A LOURDES (Francia) NEGLI ALTI PIRENEI. NEL 1858 AVVENNERO APPARIZIONI DELLA MADONNA ALLA PASTORELLA BERNADETTE SOUBIROUS NELLA GROTTA DI MASSABIELLE.
UN ATEO A LOURDES.
A partire dagli anni ’60 ho incominciato a sentire dolori forti alla nuca e al collo. Inizialmente traevo vantaggio da normali antidolorifici. Tuttavia ogni qualvolta il mio lavoro mi portava a Venezia, circa tre volte alla settimana, dovevo avere con me una pesante valigia nella quale tenevo il campionario tessile per conto della ditta, i cui prodotti dovevo vendere. Tutti conoscono Venezia e la sua antica storia e bellezza. Tuttavia spostarsi a piedi nella città lagunare è faticoso e la valigia pesava. I clienti da visitare erano sparsi su tutto il territorio e, pur giovane, alla sera mi trovavo affaticato e con il braccio e le spalle doloranti. Mi son fatto visitare da medici che, attraverso raggi x, mi avevano diagnosticato l’inizio di un artrosi precoce. Con antidolorifici e qualche medicina continuai la mia attività. Mi sposai ed ebbi una figlia; a Padova mi capitò una improvvisa sordità all’orecchio destro. Quello che maggiormente disturbava era il costante e forte rumore di segheria che mi tormentava giorno e notte. Mi venne diagnosticato un ictus labirintico dell’orecchio. Allora, come oggi, non c’erano rimedi e il consiglio del medico fu quello di abituarmi. Cosa questa assai difficile tanto da disperarmi. Tuttavia un normale medico, all’inizio della carriera, mi consigliò due tipi di iniezioni. Nel giro di una settimana ebbi un miglioramento notevole e l’udito ritornò buono anche se permaneva costante un fischio, fastidioso ma più sopportabile della segheria di prima. Decisi di lasciare il mio lavoro per cambiarlo con un altro e il Piemonte divenne la mia zona di lavoro. Mi trovavo bene e vendevo molto. L’azienda tuttavia non consegnò mai i modelli prenotati e dopo poco fallì. Cambiai ancora lavoro e ritornai nel veneto. Tuttavia passavano gli anni e il conflitto con i clienti mi aveva estenuato. Avevo trascurato per tutti quegli anni la mia passione per la pittura. Il momentaneo periodo di assenza da un lavoro mi spinse a dipingere. Un assicuratore mi comperò alcuni quadri e mi fece un piccolo contratto come pittore. Da allora iniziò la mia lunga ma difficile carriera di pittore professionista. Ero completamente rinato e lavorai con ardore per gallerie e mercanti. I figli crescevano e tutto sommato la famiglia poteva considerarsi felice. Un brutto giorno ebbi un litigio con un tassista, arrogante come molti di loro lo sono. Venni alle mani e ci pestammo per bene. Caddi a terra ma tutto parve risolversi con qualche botta e molta amarezza. Un pomeriggio, seduto al tavolo per piegare volantini e manifesti pubblicitari, all’improvviso un dolore mi paralizzò il braccio e la mano destra. Gli specialisti paraloro di ernie al disco nel rachide cervicale. Eravamo alla fine degli anni settanta e la medicina era ancora arretrata: c’era persino la possibilità di rimanere paralizzato se non di giungere alla morte. Mi venne consigliato mi tenermi il braccio e la mano così come erano. Di fronte alle mia affermazioni di disappunto, dovendo io guadagnarmi il pane con la pittura, mi risposero di andare alla stazione ferroviaria e di portare le valige ai clienti. Oggi le cose in medicina sono molto migliorate ma allora, in zone di provincia, c’era poco da stare allegri. Da parte di mia madre non ricordo una sola parola di conforto e da parte di mia sorella mi venne detta questa frase: “Hai voluto fare il pittore, ora pedala!” Non potevo contare su nessuno. I figli erano piccoli e mia moglie doveva badare ad essi. Non rivelai a nessuno le mie difficoltà perché gli avversari ne avrebbero tratto l’occasione per diffamarmi ulteriormente. Piangendo e con enorme sforzo, con tutte e due le mani unite, continuai a dipingere. Verso la fine degli anni ’90 mi venne a far male il collo, tanto da non riuscire a dormire. Mia moglie aveva la pazienza di reggere il collo in modo che io potessi rilassarmi. Venne il duemila e mia madre si ammalò di cancro. La famiglia mi chiese di andare a Lourdes per prendere l’acqua della fonte e chiedere di guarire la malattia della mamma. Guidai con il collo dolorante sorretto dalle mani di mia moglie. Ci fermammo più a nord, a Toulouse perché prima di andare a Lourdes volevamo vedere il Limousin. Durante la notte mi sentii male: probabilmente avevo mangiato qualche cosa di pericoloso. Alla mattina pensammo di interrompere il nostro viaggio programmato e incominciammo il viaggio di ritorno. Arrivati a Lourdes, fummo colpiti dalla fiera paesana fatta da bancarelle e di alberghi i cui proprietari gridavano la convenienza di pernottare da loro. Entrammo nel grande parco della grotta tra mezzogiorno e le due del pomeriggio. C’era poca gente e visitammo subito la grotta. Fummo colpiti dall’arembaggio dei fedeli con grosse taniche per fare il pieno dell’acqua miracolosa. Vedemmo candele gigantesche portate a spalla, sulle quale c’erano scritte simili: “con più dura la fiamma più in alto giunge la preghiera”. Era estate ed io mi sedetti su una panchina sotto gli alberi all’altezza della chiesa. Mia moglie visitò a lungo tutti i luoghi sacri. Personalmente, nella mente, formulai questa richiesta: “ qualunque deità tu sia, vedi tu cosa puoi fare per me….!” Ritornati a Legnano dopo una breve sosta a Sanremo per consegnare l’acqua, ripresi a dipingere e mi accorsi che il dolore al collo era scomparso e che il braccio poteva muoversi molto più agevolmente. Suggestione? Un intervento soprannaturale? Qualche tempo dopo ebbi disturbi al braccio sinistro e le analisi e i raggi x confermarono la continuazione della malattia. Tuttavia il dolore al collo non c’era più e la mano destra può ancora disegnare e dipingere molto agevolmente. Qualunque intervento ci sia stato, io consiglio a tutti di andare almeno una volta a Lourdes.
UN ATEO A LOURDES.
A partire dagli anni ’60 ho incominciato a sentire dolori forti alla nuca e al collo. Inizialmente traevo vantaggio da normali antidolorifici. Tuttavia ogni qualvolta il mio lavoro mi portava a Venezia, circa tre volte alla settimana, dovevo avere con me una pesante valigia nella quale tenevo il campionario tessile per conto della ditta, i cui prodotti dovevo vendere. Tutti conoscono Venezia e la sua antica storia e bellezza. Tuttavia spostarsi a piedi nella città lagunare è faticoso e la valigia pesava. I clienti da visitare erano sparsi su tutto il territorio e, pur giovane, alla sera mi trovavo affaticato e con il braccio e le spalle doloranti. Mi son fatto visitare da medici che, attraverso raggi x, mi avevano diagnosticato l’inizio di un artrosi precoce. Con antidolorifici e qualche medicina continuai la mia attività. Mi sposai ed ebbi una figlia; a Padova mi capitò una improvvisa sordità all’orecchio destro. Quello che maggiormente disturbava era il costante e forte rumore di segheria che mi tormentava giorno e notte. Mi venne diagnosticato un ictus labirintico dell’orecchio. Allora, come oggi, non c’erano rimedi e il consiglio del medico fu quello di abituarmi. Cosa questa assai difficile tanto da disperarmi. Tuttavia un normale medico, all’inizio della carriera, mi consigliò due tipi di iniezioni. Nel giro di una settimana ebbi un miglioramento notevole e l’udito ritornò buono anche se permaneva costante un fischio, fastidioso ma più sopportabile della segheria di prima. Decisi di lasciare il mio lavoro per cambiarlo con un altro e il Piemonte divenne la mia zona di lavoro. Mi trovavo bene e vendevo molto. L’azienda tuttavia non consegnò mai i modelli prenotati e dopo poco fallì. Cambiai ancora lavoro e ritornai nel veneto. Tuttavia passavano gli anni e il conflitto con i clienti mi aveva estenuato. Avevo trascurato per tutti quegli anni la mia passione per la pittura. Il momentaneo periodo di assenza da un lavoro mi spinse a dipingere. Un assicuratore mi comperò alcuni quadri e mi fece un piccolo contratto come pittore. Da allora iniziò la mia lunga ma difficile carriera di pittore professionista. Ero completamente rinato e lavorai con ardore per gallerie e mercanti. I figli crescevano e tutto sommato la famiglia poteva considerarsi felice. Un brutto giorno ebbi un litigio con un tassista, arrogante come molti di loro lo sono. Venni alle mani e ci pestammo per bene. Caddi a terra ma tutto parve risolversi con qualche botta e molta amarezza. Un pomeriggio, seduto al tavolo per piegare volantini e manifesti pubblicitari, all’improvviso un dolore mi paralizzò il braccio e la mano destra. Gli specialisti paraloro di ernie al disco nel rachide cervicale. Eravamo alla fine degli anni settanta e la medicina era ancora arretrata: c’era persino la possibilità di rimanere paralizzato se non di giungere alla morte. Mi venne consigliato mi tenermi il braccio e la mano così come erano. Di fronte alle mia affermazioni di disappunto, dovendo io guadagnarmi il pane con la pittura, mi risposero di andare alla stazione ferroviaria e di portare le valige ai clienti. Oggi le cose in medicina sono molto migliorate ma allora, in zone di provincia, c’era poco da stare allegri. Da parte di mia madre non ricordo una sola parola di conforto e da parte di mia sorella mi venne detta questa frase: “Hai voluto fare il pittore, ora pedala!” Non potevo contare su nessuno. I figli erano piccoli e mia moglie doveva badare ad essi. Non rivelai a nessuno le mie difficoltà perché gli avversari ne avrebbero tratto l’occasione per diffamarmi ulteriormente. Piangendo e con enorme sforzo, con tutte e due le mani unite, continuai a dipingere. Verso la fine degli anni ’90 mi venne a far male il collo, tanto da non riuscire a dormire. Mia moglie aveva la pazienza di reggere il collo in modo che io potessi rilassarmi. Venne il duemila e mia madre si ammalò di cancro. La famiglia mi chiese di andare a Lourdes per prendere l’acqua della fonte e chiedere di guarire la malattia della mamma. Guidai con il collo dolorante sorretto dalle mani di mia moglie. Ci fermammo più a nord, a Toulouse perché prima di andare a Lourdes volevamo vedere il Limousin. Durante la notte mi sentii male: probabilmente avevo mangiato qualche cosa di pericoloso. Alla mattina pensammo di interrompere il nostro viaggio programmato e incominciammo il viaggio di ritorno. Arrivati a Lourdes, fummo colpiti dalla fiera paesana fatta da bancarelle e di alberghi i cui proprietari gridavano la convenienza di pernottare da loro. Entrammo nel grande parco della grotta tra mezzogiorno e le due del pomeriggio. C’era poca gente e visitammo subito la grotta. Fummo colpiti dall’arembaggio dei fedeli con grosse taniche per fare il pieno dell’acqua miracolosa. Vedemmo candele gigantesche portate a spalla, sulle quale c’erano scritte simili: “con più dura la fiamma più in alto giunge la preghiera”. Era estate ed io mi sedetti su una panchina sotto gli alberi all’altezza della chiesa. Mia moglie visitò a lungo tutti i luoghi sacri. Personalmente, nella mente, formulai questa richiesta: “ qualunque deità tu sia, vedi tu cosa puoi fare per me….!” Ritornati a Legnano dopo una breve sosta a Sanremo per consegnare l’acqua, ripresi a dipingere e mi accorsi che il dolore al collo era scomparso e che il braccio poteva muoversi molto più agevolmente. Suggestione? Un intervento soprannaturale? Qualche tempo dopo ebbi disturbi al braccio sinistro e le analisi e i raggi x confermarono la continuazione della malattia. Tuttavia il dolore al collo non c’era più e la mano destra può ancora disegnare e dipingere molto agevolmente. Qualunque intervento ci sia stato, io consiglio a tutti di andare almeno una volta a Lourdes.
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