sabato 26 gennaio 2013

MIA MADRE




Disprezzava il padre, valente liutaio, falegname, bottaio ed enologo, nonché accordatore di pianoforti, perché non aveva lo stipendio fisso e non era laureato. Disprezzava tutti coloro che vivevano del proprio lavoro indipendente. Lei voleva lo stipendio fisso e pretendeva il successo sociale attraverso i figli. Disprezzava i fratelli e le cognate perché erano operai ma chi ti va a sposare? Un garzone di barbiere meridionale perché era diverso dagli abitanti bonaccioni del Lago Maggiore. Risultato: il marito, divenuto vigile urbano, abbandona il lago Maggiore per fissare la dimora a Legnano, città industriale, infernale come se non peggio di Taranto con cento ILVA! (anni ’40). Non solo la fa venire via dai suoi di Pallanza e trasferisce la residenza in quella terribile città lombarda. Qui, la lascia, l’abbandona senza soldi, senza lavoro, con due figli piccoli, tra cui il sottoscritto di otto mesi. Dove va? Va volontario nella milizia fascista a Spalato (Jugoslavia). Scrive che è felice lontano dalla suocera e non si preoccupa della moglie e dei due figli piccoli. Il resto è duro lavoro per mia madre che diventa avara e scarseggia in cure nei miei confronti. Quando arriva il 25 aprile, il fascista fanatico, scappa a casa dentro un camioncino e pieno di paura si nasconde sotto il letto. Nessuno vuol farlo lavorare ma mia madre riesce a farlo riassumere come vigile urbano. Tutti e due sono rimasti fascisti!

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