giovedì 22 aprile 2010
PROF. ANGELO VESCOVI- ORDINARIO DI BIOLOGIA CELLULARE
Anni fa mi sono permesso di farle avere in dono due volumi che io considero molto preziosi. Uno si intitolava: “I disegni dell’infanzia” e l’altro: “Artisti si nasce?!. Lo scopo era quello di aiutarla nei suoi studi sul cervello umano. In essi erano raccolti circa seicento disegni della mia infanzia fino all’età evolutiva di dodici e tredici anni. In essi avevo trasfuso quanto era rimasto della mia attività di disegnatore infantile. Speravo in un suo modesto ringraziamento ma non ho ricevuto nulla, nemmeno un “grazie”. Sono nato a Pallanza, Verbania, da una umilissima famiglia il 21 luglio 1939. La famiglia era sicuramente povera e mia madre si era innamorata di un garzone di parrucchiere, mio padre. L’amore vero affronta tutte le difficoltà e mia madre passò oltre al cattivo carattere di mio padre. Egli era siciliano, di Scicli, provincia di Ragusa, ed aveva perso il padre ancora prima di nascere. Erano veramente “sottoproletari” non possedendo nulla e dormivano (madre e figlio) su pagliericci in casa ora di un parente, ora in casa di un altro. Un fratello di sua madre era guardia carceraria trasferitosi a Pallanza (ove tutt’ora vi è un grosso carcere scuola) mio padre esercitò il mestiere di garzone di barbiere finchè non riuscì a divenire guardia comunale. Mancando dell’affetto dei genitori e vivendo in un ambiente molto duro, modificò a tal punto il suo carattere da essere lui stesso un feroce cane da guardia. Non tollerava i suoi parenti acquisiti del lago Maggiore. Fece in modo di staccare mia madre ed i suoi figli (fra cui il minore ero io) e trasferì la famiglia a Legnano. Qui mia madre era spaesata, senza lavoro e senza conoscenze. Tutto ciò non fu sufficiente: mio padre voleva la libertà e piantò la famiglia per entrare nella milizia fascista, lontano da tutti prima a Napoli a poi in Jugoslavia a Spalato. Per la famiglia furono tempi duri anche perché era scoppiata la seconda guerra mondiale. In questo ambiente misero, io disegnavo sulla terra, sulla strada e sui muri con gesso abbandonato dai muratori. Più avanti, la nonna si faceva dare dalla Cooperativa Avanti qualche foglio giallo e blu per avvolgere i cibi. Su queste carte io disegnavo con la penna d’oca e l’inchiostro di mio nonno. Terminato il disegno, veniva bruciato. Più tardi, a sei anni, in prima elementare trovai due compagni che fecero i miei mercanti d’arte. Achille vendeva, in cambio di figurine e giornaletti, i disegni dell’uomo mascherato a cavallo con la pantera ai compagni di classe. L’altro mercante, fratello di Achille, vendeva i disegni addirittura alle scuole medie. Ho eseguito ritratti a tutti e conoscevo a memoria i loro tratti somatici. Purtroppo sono rimasti pochi disegni che io ho pubblicato nei libri a lei donati. Lo scopo era quello di dimostrare che non è l’ambiente che fa l’artista ma la genetica. Tutt’ora aspetto un suo pregevole commento. Ben augurando suo ANDREA VACCARO
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