martedì 8 febbraio 2011

QUANDO I MORTI VOGLIONO COMUNICARE CON NOI: POLTERGEIST


Poiché l’energie pensanti (anime) sono al di fuori del corpo e quindi non hanno gli organi idonei per esprimere con la voce (corde vocali, polmoni ecc…) non possono comunicare con i viventi. Esse esistono, libere nell’aree e si spostano a miliardi intorno a noi. Noi non le possiamo né vedere né sentire. Tuttavia esistono perché nulla si crea e nulla si distrugge. Quando vogliono comunicare con i viventi, hanno un solo mezzo: la telecinesi o fenomeni del tipo poltergeist. Voglio raccontarvi una mia personale esperienza. Mi trovavo in viaggio di lavoro per conto della ditta Bassetti di Milano. Ero giunto di sera a Jesolo paese, il vecchio nucleo abitativo della famosa stazione balneare. Ero stanco e non sapevo dove andare a dormire. Una scritta luminosa su di un vecchio edificio mi indicava un albergo e lì decisi di fermarmi per la notte. Si trattava di un bar con annesso locali adatti allo scopo. Passato oltre il locale di ristoro, oltre la porta, mi incamminai su scale antiche verso la stanza che mi avevano indicato. L’albergo era vetusto, forse dei primi anni del novecento. C’era qualche cosa di strano: vi erano due rampe di scale, una a destra ed una a sinistra. Arrivato in cima, dalla parte sinistra, guardai in basso, le scale lasciavano un ampio spazio al centro e permettevano di raggiungere due lati contrapposti di camere d’albergo. Erano a mio avviso, scale dignitose, di marmo bianco che denunciavano un antico passato, tipo bella epoque. Ero stanco e mi decisi ad aprire una grande porta bianca. Immetteva in una vecchia stanza da letto con mobili antichi o comunque molto datati. Verso sud c’era un grande letto di ferro. Di fronte un grosso mobile ove stivare la biancheria. Alla sinistra del mobile, verso nord, si apriva una finestra che dava sulla strada. Ero assonnato e senza mangiare mi addormentai ancora vestito sul lettone. Mel corso della notte, un furioso battere di pugni sulla porta mi svegliò di colpo. Gridai: “vengo, vengo subito!” Aprii la porta ma non trovai nessuno. Ancora addormentato mi sporsi fuori dalla finestra per vedere se ci fosse qualche camion pesante il cui autista volesse andare a dormire. Non avevo il controllo della mia situazione ma la sonnolenza mi spinse a letto. In quel momento lo sentii ballare con rumore metallico. Di fronte a me il mobile saltellava e furiosi colpi alla porta mi scaraventarono giù dal lettone e mi precipitai di nuovo alla porta. “Vengo, vengo subito, gridai”. Temendo un incendio oppure un terremoto aprii la porta gridando: “Cosa è successo? Và a fuoco la casa? E’ un terremoto?” Aperta la porta non vidi nessuno. Avevo pensato che l’albergatore mi volesse svegliare per avvisarmi di un grave pericolo. Non c’era nessuno! Percorsi le scale, salii nell’ala di fronte e gridando chiedevo di che cosa avessero bisogno., domandavo che cosa era successo. Ma non trovai qualcuno né sentii alcuna voce. Ero completamente solo in albergo vuoto. Scesi di nuovo le scale e mi avvicinai alla porta che immetteva nel bar, sempre chiedendo a gran voce che cosa era successo. La porta del bar era chiusa a chiave e provai un brivido: ero completamente da solo! Mi feci coraggio e risalii nella mia camera cercando di non addormentarmi, appoggiando la schiena ai grossi cuscini che bene mi sorreggevano. La gioventù e la stanchezza mi fecero riaddormentare. Di nuovo fui svegliato da quegli orrendi colpi alla porta: sembravano di una persona fuori di se che cercava aiuto e pertanto mi svegliava. Balzai in piedi e mi diressi alla porta e l’aprii: non c’era nessuno. Ritornai su e giù per le scale e mi spinsi nell’altra ala dell’albergo gridando che, se c’era qualche pericolo lo dicessero: io ero pronto ad aiutare. Silenzio assoluto. Ritornai nella mia stanza e mi misi guardingo a letto, pronto ad ogni evenienza. Di nuovo mi addormentai e di nuovo fui svegliato sia dalla sarabanda di tremendi colpi alla porta ma anche dal ballare del letto e del vecchio mobile e balzai alla finestra che dava sulla strada pensando che stesse passando un grosso camion pesante che a volte potesse scuotere la casa. Non c’era niente! Rifeci il solito percorso gridando anch’io e tentai di aprire la porta che immetteva al bar. Niente da fare: era tutto chiuso ed io ero da solo in ansia, senza potermi spiegare l’accaduto, ritornai nella stanza e convinto di resistere al sonno mi sedetti sul lettone, appoggiando la schiena ai cuscini. Mi riaddormentai e di nuovo fui svegliato ancora una volta: pugni sulla porta, letto e mobili che danzavano: ero al limite del terrore, ero solo, non capivo cosa stesse succedendo ed ero chiuso a chiave in un vecchio albergo. Ritornai a letto deciso a non chiudere occhio ma la gioventù mi vinse ancora una volta e mi riaddormentai. Quando mi svegliai erano già le otto di mattina. Presi le mie cose e mi avviai all’uscita: la porta era aperta. Ordinai un cappuccino e alle due fanciulle del bar mi rivolsi dicendo: “Ma qui ci sono i fantasmi?” Loro risero come solo le donne sanno fare e non risposero. Pagai il conto e mi avviai alla macchina per continuare il viaggio. Questo racconto è la pura verità e l’esperienza fatta mi convinse che in quel luogo diverse anime di persone defunte volessero comunicare con me. Tutti i fenomeni mi lasciarono una profonda impressione tale che, ancora a distanza di cinquant’anni, mi fa rabbrividire. Questo episodio ed altri li potrete leggere nel mio racconto “odiare per vivere” che si trova in questo blog. Da questa ed altre esperienze ritengo che in un futuro non lontano si possa avere una intelligente comunicazione con le anime disincarnate. Nel corso di un secolo l’umanità ha fatto scoperte eccezionali. Si continua a scoprire nuove meraviglie e fra queste qualche sistema ultrasensibile tipo TV che permetta di interagire fra le anime e noi. Il linguaggio deve essere ad immagini significative: un ritorno ad una struttura visiva riferita a simboli intuibili per tutti.

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