lunedì 6 agosto 2012
PEPPONE E DON CAMILLO
Guardando questi vecchi film ambientati negli anni 50, ho ritrovato una quasi verità sull’atteggiamento dei preti nei confronti dei progressisti. Gli aggettivi con i quali una vecchia maestra indicava i comunisti erano offensivi come oggi non sarebbero più sopportabili. Un esempio: i comunisti sono ignoranti, analfabeti, stupidi, anticristo, mascalzoni e via di questo passo. All’epoca dei fatti narrati nel film io studiavo al Liceo Scientifico di Legnano. Allora quella scuola era appannaggio solo delle classi più ricche. Miei compagni erano figli di grossi industriali, direttori di grandi aziende come la Franco Tosi, direttori di banca ecc…. Costoro erano tutti contro di me solo perché durante l’ora di filosofia contestavo alcune affermazioni clericali. Ebbene, questi bravi figliuoli mi hanno definito “capo cellula del partito comunista” e i cattolici mi hanno emarginato oltre ad insultarmi come ateo e mascalzone. Il mio dramma personale sta nel fatto che la mia famiglia era fascista ad oltranza e mi massacrava con minacce di morte e quasi tutte le offese che mente umana può immaginare. Secondo loro io ero ateo e comunista e ad un certo punto mi hanno ripudiato togliendomi anche il nome. Devo dire che i miei erano veramente poco istruiti ed appartenevano alla categoria dei “bigotti” schiavi del clero. Secondo la tradizione meridionale (mio padre era siciliano), togliendomi il nome mi condannava alla morte, per fortuna mai eseguita. Il concetto di pater familiae era quello della Chiesa e del fascismo: “Io voglio, posso, comando”.
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