella lotta non ci si accorge che si diventa vecchi: l’importante è guardarsi indietro e ricordare con piacere tutte le lotte sostenute.
Poveri sono coloro che hanno avuto tutto facilmente e nemmeno si ricordano il passato.

sabato 19 maggio 2007

RICORDI, LIBERE RIFLESSIONI, ED ISTANTANEE DELLA VITA QUOTIDIANA DI TEMPI PASSATI


C’era una volta un bravo falegname di nome Pietro, che viveva a Intra sul lago Maggiore. La sua bottega stava sulla strada che dal lungolago, dopo la svolta, corre dritta fino a Trobaso, costringendo il vecchio tramvai ad ansimare per superare la salita e lanciarsi poi verso la bella Premeno, lassù tra le verdi colline.
Fino a qualche tempo fa la si poteva riconoscere ancora per le sue vecchie porte di legno ad ante, apribili a seconda della necessità. Quella era anche la sua abitazione ed è li che sono vissuto per i primi anni della mia vita. Dalla strada, per entrare in casa, si dovevano scendere due alti scalini e poi via, stanza dopo stanza, si arrivava al laboratorio: un vero trionfo di bianchi trucioli di legno dovunque, banconi, morse, scalpelli, sgorbie, raspe, saracchi, seghe, mazzuoli, trivelli, pialle, martelli e quant’altro serviva per il lavoro del nostro Geppetto. Nonno Pietro rimaneva poco tempo con me a lavorare nella sua fabbrica dei sogni. Doveva viaggiare, spingendo il carretto, carico delle sue opere e dei ferri del mestiere, per consegnare il lavoro svolto e per ricercare nuove commissioni. A volte stava lontano parecchi giorni e notti, perché si inoltrava nelle valli vicine, dal Monterosso fino a Domodossola. Il nonno aveva una moglie e quattro figli, tre maschi ed una femmina. Quella donna era mia madre. Mio padre veniva dalla Sicilia, da uno splendido paese barocco dal nome arabo, Scicli, sul fondo di una profonda valle scavata da acque impetuose in tempi lontanissimi.
Che differenza tra le città del lago Maggiore e le bianche piazze e strade assolate di Scicli! Splendide chiese di pietra bianca all’esterno ed all’interno, come del resto bianche erano le case a terrazzo per raccogliere l’acqua piovana, così necessaria in paesi piuttosto aridi. Curioso il fatto che i Siciliani tengono ancora oggi una anguilla viva nel serbatoio d’acqua per purificarla e renderla potabile. Mio padre era l’unico figlio di contadini senza terra, senza casa e senza pane, come molti all’inizio del secolo scorso. Suo padre era andato con la nave come emigrante in cerca di fortuna in Argentina. La nonna Carmela ed Ignazio, mio padre, allora bambino, venivano ospitati una settimana da un parente ed una settimana dall’altro, dormendo per terra su pagliericci che erano sacchi riempiti di paglia. Appena quattordicenne, mio padre si trasferì insieme a suo zio, guardia carceraria, sulle rive dello lago maggiore. Dopo qualche anno divenne guardia municipale in una piccola località del lago chiamata Feriolo e successivamente a Verbania-Pallanza. Non c’è dubbio che quell’uomo dalla carnagione scura, gli occhi chiari, l’aspetto longilineo con addosso la divisa potesse suscitare fascino ed interesse e mia madre se ne innamorò perdutamente. Si sposarono ed il 21 luglio 1939 io nacqui e fui battezzato con il nome di Pietro e Andrea nella chiesa di S.Leonardo. Iniziava la seconda guerra mondiale. Mio padre si trasferì con la famiglia a Legnano e si arruolò volontario per servire la Patria in guerra, lasciando moglie e due figli senza soldi e senza lavoro. Era un brav’uomo, ma non aveva un carattere dolce ed aveva appreso la disciplina adatta alle guardie carcerarie in epoca fascista. Torniamo ora al laboratorio di nonno Pietro. Quale gioia essere tra i piedi del mastro falegname! Tentare di segare, martellare, raccogliere trucioli da inserire nella stufa e nel camino di casa per accendere il fuoco e poi poter accompagnare il buon vecchio nei suoi piccoli viaggi ad Intra, a consegnare botti, a valutare il vino, a dar consigli, su e giù per le salite accanto al carretto che il nonno spingeva a mano. Quando il nonno era assente, ne sentivo la mancanza e mi consolavo disegnando sui muri e sui marciapiedi con il gesso avanzato dai muratori. La mamma lavorava a Legnano e la nonna mi portava spesso con sé in questa città industriosa, popolata da un’infinità di tute blu, dalle loro biciclette e da tanti grossi cavalli che trainavano carri di legno dalle ruote gigantesche. La mamma abitava alle case popolari di via Carlo Porta n. 56, a circa due chilometri dal centro cittadino, in mezzo a prati coltivati e nei pressi dalla strada provinciale saronnese e del Sempione. Poco distante scorreva l’Olona, già nera e sporca per i rifiuti industriali. Erano due grossi palazzoni che disponevano di cortili interni per far giocare i bambini. Di questi poi ce ne erano una valanga e la compagnia era sempre allegra. Con la nonna andavo a fare la spesa , specialmente al mercato del centro ed i miei occhi avidi si impadronivano di tutto quello che vedevo. Tornato a casa, aspettavo che la nonna ritornasse dalla cooperativa Avanti con qualche foglio di carta gialla ed azzurra e su di essa disegnavo tutto ciò che la mia fantasia mi spingeva ad esprimere. In mancanza di carta, usavo il gesso avanzato dai muratori per disegnare sul cemento del cortile. La carta veniva poi usata per accendere il fuoco nella stufa, oppure veniva bagnata e compressa a palla in maniera che indurendo divenisse buon combustibile per i giorni a venire. A Legnano, il direttore tecnico della manifattura Cantoni era sposato con una nobile signora di Pallanza. La nonna frequentava la sua villa e lì giocavo con Mariolino, piuttosto vivace e birichino. La signora si divertiva a vedermi disegnare e di tanto in tanto mi regalava dei libri d’arte, che arrivavano al marito collezionista. Questi libri avevano le immagini stampate solo su una facciata del foglio e sul retro era bianca: ERA SU QUELLA FACCIATA LIBERA CHE IO DISEGNAVO e così sono giunti fino ai nostri giorni alcuni dei miei disegni.

martedì 1 maggio 2007

MEMORIE DI FAMIGLIA







Queste avventure sono il frutto di una ottima famiglia di assai umili origini che con l’onestà e il lavoro mirava al riscatto sociale.
Per comprendere l’asprezza di alcuni atteggiamenti è opportuno rifarsi al periodo storico influenzato dal fascismo, per il quale l’ordine era stabilito dall’affermazione: “io voglio, posso e comando”.
Per quanto mi sforzi di ricercare nei meandri della memoria, mi è impossibile trovare una sola parola affettuosa da parte della mia famiglia.
Mia madre era ancora più cocciuta ed intransigente di mio padre. Qualunque cosa dicessi non trovava alcun riscontro.
Dopo il mio matrimonio il suo atteggiamento verso la mia famiglia, moglie e figli compresi, fu a dir poco disumano: né aiuti morali, né economici. Non voleva proprio saperne e aveva progettato di andarsene da Legnano senza avvisarmi, in modo da rompere completamente.
Mi fece mancare qualsiasi conforto morale in occasione di gravi disturbi di cui fui affetto come una sordità improvvisa all’orecchio destro e alla fine della sua vita rifiutò di vedermi al suo capezzale di morte.
Mia sorella fin da piccola aveva dimostrato gelosia ed odio verso di me. Solo mio padre confessò sul letto di morte all’allora mia fidanzata di aver sbagliato tutto con me. Probabilmente ero un figlio indesiderato.
Per quanto sembri incredibile, mia madre e mia sorella aspettavano con ansia che io morissi. Difatti qualche fattucchiera o cartomante aveva probabilmente detto loro che al momento della mia morte, mia sorella e suo figlio sarebbero andate negli Stati Uniti dove avrebbero avuto una grande fortuna.
Per ultima cosa ricordo il “ripudio” che mio padre aveva espresso nei miei confronti. “Tu non sei più mio figlio!”.
Possibile che la mia mente possa alterare così sfavorevolmente i miei ricordi verso i genitori?
Eppure mia madre e mia nonna mi difendevano dagli attacchi violenti di papà in occasione delle mie malattie. Lui pensava che fossero solo capricci e quindi andavano puniti con la morte e loro si frapponevano tra noi due.
Qualche bel ricordo ce l’ho anche di lui: un paio di sere d’inverno, mentre cadeva la neve mi ha portato al cinema a gustarmi Stanlio ed Onlio.
Voglio pensare di sbagliare e terrò costantemente vigile la mente con la speranza che qualche bel ricordo riaffiori.
Non credo di essere un santo, tuttavia continuo ad amare la famiglia nonostante tutto.
Qualcuno mi dice che vedo sempre rosa, azzurro ed i colori della felicità.
Sono dunque un pittore daltonico?.
Sotto il letto tengo dall’infanzia una piccola valigia di cartone dentro cui nascondevo foglietti di carta schizzati a penna. Erano lo sfogo proibito di una naturale e forte esigenza al racconto di situazioni familiari e non, situazioni che mi avevano particolarmente colpito.
Era uno sfogo non gradito ai miei e quindi non tollerato. Incomincerò a sfogliarli per ricordare. Alternerò senza un ordine preciso le situazioni che mi verranno in mente a quelle ispirate dai disegni.
Chiedo fin d’ora scusa se il linguaggio da me usato è piuttosto rozzo e volgare. Ha il pregio di corrispondere alla verità della vita assai lontana dalla delicatezza dei romanzi rosa.
Che cosa mi ha aiutato a vivere, lottare e magari vincere? L’amore per il bello, l’arte, le donne ed i motori.
Bruttina, piccolina, gambe esili, denti storti, mia madre aveva una grande arma: il sorriso.
Disprezzava il lavoro del padre, falegname. Disprezzava i fratelli operai. Verso i tredici o quattordici anni aveva avuto la sfortuna di assaporare il benessere e la superiorità sociale dei notai Manni di Verbania. Era solo una impiegatina e voleva evadere dal mondo di lavoro e povertà della famiglia d’origine. Si innamorò di un siciliano e non ascoltò i consigli dei parenti del lago. Quel siciliano aveva un carattere orrendo ma lei dimostrò di avere una testardaggine paurosa e sposò mio padre. Mia madre credeva di poter cambiare il carattere del marito come succedeva nei romanzi rosa. Non c’è dubbio che ne fosse innamorata, anche quando lui decise di arruolarsi nella milizia fascista e la lasciò con due figli e senza lavoro. Accettò la sfida e trovò da lavorare prima come operaia al Cotonificio Cantoni poi, grazie al fatto di saper leggere e scrivere, presso l’esattoria comunale di Legnano. Infatti mio padre aveva trasferito la famiglia nella città lombarda per essere lontano dai parenti del lago.
Mia madre aveva una salute molto cagionevole ma tirò dritto per tutta la guerra.
Dopo il 25 aprile del 1945, papà ritornò a casa dopo ben cinque anni di assenza.
Mia madre si prodigò per farlo riassumere come vigile urbano, benché lui, ex fascista, avesse subito la radiazione dal lavoro.
Ella, con la sua testardaggine, aveva cercato di risparmiare il più possibile privandomi di qualsiasi cosa che non fosse essenziale.
D’accordo con la nonna tentò anche di lasciarmi alle suore di Via Milazzo, che inorridite si rifiutarono.
Tutta la sua vita fu dedicata all’inseguimento di un sogno: fare di sua figlia Giuliana una donna professionalmente superiore e di conseguenza felice. Le cose furono facilitate dal fatto che mia sorella viveva solo per studiare ed aveva ottimi voti. Non era così per me, che ero attratto più dalla vita fuori casa che dai libri e desideravo intraprendere la strada dell’arte come pittore. Una cosa inaudita per quella famiglia piccolo borghese. Nel loro immaginario, i pittori erano degenerati, drogati, scansafatiche e quanto di peggio.
Mia sorella aveva avuto una carriera scolastica eccezionale e si aspettava che la vita premiasse tutti i suoi desideri.
Mentre io, più giovane di tre anni, terminato il liceo scientifico dovetti affrontare il servizio militare a Palermo, preoccupato di trovarmi poi un lavoro, mia madre e mia sorella vivevano forse il più lusinghiero dei successi: professoressa di belle lettere, laureata con lode e la specializzazione in sanscrito. Come insegnante lavorava presso l’istituto per l’avviamento al lavoro “Bernocchi” di Legnano. Qui conobbe un insegnante calabrese che si spacciava per ingegnere ed ex ufficiale di carriera. Mia sorella se ne innamorò e lo volle sposare. Invano io cercavo di avvertire la famiglia che questo individuo era uno spaccone, millantatore, capace solo di sbruffonate. Non era laureato ed era stato cacciato dall’esercito per “crudeltà”.
Tutto quanto già noto a mio padre per via del servizio informativo.
Però la famiglia si ostinava a considerarlo un ottimo partito.
Mio padre dichiarò che io non ero più suo figlio e che suo figlio era invece il professore. Anzi alla maniera siciliana, minacciò di uccidere tutti i membri della famiglia compreso il gatto, se Giuliana non avesse convolato a nozze con quell’individuo. Da parte mia ero convinto che tale matrimonio avesse come conseguenza un tragico fallimento: “ucciderà, farà morire tua figlia” dissi loro del tutto inascoltato. Devo fare una premessa: affinché mia sorella trovasse un marito, mia madre ci costringeva ogni sera a recitare lunghi rosari, tanto che io mi addormentavo. All'epoca il problema di trovar marito per le donne era la principale preoccupazione, come si evince anche dall’articolo “Le preghiere delle donne per trovar marito” di Mitì Vigliero apparso su Libero 24 aprile 2007 pag. 23. Tutto questo fin da bambini. Più avanti ci faceva visitare i Santuari della Lombardia, da Rho a Caravaggio.
Mentre a me negava anche i soldi per la cicca americana, spendeva tutto quanto aveva a disposizione in cuori d’argento da donare in particolare alla Sacra Famiglia.
I miei avevano avuto sempre la mania degli indovini, chiromanti, astrologhi, cartomanti. In quel periodo dilapidarono una fortuna con tutti i ciarlatani sparsi da Milano a Magenta, in compagnia di una studentessa di canto lirico anche lei ossessionata dall’idea che gli indovini indicassero un futuro di successo. Io facevo da autista ed aspettavo che le donne terminassero l’incontro con i ciarlatani.
Nel frattempo colui che sarebbe diventato mio cognato, riempiva mia madre di regali: grandi mazzi di fiori freschi, cioccolatini e tutto ciò che può lusingare le donne.
“Ah, si che lui è un gentiluomo! Giuliana sei proprio fortunata!”.
In realtà il professore lasciava il conto da pagare a mio padre che regolarmente era inseguito dai creditori. Ma tutto ciò non insospettiva la famiglia che continuava a riempirsi la bocca con i conoscenti che mia sorella avrebbe sposato nientemeno che un “professore”. Questa è la conferma di una famiglia onesta ma ingenua che non sapeva distinguere fra sogno e realtà. Lui era semplicemente un incaricato e non di ruolo per insegnare a futuri operai come adoperare gli attrezzi di lavoro, ad esempio una sega meccanica o un cacciavite.
Nel contempo la mia famiglia esultava per il “professore” e mostrava il più assoluto disprezzo per me, che ero considerato un fallito ed ignoravano le mie sofferenze ed angosce. Sono sicuro che se la legge l’avesse concesso mi avrebbero fatto rinchiudere in qualche manicomio come degenerato e disonore della famiglia.
Si arrivò così alle nozze costose e favolose come quelle di una principessa, tutto a carico della mia famiglia poiché il “professore” non aveva il becco di in quattrino. Tutto quello che la fantasia può immaginare fu fatto.
Auto nuove, una dietro l’altra e poi abbandonate, fasti inimmaginabili e dopo nove mesi un bambino.
Questo fu il momento della verità: mio cognato si rifiutò di andare in clinica a vedere il neonato e da quel momento fu la tragedia.
Mia madre riempì di fiori bianchi, a cesti, la camera della clinica e mi obbligò a portare fiori a mia sorella. Non avevo un quattrino perché lei maneggiava anche i miei guadagni.
Da quel momento il professore cercò il trasferimento che gli fu concesso a La Spezia.
Lascio immaginare le lacrime di mia sorella che non si riprese più fino a sfiorare la follia.
Allora non esisteva il divorzio e nemmeno si prospettava la possibilità di una ricomposizione familiare.
Lui si era allontanato dalla famiglia per ragioni di lavoro e si era anche trovato un’amante con cui convivere.
I miei avevano fatto spese pazze per questo matrimonio, compreso l’acquisto di un appartamento. Avevano comperato a caro prezzo il marito a Giuliana ed ora dovevano pagare per evitare che il professore esigesse la patria potestà che ormai consideravano deleteria vista l’inaffidabilità della persona.
A nulla valgono l’oro e l’argento regalato ai santi ed ai preti sotto forma di “cuori” e nemmeno tutte le loro preghiere se non si conosce il mondo che ci circonda. In esso c’è chi è a caccia di prede per necessità oppure per soddisfare una impellente necessità. Le donne sono la fortuna o la sfortuna di una famiglia. Il loro buon senso fa la differenza. Invece esse sognano e credono che i sogni siano la realtà.
Ferita nell’orgoglio, sorpresa dalla realtà, mia sorella sarebbe finita molto male se mia madre non si fosse dedicata esclusivamente a lei cercando di minimizzare. Ciò ha comportato l’esclusione dei miei interessi. Il fatto che l’orgoglio e l’ambizione di una madre, sia frustrato per l’insuccesso del matrimonio della figlia, non giustifica l’atteggiamento negativo nei confronti del figlio.
Io nel frattempo avevo trovato lavoro come viaggiatore per conto della ditta Bassetti ed incominciai a vivere lontano dalla famiglia: fu la mia salvezza.
Mi sposai e la famiglia mi negò qualsiasi sostegno anche economico.
Ciò nonostante per me era incominciata la vera vita, anche se mia madre e mia sorella scaricavano su di me e mia moglie tutto l’odio di donne frustrate.
L’odio più becero non può essere immaginato.
Per negare qualsiasi aiuto al figlio minore, la madre “madonna” ha diffuso la menzogna che il maschio aveva sperperato tutti i soldi della famiglia con donnine allegre e che avrebbe offerto loro pranzi e cene dall’antipasto al dolce. Soggiorni in alberghi lussuosi. Per la cocente delusione madre e figlia sono state ridotte dalla paranoia a mentire spudoratamente.
Una delle cause dell’innamoramento da parte della famiglia di questo sbruffone così detto “ingegnere” stava nel fatto che si presentava come iscritto e sostenitore della fiamma tricolore e si comportava da autentico nazista. Il sottoscritto era considerato di sinistra e quindi politicamente scorretto.
Dopo il battesimo nel quale fui il padrino, le cose precipitarono.
Tuttavia avevo il mio lavoro e la mia famiglia.
Fui in Toscana, a Roma e nel Veneto e a Milano.









ELENCO PROBABILI TITOLI

ODIARE PER VIVERE
COGNATO E MAGHI
RICORDI DI VITA
IL MARITO BELLO E LA MAMMA AMBIZIOSA
L’ERBA VOGLIO NON CRESCE NEANCHE NEL GIARDINO DEL RE
SOLO BASTONE, NIENTE CAROTA
L’INVIDIA DELLE DONNE
IL DIAVOLO CI METTE LA CODA (LA TRAGEDIA DELLA GELOSIA FEMMINILE)
PENSIERINI IN VALIGIA
RICORDI IN VALIGIA
LA VALIGIA DEI RICORDI
UN DIARIO IN VALIGIA
AMOR DI MAMMA
IL PITTORE DALTONICO
LA MAMMA AMBIZIOSA
UNA MAMMA PER BENE
UN FIGLIO DA BUTTARE
UN AMORE FOLLE
FOLLIA D'AMORE
AMORE MALEDETTO
CUORI E ARGENTO
AMORE, AMORE!
UNA CAREZZA NON RICEVUTA DESIDERATA, SOGNATA, MAI AVUTA
UNA CAREZZA POCO ROSA
IL MARITO BELLO
IL MARITO DELLA PROFESSORESSA
IL MARITO PROFESSORE
VIVA LE DONNE















Io, Pier Andrea Vaccaro ho esperimentato con gravi pene cosa significa “la patria potestà”, cioè il potere assoluto della famiglia nei confronti di un figlio.
I genitori non preparati alla vita, presuntuosi e coercitivi, inseguendo i loro ideali sociali e di emancipazione, senza un controllo delle loro azioni ma convinti di agire al meglio e con la totale approvazione della chiesa e dello stato, opprimono, torturano moralmente sia con restrizioni e punizioni, abusando di insulti, castighi e minacce di morte. Per fortuna non tutti i genitori sono come i miei ed io ne ho conosciuti alcuni veramente esemplari, anche tra le classi più umili. I miei hanno agito convinti di fare il mio bene. Mi hanno privato di ogni giocattolo, di qualsiasi soddisfazione, tranne il nutrimento fin troppo abbondante per il periodo storico con costanti minacce di botte ed offese d’ogni genere obbligandomi a mangiare cose a me indigeste e ripugnanti come cipolle, porri, verze che mi costringevano a vomitare. Non hanno mai tenuto in conto la mia fragilità e la mia natura , molto differente da quella di mia sorella, che veniva costantemente elogiata per i bei voti a scuola e perché rimaneva tranquilla in casa a studiare. Veniva anche nutrita con cibi migliori come, quando fu possibile, la parte magra del prosciutto, riservando a me solo la parte grassa. Io desideravo giocare con gli altri bambini del cortile, amavo correre all’ aria aperta, affrontare le sfide tipiche dell’infanzia oppure giocare con qualche giocattolo, pur misero. Mio padre arrivava a legarmi alle gambe del tavolo della cucina per obbligarmi a studiare. La mia natura era portata all’arte ed avrei desiderato seguire questa vocazione sempre contrastata al fine di impormi tipo di studi e poi di lavoro graditi a loro. Pretendevano da me risultati sempre massimi senza concedermi nulla. Una promozione scolastica con la media del sette, veniva ricompensata con calci , offese e scaraventato giù dalle scale. Sono più che certo che la famiglia era convinta di agire per il mio bene ma realmente mi creavano depressione. Io ero combattuto dall’amore per la pittura, che coltivavo quasi di nascosto: testimoni i signori Belloni, nella cui soffitta mi lasciavano dipingere. Verso i sedici anni, vendendo un quadro piuttosto grande, con soggetto la piazza di S.Magno, realizzai una somma di denaro sufficiente all’acquisto di un motorino motom 48 c.c., con il quale feci due incidenti stradali piuttosto gravi. Dovettero ricoverarmi all’ospedale per parecchio tempo. Rimasi indietro nelle lezioni ed in quinta liceo fui bocciato. In questo periodo entrai in depressione e la famiglia non cambiò assolutamente atteggiamento. Inutilmente cercavo di convincere che la mia strada non sarebbe mai stata quella che loro volevano io percorressi: ad ogni mia lamentazione rispondevano deridendomi e facendo insinuazioni lontane dalla realtà: secondo loro la mia depressione era simulata perché ero un mascalzone , lavativo, che non voleva fare niente. Anzi, io avrei dovuto somigliare all’attore James Dean! Mi pareva di essere prigioniero in un cilindro di vetro che mi costringeva ad essere ignorato qualsiasi cosa dicessi. Intorno a me incomprensione e durezza di cuore, mentre continuavano le lodi e gli apprezzamenti per mia sorella. Finalmente riuscii a diplomarmi e cercai subito lavoro, presso la ditta Gianazza di Legnano ma tutti gli stipendi mi venivano sequestrati da mia madre che più avanti negli anni mi accusò di aver scialacquato i soldi di famiglia con le puttane. Andai a militare a Palermo e la famiglia mi negò qualsiasi aiuto economico affermando che l’esercito era padre, madre, nonno e zia e che avrebbe provveduto alle mie necessità. Non fu così e patii la fame. Mi salvai solo facendo ritratti ai commilitoni che mi pagavano mille e cinquecento lire al foglio per cui riuscivo a cenare al ristorante, nei pressi dei quattro cantoni, in centro a Palermo, tutte le volte che riuscivo ad uscire dalla caserma Scianna. La mia depressione era aumentata, anche perché non avevo un futuro dinanzi a me. Ritornato a casa, trovai il mio posto di lavoro occupato da altri e dovetti cercare disperatamente lavoro. Nel frattempo mia sorella si era laureata con ottimi voti alla facoltà di lettere antiche presso l’Università Statale di Milano. I continui complimenti della famiglia per i suoi successi scolastici l’avevano convinta nel profondo della sua anima che oramai la vita dovesse renderla felice, accontentando tutti i suoi desideri come un bellissimo marito che la stimasse ed amasse profondamente. Giuliana non era assolutamente preparata alle delusioni: tutti i suoi desideri dovevano realizzarsi! Si innamorò di uno spaccone calabrese che si spacciava laureato in ingegneria nonché ufficiale di carriera a Pinerolo nella cavalleria meccanizzata e faceva l’insegnante di materie tecniche presso l’istituto tecnico Bernocchi di Legnano. Inutile dire che la mia famiglia ne fu entusiasta. Mia madre ne era innamorata e mio padre così fiero da ripudiarmi come figlio affermando che suo figlio era il fantastico professore. Una caratteristica di costui che non insospettì mai i miei era quella di fare continui omaggi di fiori a mia madre, lasciando da pagare il conto a mio padre. Lo stesso avveniva con l’invito in pizzeria a tutti i suoi conoscenti occasionali, che approfittavano per magiare e bere, lasciando poi il conto da pagare a mio padre. In pratica pagavano tutti suoi capricci compreso automobili che poi toccava a me tentare di vendere per ricavare qualche soldo. Secondo me, questo signore si era fatto vestire da capo ai piedi ed aveva approfittato della ingenuità dei miei. Ho tentato più volte di informare la mia famiglia che questa persona non era adatta per mia sorella e l’avrebbe portata in una situazione di grande malessere ma non mi hanno mai ascoltato. Non prendevano nemmeno le mie difese quando costui diceva che ero un fallito. Solo qualche volta mia sorella tentava di difendermi. Nonostante tutto ciò la famiglia è andata per la sua strada non tenendo conto mai dei miei consigli. Dopo il faraonico matrimonio alla siciliana, incominciarono i guai.. sfociando in un fatto veramente significativo: rifiutarsi di andare a vedere il figlio appena nato tra la disperazione della famiglia ed in particolare di mia sorella, che da quel momento cadde in una profonda crisi depressiva che la accompagna tuttora. Io feci da padrino al battesimo ed i coniugi dopo poco tempo si separarono perché il magico professore abbandonò la famiglia trasferendosi a La Spezia con la scusa che era stato trasferito d’ufficio. I miei pagarono anche il suo allontanamento, regalandogli una Ford Consul, rinunciando anche agli alimenti per il figlio, che del resto quel signore non avrebbe mai pagato. Da quel momento mia madre e mia sorella se la presero con me, odiandomi a morte perché ero maschio e capro espiatorio. Quando mi sposai a Padova con una giovane bella e forte non vollero contribuire alle spese di matrimonio salvo pagare una fattura di qualche modesto importo elencando anche il costo di uno spazzolino per raccogliere i rifiuti. Così vanno le cose del mondo ed io sono convinto che lo stato dovrebbe intervenire con qualche provvedimento per limitare lo strapotere della famiglia, facendo rispettare anche i diritti di quei figli con aspirazioni diverse da quelle dei genitori. Solo mio padre in punto di morte riconobbe di aver sbagliato tutto con me.

Psicologia







Fino ai primi del novecento, si curavano i pazzi con ogni sorta di brutalità. Tuttavia non c’erano evidenti miglioramenti e si incominciò a pensare che la pazzia fosse non già un’aberrazione del cervello ma un uso cattivo del pensiero. Nacque la psicanalisi con l’intento di insegnare il giusto modo di pensare ai disturbati di mente. Si tolse di mezzo il disturbo fisico del cervello e si rinnegò lo scienziato Lombroso. Tuttavia oggi con gli studi sulla genetica ci si rende conto che tutto è biologico, anche la santità e l’empatia con gli altri e la loro sofferenza. (S.Francesco e Madre Teresa di Calcutta)

RAI UNO – SABATO 21 APRILE 2007 – ORE 10.40 – TRASMISSIONE TUTTOBENESSERE.

Tuttavia ascoltando alla televisione gli interventi di alcuni psicologi e frequentando come conoscente uno psicoanalista, ho incominciato ad avere dei dubbi sulla loro reale capacità di capire ed interpretare la realtà. Sinceramente alcune signore mi hanno fortemente impressionato negativamente e mi domando se lo Stato sappia conferire lauree e prestigio oltre che lavoro a persone veramente capaci. Ho una impressione che spero sia del tutto sbagliata che la categoria in esame, così riverita ed ascoltata, sia come i bravi alunni che imparano a memoria per avere ottimi voti e la promozione ma che in pratica nella vita siano piuttosto conformisti e poco informati. Devo subito fare una netta distinzione tra psicologi e psichiatri. Questi ultimi, specie per l’età infantile ed evolutiva complessivamente mi paiono ben informati specie sulla genetica. Non così mi sembrano gli psicologi: sembrano avere imparato la lezione da maestri dell’ottocento e del primo Novecento. Dei progressi scientifici legati alla ricerca genetica pare non siano informati quasi di nulla. Se non è così, sarò felice di essere smentito.
Esistono libri a cura di università americane per cui il genio o qualsiasi altra capacità particolare che fa distinguere la personalità eccellente deriva da una particolare genetica e da un duro e faticoso lavoro. Tuttavia la società basata quasi esclusivamente sul Dio denaro ignora i meriti e continua a premiare coloro che hanno maggiori mezzi e utili conoscenze.

Ed ora vi invito a leggere spero con piacere, la mia vita vissuta.
I NOMI SONO ALTERATI E PER PURA CASUALITA’ POSSONO RASSOMIGLIARE A QUALCHE PERSONAGGIO VISSUTO O VIVENTE. BUONA LETTURA.

Vi racconterò come la vita smentisce autorevoli affermazioni di eminenti psicologi. Secondo loro, a parità di dotazione intellettuale chi parte sfavorito sia economicamente e per inidonea famiglia ed ambiente non può farcela e sarà un perdente.




E’ importante sapere che a Legnano, come in tutto il mondo, il clero si è sempre collocato al servizio dei ricchi e dei potenti. Il clero e la società bene erano alleati contro il popolo. Fiamme dell’inferno, maledizioni e proibizioni ai sacramenti erano le armi dei preti. La popolazione di Legnano nel primo dopoguerra era costituita soprattutto da operai, notoriamente comunisti, ed il clero terrorizzava le donne che erano in grande maggioranza ed incidevano sul voto politico.
Lo scritto che segue esprime bene questi concetti:
Tratto da RITO TRADIZIONE MEMORIA il ciclo della vita a cura di Piero Leone e Carmelitana Audino.
……. L’immenso popolo della terra è irretito, per essere ignaro, analfabeta o quasi com’è sulle insidiose arti con cui gli esecutivi di ogni paese fanno la politica di annebbiamento delle menti della collettività, con l’ovvio intento di mantenerle in stato di rassegnazione, e nella convinzione, propagandata col mezzo delle religioni, che il buon Dio, nel creare il mondo, volle che in esso vi fosse in eterno a coesistere il ricco e il povero. Così il ricco fece codificare per sé il diritto di essere sempre ricco e perciò quello di sempre sfruttare il lavoro di ingenti masse umane e arricchirsi sempre di più, e anche quello di impedire che le masse avessero il diritto di rimuovere uno o l’altro dei suoi privilegi e soprattutto di avere per sé un minimo di esistenza umana e civile.
A mio parere, seppure il saggio si riferisce ad un’area ristretta, i due Autori, per il sapiente modo di esporre gli argomenti, hanno raggiunto per esso un’originale dimensione storiografica.
Ecco degli esempi: 1° “il clero incolto ed arrogante si comportava alla stregua dei baroni, spesso dedito al libertinaggio, generava stuoli di discendenti….” 2° “Non ci si meravigliava molto se fino, in tempo abbastanza recente e posteriormente alla eversione feudalità, i baroni e i loro vassalli, gli affittuari ed i subaffittuari ascesi al rango di “civili” abbiano continuato a pretendere il “servaggio”, cioè le prestazione d’opera gratuite, ed il jus prim noctis, se si apporta ciò al fatto che fino al 1800 il potente Convento di S.Domenico di Soriano, che aveva la signoria feudale su gran parte delle serre, continuasse ad esigere la gabella sulle meretrici per concedere il diritto di transito, con l’aggravante che per aumentare le entrate, si facevano passare per meretrici tutte le donne che passavano per le strade del feudo……..”. 3° “Ecco perchè a partire dal sec. XIX cessa la presenza di un ceto nobile vero e proprio nella nostra regione, mentre si registra una sovrabbondanza di ceti magnatizi, famiglie pseudonobili, ed in tempi più recenti piccolo borghesi…….”. Etc……..

Da tempo vedevo frati, preti e suore frequentare la galleria d’arte, che io visitavo quasi settimanalmente. Un giorno, anzi una mattina, entro in galleria come è mia abitudine.
Il titolare è sceso in cantina in compagnia di persone. Mi attardo a guardare i dipinti esposti fino a quando si apre la porta della scala che porta sotto ed appaiono un prete e due suore in mutande. Hanno legati con lacci e laccioli intorno a tutto il corpo, dalle gambe alle braccia fino al collo, sostanziose mazzette di denaro. Li guardo incuriosito e loro si fermano sorpresi ed impauriti. Appare finalmente il gallerista che si scatena in bestemmioni da competizione: “chi ha lasciato aperta la porta?”. Manca la risposta ma la reazione è pronta. Si butta in ginocchio e costringe tutti quanti, compreso me, a fare lo stesso. Ci obbliga a farci il segno della croce ed inizia un rosarione impressionante con canti, osanna e litanie!.Poi mi guarda negli occhi ed afferma: “cosa si deve fare per i poveri!”. In realtà portavano all’estero i soldi. Valuta pregiata della clientela che si serviva di lui come esportatore. Allora preti, suore e frati passavano indenni le frontiere perché completamente esenti da qualsiasi controllo. Erano veri religiosi o travestiti? Non l’ho mai saputo ma il mio silenzio mi ha salvato.