giovedì 21 luglio 2011
PROFILO DI ANDREA VACCARO DA GIOVANE A CURA DEL DOTT. ENRICO BELLONI AMICO E COMPAGNO DI SCUOLA
La prima volta che vidi Andrea (consentitemi di chiamarlo per nome in considerazione della nostra lunga amicizia) era un ragazzo magro come un chiodo, dai capelli ricciuti, neri e folti. I lineamenti erano marcati, il naso piuttosto importante. Ma quello che colpiva di più nel suo viso erano gli occhi. Scuri, vivaci, sempre in movimento. Davano l’impressione di osservare il mondo con grande voracità e voglia di apprendere ma anche con ingenuità e candore. Questa era la prima impressione, quella superficiale perché, conoscendolo meglio, ti accorgevi che non era ingenuità quella che si intravedeva nel suo sguardo ma la genuina, onesta voglia di capire senza preconcetti. Ci incontrammo al liceo e i nostri rapporti non furono molto buoni all’inizio. Andrea aveva una mente sempre in movimento, vulcanica. Lui amava discutere, capire. Io venivo da un’esperienza totalmente diversa. Non ero abituato a discutere con altri le mie idee. Non che non ne avessi, ma me le tenevo per me. Le elaboravo e le mettevo via. Lui invece non poteva fare a meno di esternare le sue emozioni e metterle alla prova con il confronto. E devo dire che non è cambiato affatto. Fu il mio grimaldello accanito, tenace, non dava tregua e alla fine imparai anch’io a parlare delle mie idee e a confrontarmi con gli altri. Questo fu il primo regalo che Andrea mi fece. Il secondo fu quello di farmi scoprire l’arte. Fui subito affascinato dalla sua apparente facilità nel disegnare e in un primo momento lo invidiai perché lo vedevo che lui traeva gioia da questa sua capacità. Ne parlammo e a poco a poco entrai nel suo mondo d’artista. Riuscii a seguire, almeno in parte, i percorsi della sua mente quando dipingeva; e questo mi affascinava. Scoprii che l’artista non copia semplicemente la realtà, come pensavo in un primo momento, ma la interpreta, ci mette del suo ed era questa elaborazione del reale che mi interessava. Da qui nacquero tutte le nostre discussioni. La filosofia ci venne in aiuto e così mentre lui dipingeva, svitavamo e riavvitavamo insieme l’universo. Allora io abitavo, con i miei, in una villa che aveva vasta soffitta (adesso si direbbe più pomposamente mansarda). Questo locale aveva il pregio di un grande lucernario che consentiva alla luce di arrivare nella stanza per gran parte della giornata. Era l’ideale per un pittore. La sistemammo alla meglio e Andrea vi si insediò facendone il suo studio. Li dipinse la maggior parte dei quadri suoi che io amo di più. Ricordo una marina con barche dove riesce, in maniera mirabile a rendere la profondità della spiaggia senza quasi usare il colore. Ricordo il ritratto di una giovane donna bionda, delicato, sottilmente evocativo di ormai dimenticate atmosfere giovanili. Un giorno lo accompagnai in una delle sue solite sortite nella campagna attorno a Legnano, per dipingere qualche scorcio interessante. Eravamo al limitare di un campo, circondato, come succede sempre nella campagna lombarda, da filari di pioppi. L’orizzonte era limitato ma, proprio per questo, faceva pensare a spazi immensi. La fantasia è, contrariamente a quello che si ostina a sostenere Andrea, molto più immaginifica della realtà. Lui incominciò a dipingere mentre intanto discutevamo. Sinceramente non vedevo nulla di particolare in quell’angolo di campagna legnanese. Passò il tempo, Andrea non mi sembrava particolarmente impegnato nel quadro; appariva svagato, assente quasi. Alla fine, vinto dalla curiosità, mi portai dietro a lui e osservai quello che aveva dipinto. Ne rimasi esterrefatto. Laddove io non avevo visto che un susseguirsi tutto uguale di alberi, l’Artista aveva estratto una ricca tavolozza di verde; verde chiaro, brillante, scuro, tendente al grigio, sfumato dalla lontananza, brillante e traslucido di umidità. Quale ricchezza di sfumature racchiuse in un unico colore! Col tempo, conoscendolo sempre più a fondo, mi resi conto che la pittura per Andrea, era una missione oltre che una ragione di vita. Sono felice dopo che le vicende della vita ci hanno allontanato per tanti anni, di ritrovarlo, ora come allora, vivo pieno di curiosità, di fiducia in se stesso e nella vita. Grazie, Andrea, ancora una volta, per la lezione di vita che hai saputo darmi.
Il tuo amico e ammiratore. Enrico Belloni – Legnano, 17 novembre 1995.
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