giovedì 5 giugno 2008

DA PALERMO A SCICLI - 1979

Terminata una mostra di pittura piuttosto stressante, MARISA ed io decidemmo di fare un bel viaggio in Sicilia a trovare i parenti. Pochi giorni prima era caduto un aereo passeggeri proprio a Palermo e noi decidemmo di partire lo stesso il giorno 17 (diciassette) dicembre 1979 con un aeroplano diretto nel capoluogo siciliano.
Arrivati per bene e senza alcun incidente nonostante la credenza di superstizione, ci facemmo trasportare in uno dei migliori alberghi del centro. Entrammo con le valigie in mano e le depositammo ai piedi per sbrigare tutte le pratiche relative al soggiorno in albergo. “ATTENTI ALLE VALIGIE!”. Disse con preoccupazione l’addetto in divisa al bureau d’accettazione. Qui siamo a PALERMO e le valigie prendono il volo da sole. Ci accompagnarono in una lussuosa stanza con tutti i servizi e persino un piccolo bar, anzi frigo bar, nel quale trovai soddisfazione saccheggiandolo totalmente.
Scendemmo nella hall per uscire e ricevemmo raccomandazioni a tener presente il portafoglio e ben stretta la borsetta. "Qui, specie nelle zone più affollate, si forma un piccolo capannello di persone e mentre voi guardate curiosi, loro vi fanno barba e capelli". Noi non credemmo una sola parola e ci parve strano che proprio i SICILIANI ed in altre occasioni i meridionali fossero così poco generosi nei confronti dei loro concittadini. Marisa, tanto per non sapere né leggere né scrivere, si mise a tracolla la borsetta e se la infilò sotto la pelliccia di lupo bianco. Io non avevo alcun problema perché nel mio portafogli non è mai esistito denaro, neanche in transito. Mi limitai a consegnare a Marisa i documenti e poi via a goderci PALERMO. Senza meta precisa, visitammo i QUATTRO CANTONI ed indicai il ristorante dove da militare venivo a cenare grazie ai ritratti fatti ai commilitoni. Passammo ad ammirare il municipio e la FONTANA DELLA VERGOGNA. Girammo a casaccio e ci ripromettemmo di visitare il mercato della “VUCCIRIA” l’indomani mattina. Vedemmo, credo in via ROMA o via NAZIONALE, una galleria d’arte moderna con esposte in vetrina rivoltelle, oggetti vari e tante cose. Pensammo che fossero multipli di qualche artista d’avanguardia come PIERO MANZONI e chiedemmo al gallerista se c’erano anche le scatole di "merda d'artista".“E COME NO! MA VOI SIETE INTENDITORI? BRAVI, BRAVI” ritornò a vita il mercante. Iniziammo una lunga conversazione sull’arte moderna e ci trovavamo su piani opposti, ma al mercante non interessava affatto. “Stasera siete ospiti miei”, affermò chiudendo la serranda della galleria. Ci fece salire su una grossa BMW e ci fece visitare Palermo di notte fino alla loro famosa marina. Scendemmo e facemmo quattro passi a piedi. Il distinto signore ci indicò un PIANO BAR e ci promise che avremmo trascorso la sera proprio lì come ospiti suoi. Ci portò in un famoso ristorante di pesce e ci abbandonammo al trionfo dell’epa. Gli argomenti di conversazione furono vari e si parlò del suo commercio, anche di pellicce di visone. Disse che veniva di frequente a Milano e tante, tante altre cose. Non so come, ma si arrivò all’argomento magia e delinquenza e ci assicurò che se avevamo qualche nemico da far fuori, non c’era che l’imbarazzo. Esisteva una piazza di PALERMO dove ogni giorno si trovavano giovani pronti ad essere ingaggiati per compiere a tariffa ogni delitto secondo desiderio. Si pagava la tariffa più le spese di viaggio. Potevamo stare assolutamente tranquilli. Quei picciotti non sbagliavano mai e fece un elenco lunghissimo di specializzazioni:
- TAGLIO DI UN ORECCHIO o di tutte e due.
- TAGLIO DEL NASO
- TAGLIO DI UN DITO O PIÙ DITA
- TAGLIO DI UNA MANO O DI TUTTE E DUE
- TAGLIO DI UN PIEDE O DI TUTTE E DUE
- PESTAGGIO A SANGUE OPPURE SENZA TRACCE
- PRELIEVO DI UN OCCHIO O DI TUTTE E DUE
- SCOTENNAMENTO
- INCAPRETTAMENTO
- TAGLIO DELLA TESTA
- SBUDELLAMENTO
- SFORACCHIAMENTO
- SPARIZIONE TOTALE
-ORGANIZZAZIONE DI RAPIMENTI A SCOPO ESTORSIVO -OPPURE D’AMORE
- MINACCE TELEFONICHE
- MINACCE CON TESTE DI ANIMALI MORTI
-ORGANIZZAZIONI DI ATTENTATI IN ITALIA O ALL’ESTERO
- TRASPORTO DI VALUTA ALL’ESTERO.
E via così discorrendo. Bastava pagare e tutto avveniva secondo i nostri desideri. Mentre ascoltavo queste offerte, mi balenò l’idea di fare la pelle ad un certo gallerista che mi aveva maltrattato e ridotto in pessime condizioni economiche. Espressi questo progetto senza fare il nome della persona né il luogo dove avrebbe dovuto succedere l’evento: “SI PUÒ FARE E COSTA SOLO SEICENTOMILA LIRE PIÙ TRASFERTA!”. BASTAVA NOME, COGNOME ED INDIRIZZO. PAGATE LE SEICENTOMILALIRE E LA TRASFERTA entro una settimana al massimo il signore era già bello e sotterrato. L’idea mi piacque ma al momento non dissi nulla al SIGNORE DELLA MORTE. Lui continuò a parlarmi di tutte le armi che si potevano trovare senza alcuna difficoltà ed elencò anche i prezzi. Pareva che costassero di più i proiettili che l’arma.“OH! TUTTE ARMI BUONE, FUNZIONANTI, NUOVE! SE VOLETE C’È ANCHE IL BAZUCA ED ABBIAMO LA POSSIBILITÀ DI PROCURARE RAZZI, CARRI ARMATI E PERSINO AEROPLANI”. Marisa ed io ci guardammo negli occhi, sorridemmo e passammo ad altri argomenti. Il galante accompagnatore si interessò sempre più a mia moglie ed incominciò a farle la corte. Al piano bar, ci presentò a persone, tutte eleganti e cortesi. Eravamo stati ammessi nella BUONA SOCIETÀ.
La mattina seguente, dopo aver ben dormito decidemmo di prendere il treno per Scicli.
La stazione di Palermo appariva moderna e ben fatta. Cercammo sui tabelloni gli orari e gli itinerari per SCICLI. Non trovammo nessuna combinazione. Controllai il mio orologio con quelli fissi alle colonne della pensilina. Non c’era un orologio che segnasse la stessa ora. Sembrava di essere in certi aeroporti dove veniva indicata l’ora contemporanea ma su fusi diversi: Milano, Londra, New York ecc.
Chiedemmo l’ora ad un macchinista che sporgeva dal posto guida del treno. Non sapeva nulla perché non aveva l’orologio. Mi disse lo chieda al CAPOTRENO. Lo avvicinai ed ebbi da lui la stessa risposta. Mi indicò il CAPOSTAZIONE. Anche lui non aveva l’orologio. Cortesemente domandò ai suoi addetti che risposero tutti quanti di non possedere l’orologio. “INSOMMA” - mi incavolai - “Ma la CIPOLLA che lo STATO vi da come dotazione, possibile che voi non l’abbiate?”- Con un sorriso ed un ampio gesto della mano, come per dire che ero un rompiballe - “Si sarà rotta oppure l’avrò persa”. Terminò così il discorso e continuò a fare quello che stava facendo.
Marisa ed io ci eravamo preoccupati anche perché non c’era modo di conoscere se c’era o non c’era un qualche treno che portasse a Scicli. Telefonai a mio cugino GIOVANNINO che rispose tranquillo: “Non ti preoccupare. Qui non siamo a Milano. Vedi di prendere un treno che porti a RAGUSA”. Ritornammo alla biglietteria e di nuovo chiesi notizie di treni per RAGUSA. La risposta fu quella classica dei siciliani, che alzando gli occhi e la testa al cielo, fanno smorfia con la bocca ed emettono un rumorino simile ad un sibilo con z.“MA INSOMMA, POSSIBILE CHE NON SAPPIATE SE ESISTE UN TRENO CHE ATTRAVERSI LA SICILIA FINO A RAGUSA OD A MODICA? Non pretendo che ci sia un treno che porti a SCICLI!”.
Rispose meravigliato l’addetto ai biglietti: “SCICLI? MA È SICURO CHE È IN SICILIA?”. A questo punto decidemmo di prendere i biglietti per SIRACUSA e ritelefonai a mio cugino avvertendolo di venire alle stazioni di Modica o di Ragusa in modo da sapere dove scendere. Salimmo su una vecchia “littorina” a diesel, che probabilmente era la stessa su cui avevo viaggiato da Siracusa a Scicli nel 1945. Aspettavo il controllore per chiedere informazioni, ma non c’era. Andai davanti dove il macchinista curava bene di far stare sulle rotaie il residuato ferroviario ma anche lui non sapeva nulla. L’orologio non lo possedeva e quelli delle stanzioncine non funzionavano. I pochi passeggeri non avevano l’orologio e non parlavano. Tutti i loro occhi erano puntati su MARISA. Finalmente arrivammo a CANICATTI. Grande stazione moderna. Anche qui gli orologi erano fermi. Trovai un signore con in mano la paletta rotonda del capostazione e gli chiesi se possedesse la cipolla in dotazione alle ferrovie. Nessuno sapeva che lo Stato forniva ai ferrovieri la cipolla. “Ma almeno l’orologio personale; ce l’ha?” domandai ansioso. Il brav’uomo disse di sì. Scoprì il polso ma mi rispose “È FERMO”. Disperato domandai: “ALLORA I TRENI QUI IN SICILIA COME FANNO AD ANDARE?. NON CI SONO LINEE ED ORARI INDICATI. COME SI FA A PROGRAMMARE UN VIAGGIO?”. Il capostazione alzò le braccia al cielo e se ne andò senza darmi risposta. Ritornai dal macchinista e gli chiesi: “COME VI REGOLATE PER LE FERMATE E LE PARTENZE?”. Tranquillo mi rispose: “FERMO IL TRENO ANCHE IN CAMPAGNA SE VEDO CONTADINI CHE VOGLIONO SALIRE OPPURE DEVONO SCENDERE. E PER LA DESTINAZIONE ARRIVO FINO A DOVE POSSO. A VOLTE FINISCE LA RISERVA E DEVO ASPETTARE IL CARBURANTE”.
Avvilito, ritornai da Marisa dicendo che d’ora in poi io avrei guardato con la testa fuori dal finestrino da una parte e lei dall’altra in maniera che se si vedeva GIOVANNINO, voleva dire che era lì che dovevamo scendere.
Finalmente vedemmo Giovannino, né a destra né a sinistra: era in mezzo alle rotaie che agitava le braccia per fermare il treno, altrimenti il macchinista avrebbe tirato dritto. Dopo l’avventura di questo viaggio, ci godemmo una settimana di splendida SICILIA in compagnia di splendidi ed affettuosi parenti.
In quei giorni soffiava forte lo SCIROCCO e poi il PHON. L’albergo sulla spiaggia ci permetteva di godere uno spettacolo unico. Grosse onde rumorose spazzavano le spiagge. Il mare era di colore verde e ROCCO, piuttosto piccolo e magro, si mise nelle tasche della giacca e dei pantaloni parecchie pietre pesanti per non essere trascinato via dal vento. Noi sorridemmo ma arrivati su qualche scogliera tra CAVADALIGA e SAMPIERI ci rendemmo conto che i sassi di ROCCO erano un segno di saggezza.Alla partenza, ci accompagnarono in auto fino all’aeroporto di CATANIA e vedemmo sfatato il mito che in SICILIA non nevica mai. L’aereo del ritorno sorvolò l’Etna ed il suo pennacchio di fumo. Ebbe qualche disavventura come grossi vuoti d’aria ed infine la rottura del pilota automatico. Dalla cabina di guida uscirono di corsa all’altezza di Napoli due uomini dell’equipaggio seguiti da due hostess di volo. Più tardi, nel discendere a terra ci raccontarono che erano saltati i comandi e (non so come) quelle persone erano andate per comandare od aiutare a manovrare l’aereo a mano. Mi complimentai con il pilota, bravo (davvero) ma decisi che tutto sommato l’auto per me andava meglio.

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