lunedì 10 maggio 2010

EXIT TRASMISSIONE DE LA7

LA VERITA’ SUI BAMBINI PRODIGIO


Fin dalla prima infanzia, il bambino Andrea Vaccaro ha sentito la naturale e spontanea esigenza di osservare il mondo intorno a sé e di fermare il ricordo e l’emozione che le immagini gli davano con il disegno. Eppure nessuno gli aveva insegnato nulla. Egli rappresentava con il gesso dei muratori per terra le immagini del mondo che scorrevano davanti ai suoi occhi: cavalli, carretti, asini, muli, contadini ed operai ed anche il libero gioco delle nuvole che biancheggiavano e rallegravano il cielo di Legnano. Andrea viveva fuori dalla città, in fondo a Via Carlo Porta, circondato dai campi, ancora lavorati dai contadini: ne osservava l’aratura a mano con cavalli, la semina e la raccolta del grano falciato a mano assieme a fiori azzurri e rossi, fiordalisi e papaveri. Il piccolo Andrea aiutava i contadini a togliere i sassi dal terreno, che venivano portati via su un carro trainato da un bell’animale: il cavallo. All’ingresso delle case popolari vi era uno spazio di cemento di fronte al cancello di legno. Su quel cemento Andrea ha disegnato cavalli con o senza ali e tutto ciò che colpiva la sua immaginazione. Persone amanti dell’arte si fermavano a guardarlo mentre disegnava e molti di loro si complimentavano con lui...

Purtroppo i disegni dei bambini sono sempre stati considerati pasticci inutili fatti soltanto per passare il tempo. Tutti i bambini disegnano. Per il bambino, il disegno e il gioco rappresentano gli strumenti principali di presa di coscienza del mondo esterno. Alcuni bambini rivelano però nel disegno delle doti speciali. Se fossero stati conservati i disegni dell’infanzia di Raffaello, Michelangelo e Leonardo potremmo sapere molte cose sulla loro personalità. Così per Picasso di cui si dice che: “a sei anni disegnava come Raffaello” oppure Sassu dice che da bambino era un vero prodigio. Ma purtroppo non c’è un solo disegno che lo provi.
Le proprietà cerebrali degli artisti o degli scienziati sono dovute ad una modulazione in più rispetto alla natura degli altri. Modulazioni probabilmente a carattere genetico, affinate anche da esperienze nel corso della vita. Caratteristiche simile si ritrovano anche in soggetti portatori di patologie. Viene indicato come esempio Paul Klee affetto da sclerodermia. Si è accertato a partire da bambini autistici che la capacità fuori del comune sono date da uno sviluppo irregolare ma molto grande in un emisfero (quello destro) piuttosto che in quello sinistro. Si è visto che con il crescere dei due cervelli (emisferi) certe qualità diminuivano a vantaggio di un miglioramento generale. La conclusione può essere che il genio del vero bambino prodigio stia tutto in un precoce ed eccezionale sviluppo di tutti e due gli emisferi. Notevole è l’esperimento di un bimbo nero che portato in elicottero sopra Roma e Londra al ritorno a terra sapeva riprodurre con perfezione tutte e due le città. Tuttavia è la conferma scientifica che possono esistere persone eccezionali con entrambi gli emisferi cerebrali sani e questi sono i veri bambini prodigio!
Non si diventa dei geni studiando sui libri! Studiando si diventa al massimo buoni conoscitori del pensiero altrui. I “primi della classe” sono “imparaticci” sostenuti dalle cure e dalle attenzioni della famiglia, mentre spesso i veri bambini prodigio sono creativi e per la loro capacità di pensare in autonomia vengono relegati tra gli ultimi della classe. Le caratteristiche del bambino prodigio sono una grande sensibilità e timidezza e grande amore verso gli animali. Il piccolo Andrea parlava con i cavalli e soffriva con loro quando gli uomini li frustavano e li obbligavano a trascinare grossi carri dalle altissime ruote, carichi di merce. Si commuoveva per gli altri ed era sempre pronto a giocare anche con nulla. Il genio osserva la vita ed impara da essa. Leonardo da Vinci non ha mai imparato il latino ma è da tutto il mondo considerato un genio irripetibile. Purtroppo di Leonardo bambino non ci è arrivato nessun disegno.

Fortunatamente esistono circa duemila disegni realizzati dal bambino Andrea Vaccaro. Molti di questi disegni si sono salvati dalla furia distruttrice della famiglia che onestamente non era in grado di capirne il valore. Inoltre ancora vivono persone testimoni della sua straordinaria attività infantile fin dalla prima classe elementare. Questi disegni dopo essere stati esposti al Museo del Paesaggio di Verbania-Pallanza, Banca di Credito Cooperativo di Legnano, Ospedali Civile di Legnano e in molti altri luoghi ora sono visibili presso la BNL Gruppo BNP Paribas di Legnano.
Nonostante le avversità e l’ambiente ostile, Andrea Vaccaro è riuscito ad esprimere il suo talento ed è diventato un pittore professionista. Certamente il suo genio è stato ed è tuttora duramente ostacolato, non solo dalla famiglia d’origine, ma anche dall’ambiente sociale e culturale in cui è vissuto e vive.

I moderni critici d’arte negano l’importanza della genetica e delle doti naturali degli artisti. Nell’arte moderna le doti non contano: il disegno è considerato ormai qualcosa di sorpassato ed inutile. L’arte oggi è solo ideologia e politica, provocazione senza nessuna regola e per la quale non servono doti. Nessuna importanza per il genio, per il talento innato dei veri artisti. L’arte di oggi è totalmente degenerata e asservita al capitale e alle mode! Ecco perché è così importante riscoprire la genetica! E’ l’unica via per dare nuovamente spazio agli artisti per vocazione e mettere da parte i critici con le loro insulse chiacchiere.
La società può innalzare il genio del bambino prodigio, così come può completamente affossarlo. Le doti naturali e la forza di volontà di artisti come Andrea Vaccaro non sono sufficienti per consentire all’arte di affermarsi. E’ necessario che le istituzioni pubbliche forniscano il loro aiuto e il loro supporto.

A testimonianza della corruzione politica dell’arte intesa come protesta sociale cito l’intera opera critica di Giulio Carlo Argan ritenuto una della massime menti dell’arte. Allego inoltre un interessante articolo del Corriere della Sera dal titolo “I prezzi dei quadri? Li decide la mafia” a firma Viviana Kasam, (1989) ed una lettera autografa di Sgrido Bartolini giornalista e critico d’arte de “il Giornale” (1996).



ANCORA PIU’ IMPORTANTE LA TESTIMONIANZA DI UN NEUROPSICHIATRA INFANTILE CHE LO HA CONOSCIUTO DA SEMPRE.

PERCHE’ BAMBINO PRODIGIO



CONSIDERAZIONI SEMIANALITICHE SU ANDREA VACCARO di GIANNI BELLONI MEDICO CHIRURGO, NEUROPSICHIATRA INFANTILE - PSICOTERAPEUTA

Alto alto, magro magro, un po’ impacciato, con una folta capigliatura nera e riccia ed occhi capaci di esprimere contemporaneamente più sentimenti, più emozioni; potevi leggerci curiosità insieme ad un certo timore, caparbietà nel suo intento e rispetto e deferenza per l’altro. Questo è un po’ il ricordo che ho di Andrea da ragazzo, visto coi miei occhi di bambino. Quest’aspetto di esprimere nello stesso momento sentimenti anche opposti, come essere curioso di qualche cosa che però, nello stesso tempo, incute anche timore e rispetto, ora, da adulto e da neuropsichiatra , non posso che leggerlo come presenza e capacità di Andrea di sentire e di coltivare emozioni diverse e cercare di legarle in una sorta di conflittualità creativa che ha poi preso la forma dell’espressione artistica. E’ davvero stupefacente guardare i disegni infantili di Andrea; viene spontaneo andare a verificare quanti anni avesse e tutte le volte è una meraviglia nuova constatare che quel cavallo, così ricco di movimento, l’ha disegnato a sette anni, che quell’uomo così intento al suo lavoro, o quell’altro, così forte e stanco risalgono a quando ne aveva otto. Nella mia carriera professionale di disegni di bambini ne ho visti moltissimi, alcuni molto ricchi, altri molto poveri, altri ancora ricchi nell’esprimere emozioni profonde ma poveri nella forma; quelli di Andrea contengono sempre entrambi questi aspetti , la forza nel cogliere l’essenza, l’anima di ciò che sta rappresentando e la capacità di analisi percettiva e poi di restituire il tutto in codice grafico, su di un foglio, una tela, una tavola. Questa capacità innata di leggere la realtà percepita nei suoi aspetti formali e più profondi e di tradurla in tratto grafico, creativo, artistico, si è col tempo arricchita di maggiore conoscenza, di maggiore consapevolezza e quindi di una consapevolezza tecnica. Ciò però non ha sopraffatto od esautorato la sua caparbia curiosità, il suo desiderio di ricerca. Da una situazione di creatività artistica per così dire spontanea, è passato ad essere artista creativo, spaziando dalla ritrattistica, alla paesaggistica, all’astrattismo, ecc…Ciascuna di queste “forme espressive” può poi individualmente, per chi la guarda e cerca di vederla, essere considerata più o meno “bella”, più o meno “risonante dentro”, ma comunque rappresenta sempre una sintesi di ciò che Andrea, in quel momento , in quella fase della sua vita, vede, sente, fa suo, traduce e trasmette e che gli viene da dentro, prima patrimonio suo poi regalato agli altri. Anche secondo le più recenti teorie psicologiche, la mente, fonte del pensiero e quindi dell’espressione artistica, non è una “tabula rasa” su cui tutto si costruisce in base alle esperienze primarie di vita, ma ciascuno di noi nasce già con un proprio patrimonio, con una propria dotazione personale che poi certo l’ambiente, inteso come esperienza di relazione ed esperienze di vita, influenza sia nel permettere lo sviluppo e l’organizzazione, sia però purtroppo talvolta nel senso dell’inibizione e della rinuncia. Non penso però che quest’ultimo sia il caso di Andrea; lui il suo patrimonio, “il suo destino biologico” base per lo sviluppo del suo “destino mentale” ad essere come è personologicamente e quindi anche artisticamente, se lo è tenuto ben stretto e buon per noi che ce lo possiamo godere.


Dott. Gianni Belloni – medico chirurgo
Specialista in neuropsichiatria infantile
e psicoterapeuta



Lettera autografa di Sigrido Bartolini giornalista e critico d’arte de “IL GIORNALE” – marzo 1996


Egr. Sig. Vaccaro
Scusi il ritardo ma un po’ le tante lettere alle quali rispondere e molto il fatto che sono spesso fuori sede, sia per “Il Giornale” che per le cose mie.
Ho letto con interesse la sua precisa denuncia, niente da obiettare, salvo il fatto che lei mi sembra illuso di poter fare qualcosa. Il Presidente della Repubblica? Ma non ha capito che tipo è? Non vede che fa tutto il possibile per ricostruire una Democrazia Cristiana che divida quel che resta del paese con il Partito Comunista (o come diavolo si chiami).
Io sono pessimista su tutta la linea, ho l’occasione de “Il Giornale”, con un direttore come Feltri che permette gli attacchi che lei conosce, e scrivo sia con la certezza di non smuovere neppure la polvere dei tanti, troppi interessi di varia specie, e ormai a livello internazionale, che hanno in America la loro roccaforte. Le mie denuncie mi costano un ulteriore ostracismo da parte di mercanti e stampa, ormai mi sento separato a vita ma non me ne importa, scrivo per dovere di testimonianza, un giorno, fra un paio di generazioni, chissà?!
Se posso permettermi di darle un consiglio, dia retta, non si faccia il sangue guasto come ho fatto io. Il paese è quello che è, l’arte l’ho persa di vista da tempo e così non mi resta che la rabbia e il gesto onanistico di gridare al vento.
Saluti e buon lavoro.

MILANO, 9 MARZO 1996
SIGFRIDO BARTOLINI
GIORNALISTA E CRITICO D’ARTE
DE “IL GIORNALE” - MILANO



CORRIERE DELLA SERA DI MERCOLEDI 18 OTTOBRE 1989 PAG. 11 – “I PREZZI DEI QUADRI? LI DECIDE LA MAFIA - ARTICOLO A FIRMA VIVIANA KASAM


Aste pilotate, quotazioni megagalattiche: il mercato dell’arte nel giro delle cosche.
Tutti i trucchi per riciclare capitali nelle opere di valore: prestanomi, accrediti bancari sospetti, evasioni fiscali, esportazioni di valuta – Il gioco proficuo delle sparizioni – La Svizzera forziere sicuro di beni e “porto franco” Milano – “Le nozze di Pierrete”, famosa tela di Picasso scomparsa dal mercato per molti anni, andrà all’asta a Parigi il 30 novembre. Prezzo stimato: ottanta miliardi di lire. Una cifra da capogiro. Ma ormai i nove zeri sono all’ordine del giorno. Tanto che non pochi cominciano a chiedersi le ragioni del boom dell’arte, e da dove provengono i capitali investiti in questo settore. Le risposte ci sono, più difficile addurre le prove: perché spesso dietro la quotazioni megagalattiche delle vendite all’incanto ci può essere riciclaggio di denaro sporco, mafia, evasione fiscale, esportazione di valuta e questo perché i quadri sono beni ad altissimo valore che presentano parecchi vantaggi: sono facilmente trasportabili fuori da ogni controllo (arrotolati, tagliati, ridipinti); non hanno bisogno di atto notarile di acquisto; possono essere pagati in qualsiasi valuta; riescono ad eludere tassazioni. Se passano di mano da privato a privato, non c’è Iva; se vengono battuti all’incanto c’è solo sui diritti d’asta; soltanto se la tela si importa o viene acquistata in una galleria si dovrebbe applicare l’imposta sul valore aggiunto, ma i controlli in questo campo sono difficili, perché non esistono listini di prezzo. Immaginiamo ora qualche “scenario”.
Scenario uno. Titolo: mafia, un giro di delinquenza organizzata ricco di contanti da riciclare, acquistata a un asta, tramite un prestanome, un’opera di grandissimo valore, pagata attraverso accrediti bancari o società off-shore. Teniamo presente che la battuta d’asta costituisce la base del futuro prezzo di mercato, crea il pedigree del quadro. Bene: il nostro immaginario gruppo tiene via il quadro per un certo numero di anni, poi lo rimette sul mercato, là dove la valuta in quel momento è più interessante (Londra, Parigi, New York), ricavandone soldi “puliti”. Anonimi i compratori anonimi i venditori per convenzione d’asta.
Scenario due. Titolo: evasione fiscale. Mettiamo un imprenditore – e questo sistema pare sia parecchio utilizzato nel nostro Paese – che voglia fare uscire soldi dalla sua azienda e farli entrare, esentasse nelle proprie tasche. Gli basta mettersi d’accordo con una casa d’aste per vendere alla propria azienda un quadro di sua proprietà – o acquistato per l’occasione – facendo lievitare artatamente il prezzo (bastano due persone incaricate di fingere di contenderselo): Poche illusioni: parecchie case d’aste, anche rinomate (escludendo quelle pochissime superserie e note internazionalmente come Sotheby’s, Christie’,s, Finante) si prestano a questi giochini, anzi a volte incamerano una fetta del ricavato. Così l’immaginario signor x, che possiede, o ha acquistato un grande maestro magari di dubbia attribuzione e qualità, e quindi a buon mercato (un Perugino più restauro che dipinto, un Leonardo probabilmente di scuola, Un Tiziano contestato dalla maggior parte dei critici), lo vende all’asta dietro falso nome, e lo fa acquistare alla propria azienda, mettendosi in tasca centinaia di milioni. E c’è un ulteriore vantaggio; se sfruttato bene, l’acquisto viene utilizzato per fare pubblicità all’azienda.
Scenario tre. Titolo: l’imbroglio. Prendiamo per esempio un pittore contemporaneo che, dopo aver vivacchiato a quotazioni modeste, all’improvviso realizza in parecchie aste cifre da capogiro. E’ stato scoperto dai critici e dal pubblico? No, semplicemente uno o più galleristi che hanno accumulato un congruo numero di sue tele, si mettono d’accordo per gonfiare i prezzi, in modo da stabilire nuovi prezzi di mercato.
Scenario quattro. Titolo: leasing d’arte. Un immaginario imprenditore decide di spendere parte dei budget della sua ditta in opere d’arte. Onde acquisirle con benefici fiscali, usa il leasing. L’azienda paga tutte le rate, ma si ferma prima dell’ultima. A questo punto subentra il cosiddetto “diritto di riscatto”: a norma di legge chiunque, d’accordo con la società di leasing, può riscattare l’opera, pagando la rata mancante. La persona è, quasi sempre, il titolare dell’azienda stessa, che diventa così proprietario di un’opera pagata dalla sua ditta. Con i benefici fiscali. Come le “nozze di Pierrette”, scomparso dal mercato per molti anni, sono innumerevoli i quadri dei quali ogni anno si perdono le tracce. Ma il nulla si chiama “porto franco” e si trova a Zurigo e a Ginevra. Vicino agli aeroporti delle città svizzere due megadepositi ciascuno delle dimensioni di una cittadella, custodiscono migliaia di opere. Veri e propri forzieri del mondo, sorvegliati da vigilantes racchiudono tele di tutti i Maestri degni di questo nome, che attendono lì la scadenza dei termini giuridici per riapparire sul mercato. Perché? La Svizzera è un paese sicuro, che rispetta e protegge i segreti; e il porto franco è un punto dove la merce può arrivare in attesa di destinazione finale e restare così esentasse e esente da ispezioni. Non sempre, beninteso, dietro alle aste c’è illegalità. Ma quando si raggiungono quotazioni astronomiche, un’ombra di sospetto è legittima. Basti pensare, agli “Iris” di Van Ghog acquistati l’anno scorso a New York per 66 miliardi di lire dal magnate australiano Alan Bond ora in via di fallimento. In questo gioco di rialzi concordati, di prezzi esorbitanti, di opere pompate, spesso rimangono presi gli sprovveduti amanti dell’arte. Viviana Kasam


P.S. VIVIANA KASAM E’ UNA IMPORTANTE GIORNALISTA INTERNAZIONALE E COLLABORA CON GIORNALI E IMPORTANTI UNIVERSITA’ COME QUELLA DI GERUSALEMME SEDE DI UN CENTRO DI RICERCA SUL CERVELLO




TESTO A CURA DI LUCA VACCARO-DOTTORE IN FILOSOFIA DEL DIRITTO-VIA ROMAGNA,31-LEGNANO

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