Definizione: la genetica è quel ramo delle scienze biologiche che studia i problemi dell’eredità, della variazione e dell’evoluzione. CENNI STORICI
Le indagini sperimentali sul modo di trasmissione dei caratteri ereditari attraverso le generazioni e sulla possibilità di variazioni nacquero come un’esigenza conseguente alla formulazione delle teorie evoluzionistiche. Già Darwin si era posto il problema e ne aveva tentato una soluzione (che non si discosta molto dalle antiche teorie, in specie da quella ippocratica) con la sua pangenesi delle gemmule (in The Variation of Animals and Plants under Domestication, 1868). Negli stessi anni G.Mendel, sperimentando sui piselli scopriva le leggi che oggi vanno sotto il suo nome: ma la sua pubblicazione (1866) passò inosservata fino al 1900, anno in cui le leggi vennero riscoperte da tre botanici, indipendentemente: H. De Vries, C.Correns ed von Ttshermak. Sempre negli ultimi decenni del secolo XIX F.Galdon si propose un’indagine sistematica con metodi statistici e sperimentali del problema dell’eredità con particolare riguardo all’uomo e formulò (1889) una teoria molto ingegnosa e che ebbe grande importanza ai suoi tempi, ma che è completamente superata dalla concezione mendeliana. A.Weismann fu il maggiore teorico dell’eredità dell’epoca premendeliana, e molte delle sue speculazioni sono state poi confermate da indagini successive, in particolare la non ereditarietà dei caratteri acquisiti e la struttura meristica o particellare del patrimonio ereditario. Importanti contributi sperimentali furono recati, prima del 1900, o nei primi anni di questo secolo, da due botanici: H. De Vries , che scoprì le mutazioni, e W.Johannsen, che attraverso l’analisi dei fenomeni ereditari nelle linee pure, determinò la parte che spetta all’eredità e quella che spetta all’ambiente nella costituzione dell’organismo. Egli introdusse anche i termini fenotipo e genotipo, nonché il nome gene, che fin da subito entrarono a far parte del linguaggio biologico. Intanto un altro indirizzo di ricerca, la citologia, veniva chiarendo i fenomeni della riproduzione e dello sviluppo in termini di struttura cellulare. E.Strasburger e W.Flemming descrissero i processi di cariocinesi o mitosi, la formazione dei cromosomi e il loro comportamento durante la divisione cellulare (ca. 1880). O.Hertwig e H.Fol (1875-79) osservarono il fenomeno essenziale della fecondazione : penetrazione dello spermio nell’uovo (Fol) e fusione dei pronuclei maschili e femminili (cariogamia, Hertwig). E. Van Beneden (1883-84) riconobbe che i cromosomi dell’uovo derivano per metà dal padre e per metà dalla madre e intuì la necessità della divisione riduttiva o meiosi, che fu poi dimostrata dalle ricerche sue e di altri (specialmente Th. Boveri). Circa negli anni stessi (1884-85) E.Strasburger e O. Hertwig, indipendentemente, giungevano alla conclusione che il nucleo doveva essere il latore dei caratteri ereditari. Tale ipotesi era già stata avanzata da E. Haeckel fin dal 1866. Nel 1900, come si è detto venivano riscoperte le leggi di Mendel. Tosto si riconobbe (W.S. Sutton, 1902) che il mendelismo è interpretabile sulla base dell’ipotesi che i geni siano localizzati nei cromosomi. Le ricerche di Th. H. Morgan e della sua scuola , iniziate nel 1910, recarono la conferma sperimentale di tale ipotesi, e condussero alla scoperta dell’ordine lineare dei geni sui cromosomi. A quest’epoca dato il rapido e rigoglioso sviluppo di questo nuovo ramo della biologia, la scienza dell’eredità di cui W.Bateson nel 1906 propose di dare il nome di genetica. Gli sviluppi più recenti hanno spinto l’analisi fino al livello molecolare con il riconoscimento che l’informazione genetica è scritta sulla molecola filamentosa dell’acido desossiribonucleico (DNA). Anche il problema delle cause dell’evoluzione è stato riproposto in termini genetici e molecolari.Testo tratto da: “La grande enciclopedia medica” “La biblioteca di Repubblica-L’espresso”- 2007 UTET spa.
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