E’ possibile che una donna onesta, brava, lavoratrice, che si è completamente sacrificata nel lavoro per mantenere la famiglia, divenga poi una aguzzina nei confronti del figlio minore maschio? Si! E’ quello che è successo a mia madre. Abbandonata, sola con due figli in una cittadina non sua, senza parenti vicini e in tempo di guerra, ha saputo far fronte all’atteggiamento codardo del marito siciliano che ha preferito la vita da milite fascista lontano dalle reali responsabilità familiari. Ho già raccontato molto sulle motivazioni di questa fuga dalle responsabilità. Ho cercato anche di dare spiegazioni semplici su un periodo storico anni trenta e quaranta: superstizione ed incoscienza! Tuttavia questa donna, tanto eroica quanto ancora innamorata di un uomo incosciente e crudele, dopo aver perdonato al marito ed averlo aiutato ad inserirsi di nuovo nella società, si è trasformata via via in matrigna nei confronti del figlio “maledetto”. Ciò nonostante, la volontà di vita ha fatto si che questo bambino crescesse tra minacce di morte, insulti, privazioni ed umiliazioni fino a riuscire a fuggire da quell’opprimente ambito familiare e farsi una sua famiglia, ben diversa da quella di origine. Non è vero che un bambino maltrattato diventa poi un malefico genitore. Chi avesse la pazienza di leggere la mia storia, si renderebbe conto che questa opinione è di comodo e del tutto sbagliata. Quello che conta è la genetica, parola ancora misteriosa alla maggioranza della gente, che pensa sia solo la ricchezza e le buone maniere della famiglia e dell’ambiente a fare di un maschio un uomo valido ed utile alla società. Pochi di voi possono ricordare il periodo della mia infanzia e della mia giovinezza.Nessuno crede che l’umanità è crudele a tal punto di bastonare a morte un cavallo o un asino per stimolarlo a poratre e tirare pesi insopportabili. Ebbene dagli anni trenta a quelli orami dimenticati degli anni cinquanta, certe famiglie stressavano, bastonavano quasi a morte un bambino sgradito per ottenere frutti graditi e notevoli senza concedere nulla in cambio. Stress? L’ignoranza degli italiani allora era immensa e valeva solo il mito fascista: “santo bastone e olio di ricino!” Un esempio: la cipolla da mangiare. Per molti è una bontà da gustare, per altri, come me, un cibo repellente, vomitevole ed impossibile da digerire. “Se non mangi subito tutta la cipolla, ti ammazzo!” Con questa frase minacciosa ed un grosso coltello da cucina in mano, mio padre mi obbligava a trangugiare quell’ortaggio che inesorabilmente vomitavo subito dopo. Allora botte, insulti e di nuovo minacce di morte. Ero costretto a rimangiare la cipolla che immediatamente rivomitavo e così sarebbe andata avanti all’infinito se non fosse intervenuta la nonna del lago Maggiore a difendermi, prendendo magari botte e frasi oltraggiose a sua volta. Questo è solo un piccolo esempio di una situazione familiare che oggi non potrebbe più esistere perché la legge pone dei limiti alla potestà familiare. Volendo giustificare tutte le angherie patite, posso affermare che l’atteggiamento punitivo ed estremamente esigente nei miei confronti era dovuto a due fattori essenziali: immaturità e desiderio di ottenere successo sociale per i figli. Immaturità dovuta alle proprie esperienze limitate o sbagliate con i propri parenti e a causa di un momento storico, quello fascista, dove la società veniva forzata a credere che la volontà fosse tutto. Quindi era sufficiente desiderare e pretendere da me per ottenere tutto quello che le proprie frustrazioni non avevano permesso loro di ottenere. Quindi negazione brutale ed assoluta di qualsiasi giocattolo anche il più modesto. Rigidità nel pretendere successi scolastici al di sopra di tutti gli altri, ignorando una semplice verità: mentre il sottoscritto stava solo nei mesi estivi sull’asfalto bollente a levare dalla strada bitume arroventato per farne palline con cui giocare, i compagnucci di scuola venivano ospitati (alcuni, i più ricchi) nei migliori collegi svizzeri dove trascorrere ad alto livello i caldi mesi estivi tra i giochi, insegnati di lingue straniere, giocolieri e spettacoli teatrali. Mi pare comunque inutile raccontare tutte le privazioni subite. Quello che più mi offendeva era la differenza di trattamento fra me e mia sorella maggiore di tre anni. A lei veniva concesso tutto il meglio che la famiglia poteva permettere. La scusa era sempre la stessa: è la migliore della classe, la più brava di tutte le scuole mentre io a fatica venivo promosso con la media del sette (ora sarebbe paragonato all’ottimo). La schiavitù familiare e la totale insensibilità nei miei confronti è durata vent’anni. Dopo di ciò sono riuscito a liberarmi e a rinascere. Perché mai questa involuzione? Una donna, madre di due figli, abbandonata, per motivi assurdi, trova la forza di lavorare e provvedere ai suoi figli ed a se stessa. Accetta quindi un lavoro impegnativo che la stressa. A lungo andare matura una vera insofferenza verso il sesso maschile ma non riesce a vendicarsi del marito bello, di cui è innamorata. Matura quindi l’avversione verso quel bambino non desiderato e cerca di riscattare le sue sofferenze e le sue insicurezze costringendolo a divenire presto uomo, capace di provvedere da se stesso ai suoi bisogni vitali. Non intende nemmeno festeggiare i compleanni e gli onomastici. Andrea deve crescere, ubbidiente e capace. Deve avere i migliori voti. Deve arrivare ad un traguardo sociale ed economico solo con le sue forze a al più presto. Deve lavorare perché lei non ce la fa più. Lei è molto stressata ed ha paura della miseria e del bisogno. Il marito bello è solo un impaccio ma trova nella sua brutalità verso Andrea la spinta verso l’emancipazione dal bisogno. Probabilmente non ha nemmeno la capacità di capire lo sforzo che fa il figlio, che deve rinunciare alla sua natura di artista, perché la mamma lo vuole laureato. La tensione in famiglia è alta ed il padre decide di togliere ad Andrea la sua paternità: “tu non sei più mio figlio. Ti ripudio!” Gli obiettivi di mamma e papà sono la felicità della figlia, per la quale sperano in un matrimonio di promozione sociale. Purtroppo non sanno valutare la realtà e creano una grande infelicità per tutti. Finalmente, esausto, Andrea riesce a fuggire lontano e con l’aiuto di Marisa forma la sua vera famiglia. Certamente mi hanno derubato il diritto alla mia infanzia ma hanno ottenuto che diventassi uomo, artista di professione e capace di mantenere me stesso, la moglie, due figli e un numero considerevole di gatti.
giovedì 7 agosto 2008
DA EROINA A TIRANNA
E’ possibile che una donna onesta, brava, lavoratrice, che si è completamente sacrificata nel lavoro per mantenere la famiglia, divenga poi una aguzzina nei confronti del figlio minore maschio? Si! E’ quello che è successo a mia madre. Abbandonata, sola con due figli in una cittadina non sua, senza parenti vicini e in tempo di guerra, ha saputo far fronte all’atteggiamento codardo del marito siciliano che ha preferito la vita da milite fascista lontano dalle reali responsabilità familiari. Ho già raccontato molto sulle motivazioni di questa fuga dalle responsabilità. Ho cercato anche di dare spiegazioni semplici su un periodo storico anni trenta e quaranta: superstizione ed incoscienza! Tuttavia questa donna, tanto eroica quanto ancora innamorata di un uomo incosciente e crudele, dopo aver perdonato al marito ed averlo aiutato ad inserirsi di nuovo nella società, si è trasformata via via in matrigna nei confronti del figlio “maledetto”. Ciò nonostante, la volontà di vita ha fatto si che questo bambino crescesse tra minacce di morte, insulti, privazioni ed umiliazioni fino a riuscire a fuggire da quell’opprimente ambito familiare e farsi una sua famiglia, ben diversa da quella di origine. Non è vero che un bambino maltrattato diventa poi un malefico genitore. Chi avesse la pazienza di leggere la mia storia, si renderebbe conto che questa opinione è di comodo e del tutto sbagliata. Quello che conta è la genetica, parola ancora misteriosa alla maggioranza della gente, che pensa sia solo la ricchezza e le buone maniere della famiglia e dell’ambiente a fare di un maschio un uomo valido ed utile alla società. Pochi di voi possono ricordare il periodo della mia infanzia e della mia giovinezza.Nessuno crede che l’umanità è crudele a tal punto di bastonare a morte un cavallo o un asino per stimolarlo a poratre e tirare pesi insopportabili. Ebbene dagli anni trenta a quelli orami dimenticati degli anni cinquanta, certe famiglie stressavano, bastonavano quasi a morte un bambino sgradito per ottenere frutti graditi e notevoli senza concedere nulla in cambio. Stress? L’ignoranza degli italiani allora era immensa e valeva solo il mito fascista: “santo bastone e olio di ricino!” Un esempio: la cipolla da mangiare. Per molti è una bontà da gustare, per altri, come me, un cibo repellente, vomitevole ed impossibile da digerire. “Se non mangi subito tutta la cipolla, ti ammazzo!” Con questa frase minacciosa ed un grosso coltello da cucina in mano, mio padre mi obbligava a trangugiare quell’ortaggio che inesorabilmente vomitavo subito dopo. Allora botte, insulti e di nuovo minacce di morte. Ero costretto a rimangiare la cipolla che immediatamente rivomitavo e così sarebbe andata avanti all’infinito se non fosse intervenuta la nonna del lago Maggiore a difendermi, prendendo magari botte e frasi oltraggiose a sua volta. Questo è solo un piccolo esempio di una situazione familiare che oggi non potrebbe più esistere perché la legge pone dei limiti alla potestà familiare. Volendo giustificare tutte le angherie patite, posso affermare che l’atteggiamento punitivo ed estremamente esigente nei miei confronti era dovuto a due fattori essenziali: immaturità e desiderio di ottenere successo sociale per i figli. Immaturità dovuta alle proprie esperienze limitate o sbagliate con i propri parenti e a causa di un momento storico, quello fascista, dove la società veniva forzata a credere che la volontà fosse tutto. Quindi era sufficiente desiderare e pretendere da me per ottenere tutto quello che le proprie frustrazioni non avevano permesso loro di ottenere. Quindi negazione brutale ed assoluta di qualsiasi giocattolo anche il più modesto. Rigidità nel pretendere successi scolastici al di sopra di tutti gli altri, ignorando una semplice verità: mentre il sottoscritto stava solo nei mesi estivi sull’asfalto bollente a levare dalla strada bitume arroventato per farne palline con cui giocare, i compagnucci di scuola venivano ospitati (alcuni, i più ricchi) nei migliori collegi svizzeri dove trascorrere ad alto livello i caldi mesi estivi tra i giochi, insegnati di lingue straniere, giocolieri e spettacoli teatrali. Mi pare comunque inutile raccontare tutte le privazioni subite. Quello che più mi offendeva era la differenza di trattamento fra me e mia sorella maggiore di tre anni. A lei veniva concesso tutto il meglio che la famiglia poteva permettere. La scusa era sempre la stessa: è la migliore della classe, la più brava di tutte le scuole mentre io a fatica venivo promosso con la media del sette (ora sarebbe paragonato all’ottimo). La schiavitù familiare e la totale insensibilità nei miei confronti è durata vent’anni. Dopo di ciò sono riuscito a liberarmi e a rinascere. Perché mai questa involuzione? Una donna, madre di due figli, abbandonata, per motivi assurdi, trova la forza di lavorare e provvedere ai suoi figli ed a se stessa. Accetta quindi un lavoro impegnativo che la stressa. A lungo andare matura una vera insofferenza verso il sesso maschile ma non riesce a vendicarsi del marito bello, di cui è innamorata. Matura quindi l’avversione verso quel bambino non desiderato e cerca di riscattare le sue sofferenze e le sue insicurezze costringendolo a divenire presto uomo, capace di provvedere da se stesso ai suoi bisogni vitali. Non intende nemmeno festeggiare i compleanni e gli onomastici. Andrea deve crescere, ubbidiente e capace. Deve avere i migliori voti. Deve arrivare ad un traguardo sociale ed economico solo con le sue forze a al più presto. Deve lavorare perché lei non ce la fa più. Lei è molto stressata ed ha paura della miseria e del bisogno. Il marito bello è solo un impaccio ma trova nella sua brutalità verso Andrea la spinta verso l’emancipazione dal bisogno. Probabilmente non ha nemmeno la capacità di capire lo sforzo che fa il figlio, che deve rinunciare alla sua natura di artista, perché la mamma lo vuole laureato. La tensione in famiglia è alta ed il padre decide di togliere ad Andrea la sua paternità: “tu non sei più mio figlio. Ti ripudio!” Gli obiettivi di mamma e papà sono la felicità della figlia, per la quale sperano in un matrimonio di promozione sociale. Purtroppo non sanno valutare la realtà e creano una grande infelicità per tutti. Finalmente, esausto, Andrea riesce a fuggire lontano e con l’aiuto di Marisa forma la sua vera famiglia. Certamente mi hanno derubato il diritto alla mia infanzia ma hanno ottenuto che diventassi uomo, artista di professione e capace di mantenere me stesso, la moglie, due figli e un numero considerevole di gatti.
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