Roma, ore dieci di mattina, anno 1960, traffico normale per la città eterna: autentico caos. Un vigile con tanto di guanti e con elmo, pronto a tutto, tenta di controllare e dirigere il traffico. Apre le braccia in senso di divieto verso alcuni automobilisti dietro di lui. Nessuno si ferma e viene investito con delicatezza e viene trasportato in quella strana posizione verso una destinazione da lui vietata. Dopo qualche decina di metri, il buon operatore del traffico, richiude le braccia, tenta di scendere dal cofano della macchina e pronuncia le fatidiche parole, mentre si aggiusta i pantaloni: “ A li mortacci tua!”. Non succede niente, il vigile si spazzola il sedere e continua con le sue litanie in romanesco. Gli investitori se ne vanno tranquilli senza fermarsi né dare spiegazioni. Io e la mia famiglia eravamo fermi in una “Dauphine” rispettosi del segnale citato del vigile romano. Dal retro sentiamo una terribile botta: erano altri due vigili romani, in borghese, su una Fiat 1100, non di loro proprietà, che ci avevano investito. A Roma quasi nessuno rispetta i segnali e le regole stradali! Scesi dalle vetture, noi e loro iniziamo a litigare mentre il primo vigile si allontana verso un bar onde far passare lo spavento. I vigili urbani, nostri investitori, viaggiano in borghese in un’ora nella quale dovrebbero essere in servizio e quindi indossare la divisa. L’auto non era quella di servizio e con arroganza pretendevano che noi ci accollassimo la colpa dell’incidente. Mio padre, anche lui vigile, si dimostrò timido e li assicurò che avrebbe scritto all’assicurazione che il danno l’avevamo fatto noi marciando all’indietro! Inutile dire che tutta la famiglia era contraria a questa soluzione. Arrivati a Legnano il capofamiglia decise di raccontare la verità ed io allegai un preciso disegno dell’incidente. Dopo qualche giorno mio padre ricevette una lunga lettera piena di insulti perché aveva detto la verità. A Roma le cose vanno così!
giovedì 23 luglio 2009
A LI MORTACCI TUA!
Roma, ore dieci di mattina, anno 1960, traffico normale per la città eterna: autentico caos. Un vigile con tanto di guanti e con elmo, pronto a tutto, tenta di controllare e dirigere il traffico. Apre le braccia in senso di divieto verso alcuni automobilisti dietro di lui. Nessuno si ferma e viene investito con delicatezza e viene trasportato in quella strana posizione verso una destinazione da lui vietata. Dopo qualche decina di metri, il buon operatore del traffico, richiude le braccia, tenta di scendere dal cofano della macchina e pronuncia le fatidiche parole, mentre si aggiusta i pantaloni: “ A li mortacci tua!”. Non succede niente, il vigile si spazzola il sedere e continua con le sue litanie in romanesco. Gli investitori se ne vanno tranquilli senza fermarsi né dare spiegazioni. Io e la mia famiglia eravamo fermi in una “Dauphine” rispettosi del segnale citato del vigile romano. Dal retro sentiamo una terribile botta: erano altri due vigili romani, in borghese, su una Fiat 1100, non di loro proprietà, che ci avevano investito. A Roma quasi nessuno rispetta i segnali e le regole stradali! Scesi dalle vetture, noi e loro iniziamo a litigare mentre il primo vigile si allontana verso un bar onde far passare lo spavento. I vigili urbani, nostri investitori, viaggiano in borghese in un’ora nella quale dovrebbero essere in servizio e quindi indossare la divisa. L’auto non era quella di servizio e con arroganza pretendevano che noi ci accollassimo la colpa dell’incidente. Mio padre, anche lui vigile, si dimostrò timido e li assicurò che avrebbe scritto all’assicurazione che il danno l’avevamo fatto noi marciando all’indietro! Inutile dire che tutta la famiglia era contraria a questa soluzione. Arrivati a Legnano il capofamiglia decise di raccontare la verità ed io allegai un preciso disegno dell’incidente. Dopo qualche giorno mio padre ricevette una lunga lettera piena di insulti perché aveva detto la verità. A Roma le cose vanno così!
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