VIVE ANCORA ARLECCHINO?-cm.60x50-2008-acrilico su tela
Il bel signore, con tanto di barba e baffi curati come pochi possono vantare, ostentava un grande luminoso anello di diamanti che d’abitudine mostrava alzando ritmicamente il braccio al fine di lisciarsi i baffi. I riflessi di luce di tutto l’arcobaleno garantivano assieme al vestito di classe, doppiopetto con gilet e catenone d’oro legato alla notevole cipolla sita nel taschino, il benessere economico e la classe dell’illustre visitatore. Sceso dalla lussuosa MERCEDES, con tanto d’autista in livrea, si appoggiava ad un bastone d’altri tempi più idoneo a completare l’immagine del suo padrone che non a sorreggere la mole notevole di siffatto personaggio.
Con atteggiamento d’esperto, il distinto signore passava in rassegna le mie opere. Ad un passo dietro di lui, apprezzavo i complimenti boffonchiati tra la barba ed i baffi come se il “signore” si accorgesse per caso d’aver scoperto un ottimo pittore. “Grande disegnatore, non c’è dubbio!” sentenziò questo personaggio ancora sconosciuto ma di sicuro ottimo intenditore. Nel frattempo in galleria erano entrati altri personaggi che si meravigliavano per la bravura di questo ancor giovane talento. Uno scatto d’entusiasmo portò il magnifico intenditore a soffermarsi sulle parole degli altri signori. “È vero: È ANCHE UN GRAN COLORISTA, UNA MANO SVELTA E SICURA! UNA PERSONALITÀ INCONFONDIBILE!”. Si trovarono tutti d’accordo ed io gongolavo dentro di me. “Questa volta faccio affari, vendo tutto” - dicevo tra me e me. Il gran signore si informò dei miei prezzi e commentò: “NON MALE, NON MALE! PERÒ DEVE AUMENTARLI DEL DOPPIO!”. Io rimasi attonito. Che voleva dire questa frase? Non osai fiatare e rimasi in tensione aspettando altre parole. “Le interessa vendere tutta la mostra?” mi domandò con aria sorniona e socchiudendo gli occhi l’illustre sconosciuto. “CERTO, SIGNORE. SONO QUI APPOSTA PER VENDERE, OLTRE CHE A FAR APPREZZARE IL MIO LAVORO!” risposi con commozione. “HA ALTRI QUADRI IN STUDIO?” domandò ancora il gran signore. “QUALCUNO LO DEVO AVERE PER FORZA, MAGARI PIÙ DI UNO; DEVO CONTROLLARE” risposi al colmo della felicità.
“BENE, BENE!” rispose con soddisfazione il gran signore. “PERÒ DOBBIAMO ACCORDARCI!”. Mi guardò dritto negli occhi e si collocò nell’orbita oculare destra il monocolo d’altri tempi. “IO CONOSCO UN GRANDE COLLEZIONISTA CHE POTREBBE COMPERARE TUTTA LA MOSTRA E TANTI ALTRI QUADRI CHE LEI RIUSCISSE A FARE IN BREVE TEMPO”. La mia felicità era al massimo: un’occasione così non mi era mai capitata, forse l’avevo sognata, magari vista rappresentata in qualche film o commedia. Questa era tuttavia realtà. “CERTO, SIGNORE. SONO A SUA COMPLETA DISPOSIZIONE!” affermai con malcelato entusiasmo. “MI DICA COSA DEVO FARE” continuai fiducioso. Il gran signore e gli altri visitatori mi si avvicinarono e mi soffiarono nelle orecchie “NOI LE GARANTIAMO LA VENDITA, LEI GUADAGNERÀ MOLTI SOLDI MA NOI VOGLIAMO LA NOSTRA PERCENTUALE!” detto ciò, il gran signore si fermò in attesa di un mio consenso. “CERTO, SIGNORE. IO LE RICONOSCERÒ TUTTI I SUOI DIRITTI”. La tensione si allentò e con soddisfazione di tutti il signore allungò la mano verso di me in gesto di stima e si presentò: "IO SONO IL MAESTRO..., ANDIAMO A CASA SUA A PERFEZIONARE L’ACCORDO”.
A casa mia, il maestro ed i suoi compagni esaltarono ancora le mie eccezionali qualità. Poi, seduti in poltrona, gustandosi il caffè offerto da Marisa, incominciarono ad istruirmi. “I SUOI PREZZI SONO TROPPO BASSI. UN PITTORE COME LEI DEVE VENDERE AL TRIPLO DI QUELLO CHE CHIEDE. NOI LE CONSIGLIAMO DI RIAPRIRE LA MOSTRA CON QUESTI PREZZI (ed indicò le cifre) E NON DEVE fare sconti di nessun genere; verrÀ un uomo malvestito, dall’aspetto di un operaio straccione. Non gli creda: È in realtÀ un miliardario che vuole speculare sui giovani talenti. Io sono stato incaricato da lui di scoprire questi giovani pittori non ancora celebrati. Solo cosÌ si fanno gli affari! Comperando i quadri di autori validi ma ancora sconosciuti”. Si fermò ad aspettare una mia reazione.
“SONO D’ACCORDO” risposi con entusiasmo. "BENE!” riprese il gran maestro agitando vistosamente l’anello con i brillanti e lisciandosi i baffi. “PERÒ NOI VOGLIAMO IL 50 PER CENTO DELL’AFFARE”. Rimasi un poco perplesso. Guardai negli occhi Marisa, che li abbassò, lasciando a me la decisione. Come quando si sta per morire e nella mente riappare il film della propria vita, tentati di confrontare il passato con il futuro più garantito dal bel guadagno. Avendo due figli piccoli e nessun aiuto da parte di nessuno, decisi di allungare a questi signori una simile mazzetta. Una cifra simile non l’avrei mai sospettata. Eppure, calcoli a mente, si trattava di un bel colpo.“VA BENE! SONO D’ACCORDO!” risposi deciso. “ALLORA VADA SUBITO IN STUDIO E DIPINGA TUTTA LA NOTTE. DIPINGA COME LEI SA FARE. FACCIA PIÙ QUADRI CHE PUÒ”. Si alzarono, salutarono e se ne andarono.
Io e Marisa ci abbracciammo: era la prima volta che la fortuna ci benediceva. Ci voleva proprio quel sant’uomo di un maestro scopritore di talenti. La notte stessa dipinsi tutto quello che la fantasia eccitata mi suggeriva. Finii i colori. Trovai latte di tempera per i muri. Mancava qualche tinta. L’eccitazione mi faceva superare tutti gli ostacoli. Dipinsi almeno venti quadri di soggetto diverso: barattoli sporchi di colore, appena usati. Nature morte. Figure di donne e tutto ciò che l’estro mi suggerì quella notte. Dopo qualche giorno, passato in ansia, arrivò finalmente il miliardario.
ENTRÒ un ometto, pelato, vestito con tuta da operaio, di misura piccola rispetto al corpo più grasso che massiccio. Claudicava con le gambe arcuate. Non salutò e incominciò a guardare i miei quadri. “CHE PORCHERIE!” esclamò con disprezzo. Quello fu il segnale di stare in campana: era arrivato lo speculatore e si sa che chi disprezza compera.
“È LEI IL PITTORE?” mi domandò dal basso della sua statura. Il labbro atteggiato al disprezzo.“Come si fa a fare queste schifezze?” continuò l’omuncolo.“Questo È proprio lui” dissi tra me e me. Una pausa di silenzio; poi il miliardario travestito, all’improvviso disse: “ADESSO NON CI HO TEMPO. CI HO FUORI IL CORIASCO IN SOSTA VIETATA. VERRÒ CON UNA PERSONA”. Non mi salutò e se ne andò.
Dopo qualche giorno ritornò accompagnato da un critico d’arte di fede marxista. Me lo presentò dicendo: “È un comunista ma l’È in gamba!”. Insieme andammo a pranzo in un modesto ristorante, ospiti miei. Seduti al tavolo imbandito, il miliardario si scioglieva dal piacere nel sentir parlare il critico d’arte nonché direttore di una rivista culturale. Costui parlava sciolto e con competenza e le sue parole rivolte a VAN GOGH, che dopo aver dipinto i suoi quadri, stramazzava a terra sfinito, facevano commuovere il miliardario. Quel critico sapeva il fatto suo. Trovava tanti punti in comune con la mia pittura, schietta, sincera, espressionista ecc. ecc. Al miliardario promise un grosso servizio sulla mia “arte” nella sua rivista culturale.
Qualche giorno ancora ed ecco riapparire il miliardario questa volta vestito bene ed in compagnia della moglie e della figlia. Queste poverette erano totalmente dipendenti da quest’uomo apparentemente un lupo mannaro per gli affari. La moglie si lamentò di aver rotto le calze e chiese i soldi per comperarne un paio nuovo. Ringhiata furiosa del capitalista che rimproverava le sue donne di spendere tutto il suo sudore in cianfrusaglie e cose inutili. Alla fine scucì qualche lira e lasciò che le due donne scialassero i suoi soldi in un negozietto del centro.
Intanto il mastino si fece avanti con precise proposte.“Se io le ritiro tutte le sue porcherie, che prezzo mi fa?”. Istruito a dovere, sapevo che se avessi tentennato e ceduto sul prezzo l’energumeno si ritirava dall’affare. Perciò gli dissi a muso duro: “QUESTO È IL PREZZO E NON FACCIO SCONTI A NESSUNO!”. Intanto pregavo che quella frase fosse giusta e stavo in ansia ad aspettare la risposta dell’energumeno. “VABENE, ma lei È un imbroglione. Adesso vengo con il coriasco e carichiamo tutto. Ce ne ha ancora di quadri?”. Era fatta!. Ora potevo sognare il mio bel guadagno.“Certo che ne ho ancora, in studio e a casa”. L’affarista concluse: “ALLORA ANDIAMO A CARICARE”.
Quando giungemmo a casa, si sedette al tavolo per firmare un assegno. Compilatolo, me lo porse e mi disse a mezza voce: “ORA PERÒ voglio in regalo questo arlecchino!” . Si trattava di un grande arlecchino appeso al muro, opera della mia infanzia. Io tentennavo: la cifra era da capogiro. “E NO!” intervenne mia moglie. “RIECCOLE il suo assegno e l’arlecchino rimane dov’È”. L’audacia di Marisa mi sorprese. Col fiato azzerato temevo una reazione di rifiuto all’affare; invece il “mostro” abbassò, vinto, la testa, si alzò e se ne andò. Era fatta: potevamo vivere con più tranquillità per un poco di tempo. Questa è la vita dell’artista. Feci un gran medaglione d’oro puro con grossa catena e dopo qualche giorno lo regalai alla moglie disgraziata dell’avaro, che invece se ne appropriò subito senza ringraziare né dire BEH.
Vivevo felice giorni d’entusiasmo ma le cose maturavano in altro senso. La banda dei malfattori in guanti bianchi, cambiò subito atteggiamento nei miei confronti. Prima si fece dare in contanti il prezzo pattuito come mediazione. Poi mi ingiunse di approvare esplicitamente le scelte di altri pittori che loro intendevano proporre al miliardario. Mi dissero che dovevo fare una mostra importante, naturalmente a mie spese, a BERGAMO e che avrei dovuto vendere a caro prezzo perché la vittima sarebbe ritornata a controllare se aveva realmente fatto l’affare.
La mostra era già in programma e andò bene per conto suo. Quando venne il “maestro” a raccomandare di tenere alti i prezzi e a fingere una vendita a quei prezzi, il gallerista rispose per le rime: “NON C’È BISOGNO DI BARARE! LE OPERE DI VACCARO SONO STUPENDE E SI VENDONO BENE. FUORI DAI COGLIONI!”.
La realtà ci fu amica: vendemmo bene e la critica fu estremamente favorevole. Nel frattempo l’industriale mi chiese di esprimere il mio parere ed io lo feci onestamente. Qualche giorno dopo fui minacciato dalla banda perché intralciavo i suoi piani. Risposi audacemente per le rime e a mia volta minacciai loro di evidenziare tutto il mio riserbo sull’operazione che la vittima stava compiendo. Affermai che avrei sempre detto la verità, tutto quello che pensavo ed avrei quindi avvisato la vittima di stare attento. In realtà la banda, dopo aver fatto affermazioni strane che non capii, fece in modo che io non fossi mai più avvicinato dal collezionista. Probabilmente mi denigrarono e mi disprezzarono. Tuttavia nessuno mai più ritornò a rivendicare qualcosa da me. Solo una ventina d’anni dopo mi fece visita il capitalista che aveva fondato una grande galleria a Milano. Mi chiese piagnucoloso qualche monografia sulle mie opere e poi sparì.
Così vanno le cose.
Il bel signore, con tanto di barba e baffi curati come pochi possono vantare, ostentava un grande luminoso anello di diamanti che d’abitudine mostrava alzando ritmicamente il braccio al fine di lisciarsi i baffi. I riflessi di luce di tutto l’arcobaleno garantivano assieme al vestito di classe, doppiopetto con gilet e catenone d’oro legato alla notevole cipolla sita nel taschino, il benessere economico e la classe dell’illustre visitatore. Sceso dalla lussuosa MERCEDES, con tanto d’autista in livrea, si appoggiava ad un bastone d’altri tempi più idoneo a completare l’immagine del suo padrone che non a sorreggere la mole notevole di siffatto personaggio.
Con atteggiamento d’esperto, il distinto signore passava in rassegna le mie opere. Ad un passo dietro di lui, apprezzavo i complimenti boffonchiati tra la barba ed i baffi come se il “signore” si accorgesse per caso d’aver scoperto un ottimo pittore. “Grande disegnatore, non c’è dubbio!” sentenziò questo personaggio ancora sconosciuto ma di sicuro ottimo intenditore. Nel frattempo in galleria erano entrati altri personaggi che si meravigliavano per la bravura di questo ancor giovane talento. Uno scatto d’entusiasmo portò il magnifico intenditore a soffermarsi sulle parole degli altri signori. “È vero: È ANCHE UN GRAN COLORISTA, UNA MANO SVELTA E SICURA! UNA PERSONALITÀ INCONFONDIBILE!”. Si trovarono tutti d’accordo ed io gongolavo dentro di me. “Questa volta faccio affari, vendo tutto” - dicevo tra me e me. Il gran signore si informò dei miei prezzi e commentò: “NON MALE, NON MALE! PERÒ DEVE AUMENTARLI DEL DOPPIO!”. Io rimasi attonito. Che voleva dire questa frase? Non osai fiatare e rimasi in tensione aspettando altre parole. “Le interessa vendere tutta la mostra?” mi domandò con aria sorniona e socchiudendo gli occhi l’illustre sconosciuto. “CERTO, SIGNORE. SONO QUI APPOSTA PER VENDERE, OLTRE CHE A FAR APPREZZARE IL MIO LAVORO!” risposi con commozione. “HA ALTRI QUADRI IN STUDIO?” domandò ancora il gran signore. “QUALCUNO LO DEVO AVERE PER FORZA, MAGARI PIÙ DI UNO; DEVO CONTROLLARE” risposi al colmo della felicità.
“BENE, BENE!” rispose con soddisfazione il gran signore. “PERÒ DOBBIAMO ACCORDARCI!”. Mi guardò dritto negli occhi e si collocò nell’orbita oculare destra il monocolo d’altri tempi. “IO CONOSCO UN GRANDE COLLEZIONISTA CHE POTREBBE COMPERARE TUTTA LA MOSTRA E TANTI ALTRI QUADRI CHE LEI RIUSCISSE A FARE IN BREVE TEMPO”. La mia felicità era al massimo: un’occasione così non mi era mai capitata, forse l’avevo sognata, magari vista rappresentata in qualche film o commedia. Questa era tuttavia realtà. “CERTO, SIGNORE. SONO A SUA COMPLETA DISPOSIZIONE!” affermai con malcelato entusiasmo. “MI DICA COSA DEVO FARE” continuai fiducioso. Il gran signore e gli altri visitatori mi si avvicinarono e mi soffiarono nelle orecchie “NOI LE GARANTIAMO LA VENDITA, LEI GUADAGNERÀ MOLTI SOLDI MA NOI VOGLIAMO LA NOSTRA PERCENTUALE!” detto ciò, il gran signore si fermò in attesa di un mio consenso. “CERTO, SIGNORE. IO LE RICONOSCERÒ TUTTI I SUOI DIRITTI”. La tensione si allentò e con soddisfazione di tutti il signore allungò la mano verso di me in gesto di stima e si presentò: "IO SONO IL MAESTRO..., ANDIAMO A CASA SUA A PERFEZIONARE L’ACCORDO”.
A casa mia, il maestro ed i suoi compagni esaltarono ancora le mie eccezionali qualità. Poi, seduti in poltrona, gustandosi il caffè offerto da Marisa, incominciarono ad istruirmi. “I SUOI PREZZI SONO TROPPO BASSI. UN PITTORE COME LEI DEVE VENDERE AL TRIPLO DI QUELLO CHE CHIEDE. NOI LE CONSIGLIAMO DI RIAPRIRE LA MOSTRA CON QUESTI PREZZI (ed indicò le cifre) E NON DEVE fare sconti di nessun genere; verrÀ un uomo malvestito, dall’aspetto di un operaio straccione. Non gli creda: È in realtÀ un miliardario che vuole speculare sui giovani talenti. Io sono stato incaricato da lui di scoprire questi giovani pittori non ancora celebrati. Solo cosÌ si fanno gli affari! Comperando i quadri di autori validi ma ancora sconosciuti”. Si fermò ad aspettare una mia reazione.
“SONO D’ACCORDO” risposi con entusiasmo. "BENE!” riprese il gran maestro agitando vistosamente l’anello con i brillanti e lisciandosi i baffi. “PERÒ NOI VOGLIAMO IL 50 PER CENTO DELL’AFFARE”. Rimasi un poco perplesso. Guardai negli occhi Marisa, che li abbassò, lasciando a me la decisione. Come quando si sta per morire e nella mente riappare il film della propria vita, tentati di confrontare il passato con il futuro più garantito dal bel guadagno. Avendo due figli piccoli e nessun aiuto da parte di nessuno, decisi di allungare a questi signori una simile mazzetta. Una cifra simile non l’avrei mai sospettata. Eppure, calcoli a mente, si trattava di un bel colpo.“VA BENE! SONO D’ACCORDO!” risposi deciso. “ALLORA VADA SUBITO IN STUDIO E DIPINGA TUTTA LA NOTTE. DIPINGA COME LEI SA FARE. FACCIA PIÙ QUADRI CHE PUÒ”. Si alzarono, salutarono e se ne andarono.
Io e Marisa ci abbracciammo: era la prima volta che la fortuna ci benediceva. Ci voleva proprio quel sant’uomo di un maestro scopritore di talenti. La notte stessa dipinsi tutto quello che la fantasia eccitata mi suggeriva. Finii i colori. Trovai latte di tempera per i muri. Mancava qualche tinta. L’eccitazione mi faceva superare tutti gli ostacoli. Dipinsi almeno venti quadri di soggetto diverso: barattoli sporchi di colore, appena usati. Nature morte. Figure di donne e tutto ciò che l’estro mi suggerì quella notte. Dopo qualche giorno, passato in ansia, arrivò finalmente il miliardario.
ENTRÒ un ometto, pelato, vestito con tuta da operaio, di misura piccola rispetto al corpo più grasso che massiccio. Claudicava con le gambe arcuate. Non salutò e incominciò a guardare i miei quadri. “CHE PORCHERIE!” esclamò con disprezzo. Quello fu il segnale di stare in campana: era arrivato lo speculatore e si sa che chi disprezza compera.
“È LEI IL PITTORE?” mi domandò dal basso della sua statura. Il labbro atteggiato al disprezzo.“Come si fa a fare queste schifezze?” continuò l’omuncolo.“Questo È proprio lui” dissi tra me e me. Una pausa di silenzio; poi il miliardario travestito, all’improvviso disse: “ADESSO NON CI HO TEMPO. CI HO FUORI IL CORIASCO IN SOSTA VIETATA. VERRÒ CON UNA PERSONA”. Non mi salutò e se ne andò.
Dopo qualche giorno ritornò accompagnato da un critico d’arte di fede marxista. Me lo presentò dicendo: “È un comunista ma l’È in gamba!”. Insieme andammo a pranzo in un modesto ristorante, ospiti miei. Seduti al tavolo imbandito, il miliardario si scioglieva dal piacere nel sentir parlare il critico d’arte nonché direttore di una rivista culturale. Costui parlava sciolto e con competenza e le sue parole rivolte a VAN GOGH, che dopo aver dipinto i suoi quadri, stramazzava a terra sfinito, facevano commuovere il miliardario. Quel critico sapeva il fatto suo. Trovava tanti punti in comune con la mia pittura, schietta, sincera, espressionista ecc. ecc. Al miliardario promise un grosso servizio sulla mia “arte” nella sua rivista culturale.
Qualche giorno ancora ed ecco riapparire il miliardario questa volta vestito bene ed in compagnia della moglie e della figlia. Queste poverette erano totalmente dipendenti da quest’uomo apparentemente un lupo mannaro per gli affari. La moglie si lamentò di aver rotto le calze e chiese i soldi per comperarne un paio nuovo. Ringhiata furiosa del capitalista che rimproverava le sue donne di spendere tutto il suo sudore in cianfrusaglie e cose inutili. Alla fine scucì qualche lira e lasciò che le due donne scialassero i suoi soldi in un negozietto del centro.
Intanto il mastino si fece avanti con precise proposte.“Se io le ritiro tutte le sue porcherie, che prezzo mi fa?”. Istruito a dovere, sapevo che se avessi tentennato e ceduto sul prezzo l’energumeno si ritirava dall’affare. Perciò gli dissi a muso duro: “QUESTO È IL PREZZO E NON FACCIO SCONTI A NESSUNO!”. Intanto pregavo che quella frase fosse giusta e stavo in ansia ad aspettare la risposta dell’energumeno. “VABENE, ma lei È un imbroglione. Adesso vengo con il coriasco e carichiamo tutto. Ce ne ha ancora di quadri?”. Era fatta!. Ora potevo sognare il mio bel guadagno.“Certo che ne ho ancora, in studio e a casa”. L’affarista concluse: “ALLORA ANDIAMO A CARICARE”.
Quando giungemmo a casa, si sedette al tavolo per firmare un assegno. Compilatolo, me lo porse e mi disse a mezza voce: “ORA PERÒ voglio in regalo questo arlecchino!” . Si trattava di un grande arlecchino appeso al muro, opera della mia infanzia. Io tentennavo: la cifra era da capogiro. “E NO!” intervenne mia moglie. “RIECCOLE il suo assegno e l’arlecchino rimane dov’È”. L’audacia di Marisa mi sorprese. Col fiato azzerato temevo una reazione di rifiuto all’affare; invece il “mostro” abbassò, vinto, la testa, si alzò e se ne andò. Era fatta: potevamo vivere con più tranquillità per un poco di tempo. Questa è la vita dell’artista. Feci un gran medaglione d’oro puro con grossa catena e dopo qualche giorno lo regalai alla moglie disgraziata dell’avaro, che invece se ne appropriò subito senza ringraziare né dire BEH.
Vivevo felice giorni d’entusiasmo ma le cose maturavano in altro senso. La banda dei malfattori in guanti bianchi, cambiò subito atteggiamento nei miei confronti. Prima si fece dare in contanti il prezzo pattuito come mediazione. Poi mi ingiunse di approvare esplicitamente le scelte di altri pittori che loro intendevano proporre al miliardario. Mi dissero che dovevo fare una mostra importante, naturalmente a mie spese, a BERGAMO e che avrei dovuto vendere a caro prezzo perché la vittima sarebbe ritornata a controllare se aveva realmente fatto l’affare.
La mostra era già in programma e andò bene per conto suo. Quando venne il “maestro” a raccomandare di tenere alti i prezzi e a fingere una vendita a quei prezzi, il gallerista rispose per le rime: “NON C’È BISOGNO DI BARARE! LE OPERE DI VACCARO SONO STUPENDE E SI VENDONO BENE. FUORI DAI COGLIONI!”.
La realtà ci fu amica: vendemmo bene e la critica fu estremamente favorevole. Nel frattempo l’industriale mi chiese di esprimere il mio parere ed io lo feci onestamente. Qualche giorno dopo fui minacciato dalla banda perché intralciavo i suoi piani. Risposi audacemente per le rime e a mia volta minacciai loro di evidenziare tutto il mio riserbo sull’operazione che la vittima stava compiendo. Affermai che avrei sempre detto la verità, tutto quello che pensavo ed avrei quindi avvisato la vittima di stare attento. In realtà la banda, dopo aver fatto affermazioni strane che non capii, fece in modo che io non fossi mai più avvicinato dal collezionista. Probabilmente mi denigrarono e mi disprezzarono. Tuttavia nessuno mai più ritornò a rivendicare qualcosa da me. Solo una ventina d’anni dopo mi fece visita il capitalista che aveva fondato una grande galleria a Milano. Mi chiese piagnucoloso qualche monografia sulle mie opere e poi sparì.
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