domenica 23 dicembre 2007
LA FEDE NELLE RELIGIONI
Credere, avere fede non significa che l’oggetto della fede esista. Credere in babbo natale e nella befana non significa che esistano. Imporre la fede con la violenza così come la democrazia con le armi è un assurdo intollerabile. L’Iliade, l’Odissea scritte nello stesso periodo dell’antico testamento non significa che siano storia reale. Occupare un territorio perché un certo Dio ce lo indica è pazzia. L’unica verità è la grande ingenuità!. Tranne il buddismo le religioni cristiane non rinunciano alla guerra e i bravi cattolici vorrebbero bollire gli avversari o semplicemente distruggerli. L’impressione è che i cattolici e i protestanti non sappiano ciò che vuole Gesù Cristo! Da Bertrand Russel “Storia della filosofia occidentale” edizioni Longanesi 1983……..”contro il dilagare della superstizione religiosa attuale…………..”potrebbe accadere che “A esiste” sia vero benché in realtà A non esista. Ho sempre trovato che l’ipotesi della Befana “opera soddisfacentemente nel senso più largo della parola”; quindi “la Befana esiste” è vero, benché la Befana non esista. James dice (ripeto): “se l’ipotesi di Dio opera soddisfacentemente nel senso più largo della parola, essa è vera”. Qui viene semplicemente omessa, come cosa priva di importanza, la questione se Dio sia realmente nel suo Paradiso; se egli è un’utile ipotesi, questo basta. Dio architetto del cosmo è dimenticato; tutto ciò che è ricordato è la fede in Dio e i suoi effetti sulle creature che abitano il nostro piccolo pianeta. Nessuna meraviglia che Pope condannasse la difesa pragmatica della religione. “…………….”gli errori nascono dal tentativo di ignorare tutti i fatti extra umani. L’idealismo berkeliano, unito allo scetticismo, gli fa sostituire la fede in Dio in luogo di Dio, e gli fa pretendere che sia la stessa cosa. Ma questa è solo una forma della follia soggettivistica della maggior parte dei filosofi moderni. La filosofia, nel corso di tutta la sua storia, è costituita in due parti, disarmonicamente mescolate; da un lato una teoria intorno alla natura del mondo, dall’altro una dottrina etica e politica intorno alla miglior maniera di vivere. Il non aver distinto le due cose con sufficiente chiarezza è stato all’origine di molte confusioni. I filosofi, da Platone a William James, hanno lasciato che le loro opinioni sulla costituzione dell’universo fossero influenzate dal desiderio di miglioramento; sapendo come essi supponevano, quali convinzioni avrebbero resi virtuosi gli uomini, hanno inventato degli argomenti, spesso molto capziosi, per dimostrare vere quelle convinzioni. Da parte mia, rimprovero questa specie di disonestà, sia dal punto di vista morale che da quello intellettuale. Moralmente, un filosofo che impiega la sua competenza professionale per qualche cosa che non sia una disinteressata ricerca della verità è colpevole d’una sorta di tradimento. E allorché suppone, nel corso d’indagine, che certe convinzioni, vere o false che siano son tali da spingere a un buon comportamento, egli limita l’obiettivo della speculazione filosofica in modo tale da rendere la filosofia una cosa banale; il vero filosofo è pronto ad esaminare tutti i preconcetti. Quando, consciamente o inconsciamente, si pone qualche limite alla ricerca della verità, la filosofia viene paralizzata dal timore, e si prepara il terreno a una censura governativa che punisca chi proponga “pensieri pericolosi”: infatti il filosofo ha già posto un’analoga censura sulle proprie indagini. Dal punto di vista intellettuale, l’effetto delle errate considerazioni morali sulla filosofia è stato quello di impedirne in larghissima misura il progresso. Io non credo che la filosofia possa dimostrare o negare la verità dei dogmi religiosi, ma da Platone in poi la maggior parte dei filosofi ha considerato proprio compito produrre delle “prove” per l’immortalità e per l’esistenza di Dio. Hanno trovato degli errori nelle prove dei loro predecessori (San Tommaso respinse le prove di Sant’Anselmo e Kant respinse quelle di Cartesio), ma a loro volta ne hanno proposte delle nuove.. Per far sembrare valide le loro prove, hanno dovuto falsificare la logica, rendere mistica la matematica e pretendere che pregiudizi profondamente radicati fossero intuizioni mandate dal cielo. Tutto ciò è rifiutato dai filosofi che hanno dell’analisi logica l’oggetto principale della filosofia. Essi confessano francamente che l’intelletto umano è incapace di trovare risposte definitive a molti interrogativi di fondamentale importanza per l’umanità, ma rifiutano di credere che ci sia qualche “più alta” via verso la conoscenza, mediante la quale possiamo scoprire verità nascoste alla scienza e all’intelletto. Di questa rinuncia essi sono stati ricompensati alla scoperta che a molti problemi, prima avvolti dalla nebbia della metafisica, non si può rispondere con precisione, e con metodi obiettivi che non introducono nella ricerca nulla del temperamento del filosofo, fuorché il desiderio di capire. Prendete domande come: “Che cos’è un numero? Che cosa sono lo spazio e il tempo? Che cos’è lo spirito e cosa la materia?” Non dico che possiamo dare subito risposte definitive a tutti questi antichi interrogativi, ma dico che è stato scoperto un metodo, mediante il quale, come nella scienza, possiamo compiere successive approssimazioni alla verità, in cui ogni nuovo passo risulti da un miglioramento, e non da un rifiuto, di ciò che è venuto prima. Nell’accavallarsi di fanatismi in conflitto, una delle poche forze unificatrici è la verità scientifica, con cui intendo indicare l’abitudine di basare le nostre convinzioni su osservazioni e deduzioni tanto impersonali e tanto immuni da deformazioni locali e individuali, quanto è possibile a degli esseri umani. Aver insistito per l’introduzione di questo principio della filosofia, e aver trovato un buon metodo con cui tale principio può essere reso fruttuoso, sono i meriti principali della scuola filosofica di cui sono membro. L’abitudine all’accorata veridicità acquistata attraverso la pratica di questo metodo filosofico può essere estesa all’intera sfera delle attività umane, producendo dove necessario, una diminuzione del fanatismo ed una accresciuta capacità di reciproca simpatia e comprensione. Abbandonando una parte delle sue pretese dogmatiche, la filosofia non cessa per questo di suggerire e d’ispirare una via per la vita.
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