Arte degenerata
Già nel periodo precedente alla seconda guerra mondiale gli intellettuali comunisti negavano all’arte il concetto di estetica. L’unica funzione dell’arte era “l’intenzione operativa” che coincideva con la volontà rivoluzionaria comunista. Tutto contro la società organizzata secondo il concetto di famiglia, patria e religione. Non servivano e non servono qualità artistiche, anzi sono viste come nemiche della rivoluzione. Quindi basta che tre persone: il gallerista, il critico e “l’artista” si accordino e il prodotto viene presentato come grande arte. L’oggetto già pronto, esposto in galleria con la presentazione del “critico” era all’inizio un orinatoio, sporco, recuperato dall’immondizia e firmato con un nome fasullo, divenuto così capolavoro d’arte. Con il vento favorevole si arriva poi alla merda in scatola e ad altre amenità. Perché ciò è possibile? Perché esistono classi sociali ricche ed ignoranti che credono di fare un buon affare comperando queste bestialità e vantarsene. Avete mai parlato con questi collezionisti? Dinanzi ad una tela bianca, bucata o tagliata affermano di commuoversi a tal punto da piangere. Invece davanti ad opere ben dipinte che rappresentino una visione ricca di arte tradizionale confessano di essere schifati. Perché esiste questo fenomeno? Semplicemente perché conta l’imitazione dei più ricchi e chi sono i più ricchi? Naturalmente i collezionisti americani che portano avanti questa degenerazione come il trionfo della civiltà, l’opera dei veri geni che si differenziano dal basso pubblico, stupido, ignorante che rimane legato alla tradizione. Al massimo il mercato dell’arte ti concede una crosta imbrattata. Se anche tu l’apprezzi, automaticamente diventi un intenditore. Altrimenti sei un “obsoleto”, da rifiutare e guardare con disprezzo. Hanno fatto scempio dell’arte! Ora vengono elogiati foto, stampe, video ed altre cose che non centrano per nulla con la tradizione come quel viaggio della ragazza vestita da sposa verso la Palestina, fermato in Turchia dalla morte per strangolamento della protagonista “della performance”. C’è da domandarsi se la madre “dell’artista” e la sua gallerista, che hanno sostenuto questo “avvenimento artistico”, non siano anche corresponsabili della tragica fine della poveretta.
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