IL SARTO PIETRO GUGLIOTTA
Tra i miei ammiratori a Legnano c’era un grande sarto alla moda, il Signor PIETRO GUGLIOTTA. Anche lui fu tra i miei sostenitore e mi foraggiava per l’acquisto di pennelli e colori a tempera, fin da quando frequentavo la prima elementare. Ricordo che andava a comperare i colori ad olio da un simpaticissimo droghiere in Corso Garibaldi, un cento metri prima della chiesa di S.Domenico. Quasi di fronte alla chiesa c’era un negozio che mi entusiasmava: aveva alle pareti quadri con paesaggi che allora mi parevano meravigliosi. Barche e tramonti, case del lago con i portici e via discorrendo. Il sarto Gugliotta, del quale sono entrato in possesso di una foto di un mio ritratto a matita, era uno squisito uomo di alta società. Fra i suoi clienti, c’erano i più bei nomi dell’alta società legnanese. Aveva un grande laboratorio con il parquet di legno e tre tavoloni, lunghi lunghi e larghi. Sopra di essi forbicioni enormi che a fatica riuscivo a prendere in mano. Sui lati più stretti erano infissi degli stiramaniche che venivano girati di qua o di là a seconda della necessità. Dopo un corto corridoio si accedeva ad un salotto di sogno, con divani e poltrone in velluto grigio-azzurro, come sembrano debbano ritornare di moda a distanza di tanti anni. Uno simile, di salotto, l’ho visto in casa di un noto uomo politico in un intervista alla televisione. Specchi alti e girevoli di forma ovale e manichini da donna come quelli di De Chirico e Carrà. Mobili contenitori di stoffe pregiate e riviste alla moda. Questa era la sala prove. Il salotto era entrando in corridoio, sulla destra dopo il lungo e lussuoso bagno e la grande cucina. La sala d’attesa per le signore era assolutamente affascinante. Appena dentro proprio sopra un gran divano, appesi alla parete c’erano due quadroni straordinari. Uno rappresentava delle rose dipinte su velluto marrone e l’altro una visione straordinari di un prato e di una casa di montagna, dipinti in maniera sciolta, libera e affascinante. Il signor Gugliotta raccontava che questo quadro l’aveva comperato prima della guerra, nel ridotto del cinema Legnano. Gli era piaciuto e l’aveva comperato. Raccontava anche che sempre al cinema Legnano aveva visto una mostra di quadri moderni e che aveva chiesto al pittore cosa significassero. Il pittore aveva risposto: “come non capisce? Non vede che c’è dentro questo e quest’altro!” Il sarto allora aveva risposto: “ma io non ci vedo quello che lei vuol rappresentare”. Rispondeva allora il pittore: “io ho rappresentato quello che io ho visto”. Il Gugliotta stette un poco in silenzio per cercare di capire, poi sbottò: ma con quella vista proprio il pittore doveva fare!”Il signor Pietro era amico di mio padre anche perché tutti e due erano siciliani della provincia di Ragusa. Come si usa tutt’ora dalle loro parti, l’onore più grande era quello di fare la barba in casa. Così mio padre si offriva volentieri a questo rito e portava anche me, attratto da una favolosa zuppa inglese, capace di farmi rimanere ad aspettare anche più di un’ora. Grazie al signor Pietro, fino dai primi anni della scuola elementare ho potuto avere pennelli e strumenti di lavoro, tranne la carta. In quel periodo anche il famoso Enzo Pagani mi dava carboncini, gessetti per litografia e carta da disegno già disegnata sul retro. Pagani mi apprezzava e prometteva di interessarsi a me. Tuttavia le cose sono andate in altro modo in quanto la vita ha assunto sempre più atteggiamenti radicali e, subito dopo la fine del liceo, mi sono allontanato da Legnano fino al 1970, anno del mio rientro. A proposito del sarto Gugliotta devo precisare che viveva a Legnano da solo per via della importante clientela locale e ritornava pochi mesi all’anno in Sicilia, dove viveva il resto della famiglia. Qui, da noi, era assistito da una governante a nome Pierina e da un operaio meridionale in tutto simile all’attore Giannini. Questa persona divenne poi un sindacalista e si fece una buona posizione economica.
Tra i miei ammiratori a Legnano c’era un grande sarto alla moda, il Signor PIETRO GUGLIOTTA. Anche lui fu tra i miei sostenitore e mi foraggiava per l’acquisto di pennelli e colori a tempera, fin da quando frequentavo la prima elementare. Ricordo che andava a comperare i colori ad olio da un simpaticissimo droghiere in Corso Garibaldi, un cento metri prima della chiesa di S.Domenico. Quasi di fronte alla chiesa c’era un negozio che mi entusiasmava: aveva alle pareti quadri con paesaggi che allora mi parevano meravigliosi. Barche e tramonti, case del lago con i portici e via discorrendo. Il sarto Gugliotta, del quale sono entrato in possesso di una foto di un mio ritratto a matita, era uno squisito uomo di alta società. Fra i suoi clienti, c’erano i più bei nomi dell’alta società legnanese. Aveva un grande laboratorio con il parquet di legno e tre tavoloni, lunghi lunghi e larghi. Sopra di essi forbicioni enormi che a fatica riuscivo a prendere in mano. Sui lati più stretti erano infissi degli stiramaniche che venivano girati di qua o di là a seconda della necessità. Dopo un corto corridoio si accedeva ad un salotto di sogno, con divani e poltrone in velluto grigio-azzurro, come sembrano debbano ritornare di moda a distanza di tanti anni. Uno simile, di salotto, l’ho visto in casa di un noto uomo politico in un intervista alla televisione. Specchi alti e girevoli di forma ovale e manichini da donna come quelli di De Chirico e Carrà. Mobili contenitori di stoffe pregiate e riviste alla moda. Questa era la sala prove. Il salotto era entrando in corridoio, sulla destra dopo il lungo e lussuoso bagno e la grande cucina. La sala d’attesa per le signore era assolutamente affascinante. Appena dentro proprio sopra un gran divano, appesi alla parete c’erano due quadroni straordinari. Uno rappresentava delle rose dipinte su velluto marrone e l’altro una visione straordinari di un prato e di una casa di montagna, dipinti in maniera sciolta, libera e affascinante. Il signor Gugliotta raccontava che questo quadro l’aveva comperato prima della guerra, nel ridotto del cinema Legnano. Gli era piaciuto e l’aveva comperato. Raccontava anche che sempre al cinema Legnano aveva visto una mostra di quadri moderni e che aveva chiesto al pittore cosa significassero. Il pittore aveva risposto: “come non capisce? Non vede che c’è dentro questo e quest’altro!” Il sarto allora aveva risposto: “ma io non ci vedo quello che lei vuol rappresentare”. Rispondeva allora il pittore: “io ho rappresentato quello che io ho visto”. Il Gugliotta stette un poco in silenzio per cercare di capire, poi sbottò: ma con quella vista proprio il pittore doveva fare!”Il signor Pietro era amico di mio padre anche perché tutti e due erano siciliani della provincia di Ragusa. Come si usa tutt’ora dalle loro parti, l’onore più grande era quello di fare la barba in casa. Così mio padre si offriva volentieri a questo rito e portava anche me, attratto da una favolosa zuppa inglese, capace di farmi rimanere ad aspettare anche più di un’ora. Grazie al signor Pietro, fino dai primi anni della scuola elementare ho potuto avere pennelli e strumenti di lavoro, tranne la carta. In quel periodo anche il famoso Enzo Pagani mi dava carboncini, gessetti per litografia e carta da disegno già disegnata sul retro. Pagani mi apprezzava e prometteva di interessarsi a me. Tuttavia le cose sono andate in altro modo in quanto la vita ha assunto sempre più atteggiamenti radicali e, subito dopo la fine del liceo, mi sono allontanato da Legnano fino al 1970, anno del mio rientro. A proposito del sarto Gugliotta devo precisare che viveva a Legnano da solo per via della importante clientela locale e ritornava pochi mesi all’anno in Sicilia, dove viveva il resto della famiglia. Qui, da noi, era assistito da una governante a nome Pierina e da un operaio meridionale in tutto simile all’attore Giannini. Questa persona divenne poi un sindacalista e si fece una buona posizione economica.
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