giovedì 29 novembre 2012

LA SUPERSTIZIONE E L'EDUCAZIONE FAMILIARE




Negli anni precedenti la seconda guerra mondiale, la superstizione regnava sovrana specie tra le persone di scarsa cultura. L’analfabetismo era estremamente diffuso e le convinzioni sul malocchio erano talmente presenti in tutti gli strati sociali a tal punto da condizionare anche le classi più evolute. Basti pensare ai film comici basati sulle credenze popolari: lo iettatore o il gobbo portafortuna. Totò ha interpretato un personaggio, creato dalla fantasia del grande Pirandello, considerato poratore di malasorte per cui, alla fine, questi chiede ed ottiene la patente di iettatore, fissando addirittura tariffe da pagare onde evitare il suo malefico sguardo.Pensate che nella mia infanzia ho avuto la possibilità di ascoltare dialoghi che al giorno d’oggi sarebbero considerati frutto di follia. Le donne, tra le quali mia madre, mia nonna e le vicine di casa, affermavano con autorità di aver visto altre donne trasformarsi in gatto per compiere malefici. Quasi ogni settimana mamma e nonna andavano alla ricerca di forcine, pettinini, penne e piume ed altro materiale diabolico che qualche vicina invidiosa poteva aver infilato nei cuscini del letto se non addirittura nel materasso. L’artigiano che ricardava la lana dei materassi aveva un gran lavoro ed alla fine consegnava alle signore pettini, forcine, pezzi di ossa animali, nodi di corda e quant’altro la superstizione indicasse. Le donne consideravano questi oggetti di malocchio la causa di presunte disgrazie e pagavano volentieri l’operaio, che a mio avviso fingeva di trovare sempre oggetti spregevoli causa di ogni malumore e malattia delle povere donne. La benedizione delle case e dei letti in particolare era considerata necessaria dal popolo per cui i frati vicino alle case popolari, dove io abitavo, avevano sempre il loro impegno. Non era raro il caso in cui qualche bella signora della ricca borghesia ben vestita venisse scambiata per un’angelo del signore se non addirittura la Madonna in persona cui chiedere grazie e favori. In questo clima di superstizione, una maledizione sceneggiata con riti ed imprecazioni era ritenuta così lesiva da condizionare la vita delle persone. La mia famiglia non ne era esente e la maledizione espressa dal nonno siciliano contro di me (maschio) ha influito negativamente sulla mia personale vita. Quando nacqui non fui ben accettato e mio padre, probabilmente, decise di abbandonare la famiglia. Forse mia madre addossò alla mia persona tutte le situazioni difficili della famiglia. L’unica persona che ne soffrì veramente tanto fu mia nonna Maria, che piangeva spesso ricordando la maledizione e si rivolgeva a me piccino come se io potessi fare qualche cosa per evitarla. Quando poi da ragazzo manifestai la volontà di diventare pittore, si realizzò la maledizione e tutte le nefaste conseguenze che ne dovetti subire. La decisione di mia madre nel punirmi deriva da tutta una mentalità retrograda che cercherò di riassumere. Le persone della piccola, piccola borghesia, senza cultura ed orecchianti di frasi carpite con disattenzione da conversazioni altrui portavano a pensare una serie di considerazioni: i genitori avevano diritto di vita e di morte sui propri figli. Contava solo la volontà dei genitori. I figli dovevano solo obbidire e tacere. Gli unici mezzi di persuasione erano le punizioni morali e fisiche. Nessuna idea doveva essere presa in considerazione da parte dei genitori se i figli si lamentavano od esprimevano desideri diversi dalla famiglia. Valeva il solo “pensiero unico”. Le femmine erano considerata fragili e da proteggere contro i maschi anche se fratelli. I figli maggiori avevano tutti i diritti. Per le femmine la famiglia era impegnata da sempre a costituire la ricca dote per un matrimonio lussuoso. Per i maschi niente di niente salvo costringerli al lavoro. Lo studio dei maschi doveva rendere come il lavoro degli operai. Nei confronti dei maschi l’educazione avveniva solo con la ferocia di un superiore militare che doveva vincere con la violenza ogni resistenza del figlio. “Parla solo quando sei interrogato!” Di fronte a manifestazioni di malattia o di disagio il padre infieriva con le botte, le punizioni e le minacce di morte. Solo con questa educazione le buone famiglie piccolo borghesi erano convinte di educare nella maniera giusta il figlio. Imposizioni, nessun ascolto e violenza fisica. Pare che questo tipo di educazione fosse impartita anche dal clero e dal clero giustificata per la famiglia. Nel sud le femmine a dodici anni andavano spose o a servizio come cameriere. I maschi a dodici anni andavano in cava o in miniera di sale o carbone. Nel nord i maschi andavano a lavorare in fonderia. Pochi i genitori che facevano studiare i figli e le scuole erano di tre tipi: a) per i ricchi – b) avviamento al lavoro maschile – c) avviamento al lavoro femminile. L’arte era una cosa da ricchi e la peggiore disgrazia era che un figlio manifestasse il desiderio di fare il pittore. Questo è il mio caso!. Sono stato costretto ad uddidire e per salvarmi dalla depressione, appena mi fu concessa l’occasione, scappai da casa per lavorare come viaggiatore di commercio. Lontano dalla famiglia, finalmente!.Voglio tranquillizzare tutte le brave famiglie del nord Italia. Per carattere e tradizioni, le regioni settentrionali sono state più liberali, dotate di maggiore tolleranza e buon senso. La mia famiglia invece risentiva fortemente della sicilianità di mio padre.

RACCONTO TRATTO DA "ODIARE PER VIVERE" SUL MIO BLOG

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